Dino Bondavalli, Libero 15/4/2014, 15 aprile 2014
LA SECESSIONE DELL’HOCKEY BOLZANO È GIÀ AUSTRIACA
A voler essere onesti, bisogna ammettere che come rappresentazione di un proposito secessionista è decisamente più accattivante di tanko, la ruspa«travestita» da panzer in dotazione ai secessionisti veneti arrestati a inizio aprile. Ma, al di là delle belle immagini e della soddisfazione per la conquista del campionato austriaco Ebel, la vittoria oltre confine dell’Hockey Bolzano, che lo scorso anno aveva deciso di lasciare l’Italia per giocare nel torneo mitteleuropeo, ha avuto l’effetto del sale sulla ferita ancora aperta provocata dalla «secessione sul ghiaccio».
La fuga oltre confine in cerca di stimoli e sponsor, decisa unilateralmente e poi avallata dalla Federazione italiana sport del ghiaccio (Fisg) è infatti stata tutt’altro che indolore per il movimento italiano. E il fatto che domenica sera Bolzano abbia scritto una pagina della storia dell’hockey, laureandosi campione d’Austria dopo aver battendo i Red Bulls Salisburgo in un overtime al cardiopalma nella quinta e decisiva sfida delle finali best of five, ha finito per riportare a galla il rammarico di chi quella scelta l’ha solo subita.
Certo, la vittoria per 3 a 2 ai supplementari, arrivata battendo la franchigia austriaca nella bolgia della Volksgarten Arena di Salisburgo, rappresenta un risultato sportivo memorabile, conquistato in un torneo al quale partecipano otto squadre austriache, una slovena, una ungherese, una ceca e una italiana. Ma per Bolzano, nella cui bacheca c’erano già 19 scudetti conquistati in Italia, le critiche delle altre società italiane, che equiparano la fuga in Austria del team bolzanino all’eventualità che Juventus o Milan possano decidere di non partecipare più al campionato di Serie A per giocare all’estero, restano.
«Posto che nel futuro di questo sport c’è una dimensione di cam-pionato a livello europeo, come d’altra parte potrà essere anche nel calcio, è chiaro che il modo in cui si è compiuta la scelta di Bolzano, arrivata tra giugno e luglio dello scorso anno, quando si stavano ormai definendo regole e iscrizioni del campionato nazionale, ha spiazzato tutto il movimento», spiega Tiziano Terragni, direttore generale dell’Hockey Milano Rossoblu. Il risultato è stato che mentre Bolzano faceva fortuna in Austria, conquistando un trofeo che porterà nelle casse della società circa 950 mila euro solamente sotto forma di premi, in Italia il movimento soffriva per l’assenza del team più blasonato. Un esempio su tutti, quello degli incassi. «Per avere lo stesso incasso di una partita con il Bolzano ne dobbiamo giocare tre con le altre squadre», sottolinea Terragni. Nessuna sorpresa, quindi, che mentre il collettivo bolzanino guidato da coach Tom Pokel celebra la vittoria su avversari di altre quattro nazioni, a Milano si lotti per evitare che 90 anni di storia dell’hockey siano costretti a traslocare a Torino per i costi troppo elevati dell’Agorà. L’impianto comunale di via dei Ciclamini, la cui gestione è affidata a un privato, assorbe infatti sotto forma di costi di utilizzo ben il 25% del budget della società rossoblu.
«Una percentuale insostenibile», spiega Terragni, annunciando che «noi stiamo parlando con le istituzioni e con i gestori dell’impianto per trovare una soluzione». La convenzione attuale scade infatti a fine mese, e la speranza è quella di ottenere un rinnovo a prezzo scontato.
Se non si troverà l’accordo per ridurre i costi che l’Hockey Milano sostiene per l’utilizzo dell’impianto, che nell’ultima stagione ha ospitato una media di 2 mila spettatori a partita, con punte di 4 mila in oc-casione delle sfide più importanti, il trasferimento rischia però di diventare una scelta obbligata. Un finale che «noi tifosi non vogliamo», protesta Carlo Fidanza, europarlamentare di Fratelli d’Italia e grande appassionato di hockey su ghiaccio. «Quello che serve è una prospettiva di rilancio del movimento, che al momento non esiste. La fuga in Austria di Bolzano, che è una vera e propria delocalizzazione, rappresenta una sconfitta che non possiamo accettare», prosegue Fidanza. «La federazione non deve più concedere la deroga a Bolzano per giocare in Austria, perché è necessario rilanciare l’hockey nei centri più grandi, altrimenti da una dimensione cittadina si passa a una completamente valligiana, inevitabilmente più piccola».
Un appello che, per non cadere nel vuoto, dovrà essere raccolto dalle istituzioni, Comune di Milano in primis. A differenza di quanto accade in Alto Adige, dove le condizioni di utilizzo degli impianti sono
decisamente più favorevoli di quelle milanesi e dove le amministrazioni locali favoriscono in tutti i modi il movimento dell’hockey, nel capoluogo lombardo finora si è visto ben poco.
«I nostri incassi sono dati esclusivamente da sponsor privati, dai biglietti delle partite e dalle quote per il settore giovanile», spiega Terragni. Il Comune, invece, si limita a incassare dalla gestione dell’Agorà. Una vera beffa per chi vede gli storici avversari di Bolzano prosperare non solo grazie alla secessione, ma anche grazie al sostegno di provincia autonoma ed enti locali.