Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  aprile 15 Martedì calendario

L’IMPEGNO DI SARTORI, NON SOLO STUDIARE LA POLITICA MA ANCHE CAMBIARLA


Giovanni Sartori, che il mese prossimo compirà novant’anni, è un uomo ambizioso, convinto che gli specialisti di scienza politica come lui possano svolgere un ruolo attivo nella vita pubblica. Come ricorda Marco Valbruzzi nel saggio che apre il numero della rivista «Paradoxa» intitolato La Repubblica di Sartori , questa vocazione del politologo fiorentino emerse nel 1966, durante un convegno in Brasile. Risale ad allora il primo impiego, da parte sua, del termine «ingegneria politica» per designare un’attività degli studiosi volta non solo a conoscere i problemi, ma anche a suggerire soluzioni. A produrre ciò che il curatore del fascicolo di «Paradoxa», Gianfranco Pasquino, chiama «sapere applicabile».
Incidere sulla realtà è dunque l’intento che Sartori si è prefisso e ha perseguito, specie in relazione al caso italiano, in termini ben noti ai lettori del «Corriere». La sua descrizione del nostro sistema politico postbellico come «pluralismo polarizzato», contrassegnato da forti opposizioni antisistema (a destra come a sinistra) e da un centro eterogeneo destinato a governare senza ricambio, è senza dubbio la più acuta ed efficace formulata dalla politologia, come osserva nel suo contributo su «Paradoxa» Luciano Pellicani. Ma altrettanto interessanti sono le proposte che Sartori ha avanzato su come cercare di governare la transizione da quel modello a un qualcosa di realmente migliore, che ancora adesso stenta a nascere.
I saggi pubblicati su «Paradoxa» (diretta da Laura Paoletti e Vittorio Mathieu) offrono un ampio panorama delle indicazioni di Sartori. Domenico Fisichella si occupa delle sue idee in materia di leggi elettorali, caratterizzate dalla preferenza per il sistema uninominale a doppio turno. Valbruzzi analizza la questione delle forme di governo, che vede Sartori molto critico verso il parlamentarismo all’italiana, ma anche verso il presidenzialismo «puro» sul modello Usa, e favorevole a sistemi di natura mista, capaci di contemperare stabilità e flessibilità. Stefano Passigli ricorda l’impegno dello studioso fiorentino sul tema delicato del conflitto d’interessi, che si collega alle sue preoccupazioni, illustrate da Mauro Calise, per il primato acquisito dai mezzi di comunicazione televisivi nella vita politica.
Su nessuno di questi temi, a dire il vero, i moniti di Sartori hanno ricevuto grande ascolto. Ma nel contempo le sue critiche alle scelte dei partiti (si pensi alle campagne polemiche contro il Mattarellum e ancor più contro il Porcellum) hanno trovato notevole riscontro nei fatti. Un’occhiata a questo numero di «Paradoxa» non guasterebbe, da parte di coloro che si accingono all’ennesimo tentativo di riforma della nostra claudicante democrazia.