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 2014  aprile 15 Martedì calendario

LE SEDICENNI SCAMBIATE NELLA CULLA «ABBIAMO DUE MAMME E DUE PAPÀ»


MAZARA DEL VALLO (Trapani) — La battuta smorza lo sconforto che incrociano a volte negli occhi delle rispettive «vere» madri. E con la freschezza dei loro 16 anni compiuti a Capodanno sfumano ogni tensione ricordando lo scambio in culla all’ospedale di Mazara del Vallo. «Noi siamo un fenomeno: quattro nonne, due papà e due mamme», ripetono, complici, dallo stesso banco a docenti e compagni di classe. Ha i capelli lunghi fino alle spalle C., con i suoi occhi celesti e furbi. Mentre M. preferisce un taglio più sbarazzino, occhi castani. Entrambe in jeans e camiciola ieri a mezzogiorno, libere con un’ora d’anticipo per l’assenza di un professore, davanti all’istituto tecnico dove c’era papà ad aspettarle. «Uno dei due papà», sorridono sornione, come due vere sorelle, modellando con leggerezza il destino che ha incrociato le loro esistenze e quelle di due famiglie, estranee per i primi tre anni di vita.
Perché si scoprì solo per caso nel 2001 che C. ed M., sempre per caso inseparabili amichette d’asilo, avevano emesso i primi strilli nella nursery degli errori su due culle vicine, troppo vicine, tanto da facilitare un maledetto scambio. Lo stesso del famoso film di Ficarra e Picone, «Il 7 e l’8», i numeri delle culle confuse da medici e infermieri. Proprio come all’ospedale di Mazara dove ancora pende lo strascico di procedimenti penali e civili, di contenziosi e risarcimenti, di pasticci burocratici che non hanno consentito a C. ed M. il cambio dei cognomi, rimasti quelli sbagliati. Con l’avvocato Nicola Samaritano che si districa nel labirinto giudiziario seguendo passo passo ragazze, genitori e nonni, entusiasti in coro: «È il nostro psicologo».
Dopo i dubbi sulle somiglianze, le verifiche del Dna e il calvario prospettato, adesso sono le bimbe diventate due belle ragazze ad attenuare le ansie. «Ognuna di loro è stata restituita a madre e padre “naturali” con un tormento che è proseguito per anni e che non cessa mai», come confida il papà ieri nei panni di autista. Perché l’altro è in alto mare su un peschereccio di Mazara del Vallo. Ma fa squillare il satellitare dal cuore del Mediterraneo controllando orari e problemi: «Sono rientrate C. e M.? E le altre?».
Già, perché C., per i suoi primi tre anni, nella famiglia del pescatore ha vissuto coccolata da due sorelle più grandi che oggi hanno 20 e 21 anni e che, quando stavano alle elementari, a 7 e 8 anni, hanno vissuto come uno strappo lo scambio, l’arrivo di M. in casa. Con C. che si ritrovò sola nella nuova famiglia, allora senza altri figli, come evoca il papà-autista prima di tornare in cantiere dove fa il muratore: «La piccola era disorientata e mia moglie non si rassegnava, spesso chiusa in una stanza a piangere e rivedere M. nei filmini del battesimo».
Di «sconforto grande come un lutto» parla la nonna di M. che l’altra sera, a settant’anni, condivideva le riflessioni fatte un po’ da tutti davanti al telegiornale con le immagini del «Pertini», l’ospedale romano dove, nonostante lo scambio di embrioni, la mamma incinta di due gemelli ha deciso di tenerli, come figli suoi. «E sono figli suoi perché crescono dentro di lei», s’impone la mamma di C. trovando consenso nel marito, nell’altra mamma, nei nonni, spesso la sera tutti insieme.
Come accade per ogni festa. Ad ogni compleanno. Come stanno organizzando per Pasqua. Tutti in un ristorante. E il giorno dopo, a Pasquetta, tutti da nonno Baldo che adesso ha 72 anni, ma che già nel 2001, quando la scoperta dello scambio sconvolse i due nuclei, manifestò un’antica saggezza. «Queste bambine dovranno cambiare papà e mamma perché il sangue deve stare col proprio sangue. Ma non possiamo farle soffrire. E perché questo accada dobbiamo andare tutti a scuola. Non possiamo però affidarci a nessun professorone, perché dovremo diventare tutti maestri di noi stessi. Occorrerà tempo, molto tempo», diceva ovviamente ignorando che un giorno, citando proprio lo scambio di Mazara, di «voce del sangue» avrebbe parlato la cattedratica di Psicologia Sociale a Roma Grazia Attili nel suo ultimo libro, L’amore imperfetto .
Lui l’aveva già scritto con la sua semplicità: «Con calma, con pazienza grande, dovremo frequentarci tutti sempre di più, facendo amare a ognuna delle due bimbe i veri genitori e i veri nonni che praticamente non conoscono...». E così è accaduto, come si intuisce ascoltando i racconti di questi 13 anni.
«Quando comunque ti tolgono una figlia o una nipote a 3 anni e non ce l’hai nel lettino ti manca un pezzo della tua carne, anche se ti convinci che quella non è la tua carne, ma è come se lo fosse...», borbotta la nonna di M. pensando alla nonna materna di C. che non c’è più: «Se ne è andata con un male aggravatosi appena scoperto lo scambio. Ed io stessa mi sono salvata non so come da un infarto. Col cuore che batteva come un martello. Te la nutrichi (te l’allevi) per tre anni e poi ti dicono che devi cederla. Come si fa a cambiare figlio, a cambiare nipote?».
Quesito amaro condiviso dalle mamme: «Si ride, si scherza, ma il momento di sconforto arriva. Appena siamo soli, ognuno di noi si chiude in sé, riflette, scopre che resta una cicatrice».
L’emozione quasi sovrasta nella casetta con la Madonnina che protegge la scala interna. Ma irrompono le «sorelle» e s’accende il sole. I libri sottobraccio, cellulari e iPad in mano, pronte per i compiti insieme. Come il sabato in pizzeria, alle feste o al cinema. Ma c’è una novità. Da qualche mese nella vita di C. è sbocciato il primo amorino, un ragazzo della comitiva. No problem, assicura l’innamorata. Si esce sempre tutti in gruppo, conferma M., tranquillizzando nonni e genitori, come quando si pone il problema dello scooter. «Va bene, non ne abbiamo bisogno», s’arrendono in coro e un sospiro di sollievo si eleva nelle due famiglie dove tutti fanno da autisti alle «sorelle».