Maria Novella De Luca, la Repubblica 16/4/2014, 16 aprile 2014
DI CHI SONO QUESTI FIGLI?
L’alba di una nuova rivoluzione. Tutto sembra polveroso e vecchio oggi. Le leggi, i codici, la bioetica. In pochi giorni lo scambio di provette all’ospedale “Sandro Pertini” di Roma, lo scandalo degli embrioni impiantati per sbaglio nell’utero di una donna, mentre di certo appartenevano ad un’altra donna, ha polverizzato decenni di diritto, di sentenze e di certezze. Di chi sono, a chi appartengono i due gemelli, un maschio e una femmina, che verranno al mondo alla fine dell’estate, cresciuti nell’utero di una madre, che porta però dentro di sé il materiale genetico di un’altra coppia che dunque li reclama? E poi, ancora, nel mondo sempre più complesso dell’ingegneria procreativa, cosa conta di più, il legame affettivo o quello biologico? La legge del cordone ombelicale insomma, contro la legge del Dna.
Gilda Ferrando, ordinario di Diritto Privato all’università di Genova, racconta che in Italia le leggi sono precise. Anche se di fronte «alle nuove maternità e paternità, che avvengono con gameti di donatori, attraverso le gestazioni surrogate, o davanti a casi come questo, dove
più donne concorrono alla generazione di un bambino, è evidente che sarà necessario aggiornare i nostri testi». Ma provando a partire dalle certezze, per tracciare uno scenario di cosa potrebbe accadere quando i due gemellini dello “scambio” (un maschio e una femmina) nasceranno, gravati già in culla da mille quesiti etici e bioetici, bisogna partire dalle leggi attuali. E cioè dal diritto di famiglia, dal concetto di filiazione, dai casi dello scambio di culle, perché invece sul fronte della bioetica pura, come dimostra l’abbattimento della legge 40 a colpi di sentenza, e l’impossibilità di arrivare ad un testo unico sul testamento biologico, le norme sono quanto mai controverse.
Spiega Gilda Ferrando: «Per la legge italiana la madre è sempre colei che mette al mondo il bambino. E il padre, in quanto marito della donna che partorisce, diventa genitore del nascituro. Non conta se il suo patrimonio genetico è diverso da quello del figlio: in quanto marito della madre, ne diventa automaticamente il padre...». Sul fronte femminile dunque non esiste possibilità per un’altra donna, come invece sta avvenendo a Roma tra le coppie del Pertini, di rivendicare diritti su un figlio non partorito, a meno che non si tratti, suggerisce Ferrando, di uno scambio di culle. Si potrebbero aprire dei dubbi sul padre, se un terzo (immaginiamo il marito della donna che afferma di essere stata privata dei suoi embrioni) chiedesse di confrontare il proprio Dna con quello del neonato.
«Ma per fare questo — chiarisce Gilda Ferrando — c’è bisogno che un giudice nomini un curatore speciale, che autorizzi l’accertamento nell’interesse primario del bambino. Ma potrebbe anche ritenere che per il minore sia meglio che questi accertamenti non vengano eseguiti». Ed è questo un punto focale, sul quale da sempre insiste il pensiero cattolico, affermando che le tecniche di fecondazione assistita (in particolare quelle eterologhe, o la gestazione di supporto) mettono a rischio con triangolazioni genetiche, la felicità e il futuro di questi figli. Posizioni a volte pretestuose, ma il problema c’è. Visto dagli occhi di un bambino, quali sono i veri genitori, quelli che ti allevano, o quelli da cui si discende? Il famoso discorso delle “mamme di pancia” e della “mamme di cuore” che ogni famiglia adottiva sa bene di dover prima o poi spiegare ai propri piccoli, arrivati magari dall’altra parte del mondo.
Ed è infatti di affettività che parla il professor Maurizio Mori, presidente della Consulta di Bioetica, ma anche docente di Bioetica all’università di Torino. «I figli sono di coloro che si assumono la responsabilità di metterli al mondo. L’esempio della donna che ha scoperto di
aver ricevuto l’impianto di embrioni non suoi, ma si è presa l’impegno di portare a termine la gravidanza, mentre invece avrebbe potuto scegliere di abortire, è un caso evidente di questa responsabilità. La donna è sovrana sulla sua maternità. E dunque, al di là del diritto che definisce madre colei che partorisce — dice Maurizio Mori — vince qui non solo il principio di responsabilità, ma anche quello di affettività». Perché nei nove mesi della gestazione, qualunque sia il patrimonio genetico del figlio, la relazione con la madre è fortissima. «Ma anche con il padre che quella gravidanza l’ha sostenuta, e si è preso la responsabilità del bambino. E a mio parere in un caso del genere difficilmente sarebbero ammessi esami del Dna».
Dunque la legge del cordone ombelicale, cioè dell’affettività, sulla legge della genetica. E il diritto alla felicità dei figli che prevale sul diritto dei genitori.
Esattamente come prevede la legge italiana sull’adozione nazionale e internazionale. Qui però c’è una coppia a cui sono stati “sottratti” i propri embrioni, e che si sente comprensibilmente legittimata nel chiedere “la restituzione dei nostri figli”. Un uomo e una donna che soffrono. Un caso del tutto inedito per l’Italia: perché là dove è già avvenuto, a Catania per esempio, le due coppie protagoniste dell’errore, si sono poi scambiate i figli. Non senza stravolgere equilibri naturali e psicologici, per non parlare del famoso e freudiano legame con l’inconscio familiare. Ma in questo caso i presunti genitori biologici non sono riusciti ad avere
una gravidanza. «Infatti — aggiunge Mori — la coppia avrà diritto ad un congruo risarcimento da parte dell’ospedale. Ma non potrà riavere i figli».
Tutto però può cambiare. Perché sono le tecniche di procreazione assistita che spingono verso nuove e a volte spericolate frontiere. Oggi ad esempio la mamma incinta si ritrova ad essere suo malgrado protagonista di una “gravidanza surrogata”. Tecnica addirittura vietata in Italia. E dopo il via libera all’eterologa, si chiede Gilda Ferrando, «come sarà regolata la donazione di ovociti, come per il seme maschile, cioè con il divieto di disconoscere il bimbo che nasce con gameti diversi da quelli paterni o materni?».
Poi ci sono delle storie particolari. Quelle che ti cambiano la vita. Stefania Stefanelli è docente di Diritto Privato all’università di Perugia, specializzata nei temi della filiazione. E racconta: «In piena notte, a poche ore dal parto, mi venne portato per la prima poppata il neonato di un’altra mamma. Mi accorsi quasi subito dell’errore, dal colore della tutina, dal numero del braccialetto. Eppure per un attimo prima di rendermene conto, avevo incredibilmente amato questo piccolo che dormiva tra le mie braccia. Del resto anche mio figlio era per me, in quel momento, un amatissimo estraneo. Forse è per questo, per quella notte indimenticabile in cui si è materializzato il fantasma dello scambio di neonati, che da vent’anni il concetto della filiazione è l’anima dei miei studi giuridici». E oggi Stefania Stefanelli afferma: «I figli sono di chi li cresce. L’ho provato e l’ho capito quella notte. Certo, se un giorno sapessi di aver allevato un figlio non biologico, forse andrei a cercare l’altro, per essere sicura del suo benessere. Ma di certo non rinuncerei mai al primo, che da sempre mi chiama mamma».