Fabrizio Massaro, Corriere della Sera 15/4/2014, 15 aprile 2014
IL TETTO ALL’ASSEGNO, PER I PRESIDENTI 238 MILA EURO ALL’ANNO
MILANO — Non solo i nomi, ma anche gli stipendi. Almeno quelli dei presidenti, sforbiciati anche drasticamente. La novità è contenuta nelle ultime righe del comunicato di Palazzo Chigi che ha indicato le nomine per le aziende pubbliche.
Non potendo tagliare come avrebbe voluto gli stipendi, spesso milionari, degli amministratori delegati delle società pubbliche quotate in Borsa (o, come Poste, che hanno collocato obbligazioni sul mercato) per il momento il premier Matteo Renzi ha puntato dritto sugli assegni per i presidenti, dato il ruolo di rappresentanza istituzionale della carica, di fatto priva di poteri operativi. Per tutti i nuovi incaricati di Eni, Enel, Finmeccanica e Poste (e nei prossimi giorni anche per Terna, quando saranno presentate le liste per il rinnovo del consiglio) il Tesoro «proporrà all’assemblea delle società che il compenso annuo» dei nuovi presidenti «sia fissato nella cifra di 238 mila euro annui lordi», ovvero una cifra pari all’assegno previsto per il presidente della Repubblica.
Lo stesso presidente del Consiglio ha voluto sottolineare il punto: «Il tetto fissato per le indennità dei presidenti delle società, che passano in alcuni casi da cifre a molti zeri a 238mila euro annui lordi, costituisce una novità che speriamo si imponga come una best practice per tutta la pubblica amministrazione e il segnale di una ritrovata sobrietà di un settore pubblico non più distante dai cittadini».
«Gli amministratori delegati verranno pagati secondo criteri di mercato», ha sottolineato anche il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Graziano Delrio, a Porta a Porta. «Per i presidenti, rispetto ai competitor internazionali c’è stato un ridimensionamento». Ma anche rispetto agli stipendi in scadenza.
Nel 2013 il presidente uscente dell’Eni, Giuseppe Recchi (al suo posto Emma Marcegaglia), ha guadagnato 1,22 milioni di euro, suddivisi tra 756 mila euro fissi (che comprendono anche mezzo milione per le deleghe attribuitegli) e 452 mila euro come parte variabile. Il presidente dell’Enel, Paolo Andrea Colombo (al suo posto Patrizia Grieco), ha incassato nel 2013 poco più di 1,2 milioni: la parte fissa corrisponde a 750 mila euro, mentre quella variabile è stata tagliata del 30% rispetto al 2012 a 420 mila euro. Il presidente uscente di Poste Italiane, Gianfranco Ialongo (al suo posto Luisa Todini), ha un assegno di oltre 900 mila euro. L’unico ad essere in linea con la nuova direttiva del governo (nonché l’unico confermato) è il numero uno di Finmeccanica, Gianni De Gennaro: pur essendo il gruppo quotato, il suo emolumento rientra nel tetto dei 300 mila euro per i compensi dei manager previsto dal decreto Salva Italia. La distinzione tra componente fissa e variabile del compenso è importante: bisognerà vedere se l’indicazione del governo riguarderà l’intero assegno per i presidenti o solo la componente fissa. In ogni caso la differenza rispetto all’attuale sistema appare notevole.