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 2014  aprile 16 Mercoledì calendario

FEDERICO RAMPINI

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
NEW YORK
PERCHÉ alcuni di noi perdono sempre le chiavi? Altri non ricordano dove hanno lasciato gli occhiali. O il telefonino. Per non parlare del dramma di quei parking multipiano, dove vaghiamo come anime in pena senza ricordare più dove abbiamo lasciato l’auto. Prima risposta: niente panico, questi non sono i segnali precursori dell’Alzheimer. Non sono neppure necessariamente legati all’età. La scienza della memoria ha spiegazioni sorprendenti per questi incidenti. Gli esperti hanno anche elaborato un elenco di consigli pratici, per aiutarci: a non perdere, oppure a ritrovare. La mole di ricerche in questo campo aumenta di giorno in giorno, grazie anche all’ausilio della genetica.
The Wall Street Journal ha censito alcuni degli studi più importanti: quello dell’università di Bonn pubblicato su Neuroscience Letters , quelli di Kenneth Norman (Princeton) e Mark McDaniel (Washington University), perfino una ricerca
commissionata da una compagnia assicurativa britannica. Sì, gli assicuratori vogliono saperne di più: sia perché a volte gli smarrimenti riguardano oggetti costosi e danno il via a richieste di indennizzi; sia per verificare quel sospetto che dietro le piccole amnesìe quotidiane possano nascondersi le avvisaglie di patologie mentali serie.
A consolarci dalle nostre afflizioni, ecco una statistica: in media ogni essere umano perde (momentaneamente) ben nove oggetti al giorno. Un terzo dei soggetti-cavia intervistati proprio per le ricerche assicurative rivelano di spendere 15 minuti ogni giorno per ritrovare qualcosa: telefonino, chiavi di casa o dell’auto, qualche documento di lavoro e pratica burocratica, sono le tre categorie in testa agli smarrimenti provvisori. Tra le cause sospettate di peggiorare la nostra distrazione, alcune effettivamente sono
all’opera: stress, stanchezza, deficit di sonno, e soprattutto il dilagante multi-tasking (facciamo troppe cose alla volta). Ma la spiegazione di fondo ha a che vedere con il funzionamento “normale” del cervello. La maggior parte degli smarrimenti seriali avvengono — spiega lo psicologo Daniel Schachter di Harvard ( I sette peccati
della memoria ) — quando non attiviamo la memoria per codificare un gesto banale e ripetitivo che stiamo facendo: posare le chiavi sul comodino, sull’armadio vicino alla porta d’ingresso, o chissà dove. Codificare significa «attivare l’ippocampo che compie l’equivalente di un breve scatto fotografico, e poi immagazzina l’immagine in una
serie di neuroni, che in una fase successiva possono essere riattivati facilmente». L’altra causa della smemoratezza è più sottile: quando facciamo un gesto automatico, come depositare gli occhiali, possiamo trovarci in uno stato d’animo molto diverso rispetto al momento in cui li cercheremo. Non solo e non necessariamente per colpa
del deprecabile multitasking (posiamo gli occhiali mentre stiamo parlando al telefonino); magari invece quando posiamo gli occhiali abbiamo fame e ci stiamo dirigendo in cucina per aprire il frigo. In quel caso il gesto di depositare gli occhiali è stato associato alla fame. Per ritrovarli, dovremmo ricostruire lo stesso stato d’animo. Alcuni tratti genetici possono renderci particolarmente smemorati, ma sono patologie benigne e diffusissime: ricercatori tedeschi hanno scoperto che il 75% di noi ha una variante del gene dopamina D2 che incide sulla precisione dei ricordi. Niente a che vedere con demenza, Alzheimer o altro, però.
Per passare ai consigli pratici, uno dei maestri in questo campo è il professor Michael Solomon di Baltimora, autore di Come ritrovare gli oggetti smarriti . Ecco i suoi otto consigli. Primo: non precipitarti a cercare subito, meglio evitare una ricerca ansiogena e aspettare che ti venga un’idea. Secondo: cercalo al suo posto, spesso gli oggetti li abbiamo lasciati proprio dove dovevano essere; oppure qualcuno li ha ritrovati per
te e li ha messi appunto al posto giusto. Terzo: ricostruisci il passato prossimo, le ultime volte che ne hai avuto bisogno e lo hai utilizzato. Quarto (e qui scivoliamo verso la magìa…), c’è chi si aiuta davvero ripetendo ad alta voce il nome dell’oggetto. Quinto: smaschera l’effetto-nascondiglio, cercando se l’oggetto perduto non sia nascosto da qualcos’altro che lo copre (un vestito, un giornale). Sesto: cerca una volta sola, a colpo sicuro, non vagare guardando dappertutto. Settimo: concentrati sulla “zona eureka”, cioè nelle vicinanze del posto giusto, perché la maggior parte degli oggetti si smarriscono entro un metro di distanza da dove dovrebbero essere. Ultimo suggerimento, da filosofia zen: que sera sera, mettiti l’animo in pace, le cose sbucano fuori all’improvviso quando le abbiamo date per perse definitivamente.