Alberto Pezzini, Libero 16/4/2014, 16 aprile 2014
«TENETEVI PRONTI AL RITORNO DELL’ALLIGATORE»
[Intervista a Massimo Carlotto] –
Intervistare Massimo Carlotto è come scoprire la luna. Ogni volta pensi che abbia già detto tutto e invece ti ritrovi a guardare la terra da un punto di vista diverso. È tornato in libreria con un libro smilzo, aguzzo come i cocci di bottiglia che stanno sui muri delle ville liguri: Il mondo non mi deve nulla (e/o, pp.108, euro 9,50).
È la storia di una croupier tedesca e di un ladro. I due si incontrano nella casa di lei, dove l’uomo si era introdotto di notte per rubare. Sembra un incontro, ma in realtà è stato congegnato come un gioco di scacchi. La donna è la mantide che sta aspettando la sua vittima, un povero scassinatore senza futuro, se non quello che lei gli ha preparato. La fine è a orologeria.
Lei è uno dei pochi che graffia quando scrive. Quando ha scritto il suo primo libro che cosa aveva in mente?
«Avevo in testa l’Alligatore. Un investigatore senza licenza, ai confini della legalità, appena uscito di galera, che accettava solo casi in cui ci fossero deboli a cui il mondo avesse fatto dei torti. Aveva amici nella mala, in grado di salvarlo sempre dalle situazioni limite. Mi sono messo a tavolino e ho pensato ai personaggi del noir italiano. La letteratura poliziesca si è così arricchita di questo personaggio che sta per tornare».
L’Alligatore è comparso sulla scena letteraria nel 1995 con La verità dell’Alligatore ed è stato come aprire una finestra dentro una stanza chiusa: ha fatto entrare un’aria ghiacciata mai sentita prima. Poi ha abbandonato il personaggio. Ora mi dice che sta per tornare. Ma non si sente responsabile per un silenzio così lungo?
«Come le ho detto tornerà nel 2015 con due nuovi romanzi. Un giorno a Trieste si è alzato un signore durante una presentazione e mi ha inchiodato al muro per 15 minuti dicendomi che i lettori non si possono trattare così, non si possono abbandonare quando si crea un personaggio in grado di dar loro emozioni. Ho capito che uno scrittore deve confrontarsi anche con una sorta di responsabilità autoriale».
Quando parla di responsabilità mi fa venire in mente quel suo romanzo cruciale, Mi fido di te (Einaudi 2007, scritto con Francesco Abate), in cui ha sparato a zero sull’alimentazione. Quando l’ho finito, mi sono sentito assalire dai brividi per le schifezze che inconsciamente butto giù ogni giorno...
«Siamo stati due anni insieme ai Nas e la mia vita ne è uscita sconvolta. Ancora oggi mi affido alla filiera cosiddetta “corta”, sono sempre alla ricerca di produttori biologici. A esempio io non mangio primizie, il mio fruttivendolo sono anni che non mangia pere perché sono le più trattate in assoluto. Pensi che dopo il libro dentro i supermercati avevo le persone che mi seguivano per vedere cosa acquistassi. Lo stesso capitava a mia moglie. Il problema è che il buon livello alimentare costa. Comunque, sono contento che le si-
Lo scrittore padovano Massimo Carlotto, tradotto in sette lingue. Il suo personaggio più noto è l’Alligatore, cioè Marco Buratti, un originale detective privato ai confini della legalità [Olycom]
ano venuti i brividi. Le aggiungo questo, allora. Dopo il libro un giorno ricevetti una segnalazione da un congresso di anatomopatologi durante il quale era emerso che la qualità di conservazione dei cadaveri era diventata ottima. Sa perché? Per l’altissima quantità di conservanti che i medici riscontravano nei corpi da dissezionare. Siamo ciò che mangiamo».
A proposito di modificazioni: quanto siamo cambiati? E soprattutto, quanto ci ha scavato dentro questa stramaledetta crisi economica?
«La crisi non è solo economica. È una sistemica. Basti guardarsi intorno per capire come le persone siano cambiate. Quel che più mi attira sono le modificazioni antropologiche che scatena. Sono diventato il ricettore di storie che mi arrivano da tutta Italia. Me le mandano giornalisti, poliziotti, magistrati perché hanno fiducia nel modo in cui maneggerò quel materiale umano. Credo che un giorno però tutto questo avrà fine e rivivremo un boom economico come quello degli anni ’60. Oppure la crisi diventerà cronica e assisteremo a cambiamenti radicali. Spero che succeda la prima».
Come vede Renzi? Ha fiducia in lui?
«Non mi interessa la politica e non ho alcun interesse per Renzi. Però lasciamolo fare».
Come è diventato Massimo Carlotto?
«Ho mandato un manoscritto a Grazia Cherchi. Mi ha telefonato e mi ha dato appuntamento alla stazione di Milano. Quando ci siamo visti mi ha detto in 15 minuti pregi e difetti del mio scritto, spiegandomi anche come avrei dovuto scrivere in futuro. Quel manoscritto era Il fuggiasco. Sono stato fortunato a incontrarla, perché diversamente oggi non sarei nessuno».
Questa mi sembra una boutade. Lei è uno dei più grandi giallisti italiani. Che sconsigli darebbe a un aspirante scrittore?
«Leggere e scrivere. Io leggo ogni giorno almeno due ore. La lingua italiana si sta perdendo. Noi siamo alla ricerca di autori capaci di utilizzare un italiano che non sia soltanto la lingua omogeneizzata della tv. Sa che la lingua italiana sta perdendo decine di vocaboli bellissimi?».
Mi faccia un esempio.
«Chioccolio».
Mi ricorda Pascoli.
«In casa nostra mio padre lo usava sempre».