Angelo Pannofino, GQ 11/4/2014, 11 aprile 2014
IL VERO LUSSO? RESTARE A CASA
[Renzo Rosso]
«Mi piacerebbe se riuscissi a trasmettere il mio entusiasmo», mi dice Renzo Rosso prima di infilarsi in un’auto e scappare via verso chissà quali nuove, mirabolanti avventure, come l’eroe di un fumetto. Potrebbe anche esserlo: lo disegnano così, sempre uguale, nel suo costume di jeans, in un corpo attraversato da un’irrequietezza animale che gli impedisce di stare fermo. Figurarsi se uno così poteva sedersi sugli allori e accontentarsi di aver venduto i jeans agli americani (che è come vendere il ghiaccio agli eschimesi) o di aver creato un colosso mondiale dell’abbigliamento: con la holding OTB ha acquisito altri tre grandi marchi della moda (Maison Martin Margiela, Viktor & Rolf, Marni), di altri gestisce la produzione e la distribuzione, fa beneficenza con la sua fondazione, spinge il microcredito e le start up, finanzia il restauro del Ponte di Rialto, entra nel mondo dei cibi bio... Se non è entusiasmo questo.
Che novità ci sono nel mondo Diesel?
«La casa. Un progetto splendido. È nelle mani di Andrea, mio figlio. Abbiamo appena realizzato una cucina con Scavolini. Poi ci sono i mobili, in collaborazione con Moroso, le lampade con Foscarini, il tessile con Zucchi, oggetti per la casa con Seletti. Presenteremo tutto al Salone del Mobile: sono molto orgoglioso».
Da dove arriva la passione per la casa?
«L’ho sempre avuta. Amo l’architettura e le costruzioni. Non smetto mai: ho i muratori in casa da venti anni. Non so creare niente di nuovo, ma se mi dai qualcosa di vecchio so come farlo rivivere».
La tua ultima sfida è il cibo biologico.
«Da poco siamo entrati nel settore del food in partecipazione con Ecor NaturaSì: bellissimo. Spero di poter contribuire allo sviluppo del packaging dei prodotti e all’interior design dei negozi. Vorrei che ogni prodotto fosse tracciabile al 100%, ma è durissima. E poi mi piacerebbe riportare i ragazzi a lavorare i campi abbandonati: ne sto parlando con il nostro governo, perché ci dia una mano. Bisogna fermare la speculazione sui terreni: alcune aree devono essere rese non edificabili e destinate solo alle coltivazioni bio. In Francia lo fanno già».
Altre novità in arrivo?
«Una cosa molto bella è il passeggino Bugaboo che abbiamo appena realizzato con Diesel: verde militare camouflage, con il nome del bambino scritto come quello dei soldati... Mi sono molto divertito».
Come mai un passeggino militare?
«Perché tutto ciò che faccio in questo momento è ispirato a tre temi: denim, militare e rock’n’roll. Questo è Diesel oggi».
Sei coinvolto in prima persona nel processo creativo?
«Io non creo, io istigo. Ai creativi dico: “Non va bene, voglio di più, voglio sognare, datemi qualcosa di diverso”».
Il modo in cui fai beneficenza con la OTB Foundation racconta bene la tua attitudine: “No charity, just work”, ovvero “se hai fame non ti do un pesce ma una canna e ti insegno a pescare”.
«È così. Per esempio, con Bono e sua moglie abbiamo creato una linea di jeans fatta interamente in Africa: gli abbiamo insegnato un mestiere. Ora in Mali sto costruendo un villaggio per ventimila persone. A un certo punto stavo anche pensando di ridurre il mio impegno come imprenditore per potermi dedicare di più alle attività benefiche, ma il Dalai Lama mi disse: “È sbagliato: devi continuare a fare quello che sai fare, creare posti di lavoro, dare dei salari alle famiglie”. È questo il motivo per cui ho creato la fondazione. È stato sempre il Dalai Lama a dirmi che dovevo metterci la faccia: “Pensa a quanta gente potresti invogliare a venirti dietro”».
La fondazione investe il 90% in Africa e il 10% nel territorio dove si trova il vostro quartier generale: cosa fate per la vostra zona?
«L’asilo, il giardino, l’ospedale... Abbiamo creato 27 posti di lavoro socialmente utili. Prima donavo i soldi a chi non ne aveva ma la formula non andava bene: vuoi uno stipendio? Ti faccio fare qualcosa. Stessa cosa per il microcredito, con cui abbiamo aiutato le popolazioni colpite dai terremoti in Emilia e Abruzzo. E poi c’è il restauro del Ponte di Rialto».
Un privato che restaura un monumento pubblico: perché in Italia non siamo capaci di investire nel nostro patrimonio artistico?
«Ne ho parlato con Renzi. Bisogna valorizzare i nostri monumenti, le nostre spiagge ma anche creare infrastrutture come degli aeroporti decenti. Basta vedere come hanno fatto a Barcellona: come mai loro, che sono latini come noi, ci sono riusciti?».
Ti piacerebbe buttarti in politica?
«Renzi mi ha chiesto di fare il ministro. Anni fa mi avevano proposto di fare addirittura il premier, due offerte nello stesso momento, una da destra e una da sinistra: ho deciso di rifiutare. Non ci riuscirei mai, sono un uomo libero».
Sei un imprenditore “glocal”: giri il mondo ma torni sempre a Bassano. Cos’è per te “casa”?
«È il massimo del benessere. La mia casa è il posto più “coccolo”, più figo e più bello. Passo il tempo a metterla a posto, aggiungo una pianta qui, una candela là... Il mio lusso non è andare in giro, ma è stare a casa: ho una palestra bellissima, ho un trainer di yoga, uno di pilates, uno di stretching e uno di body culture. Poi vengono una massaggiatrice e un’estetista: praticamente ho una spa domestica. Faccio tutto a casa. Alla sera, quando torno, schiaccio il pulsante, il cancello si apre e mi dico: “Cazzo, che uomo fortunato che sono”».
Qual è la zona della tua casa di cui vai più orgoglioso?
«Non ce n’è una in particolare: la cosa bella è che ogni parte è vissuta. In realtà dovresti vedere il nostro nuovo quartier generale a Breganze. Andresti fuori di testa: ci sono calcetto, tennis, squash, ristorante, bar, centro estetico, palestra, massaggi, asilo nido, scuola materna...».
Mi ricorda un po’ la filosofia di Adriano Olivetti...
«Ti confesso: quando ho visto il film sulla vita di Olivetti sono rimasto a bocca aperta. Ero davanti alla tv e continuavo a ripetere “Ma quello sono io! Sono io!”».