Giorgio Meletti, Il Fatto Quotidiano 15/4/2014, 15 aprile 2014
IL SUO STIPENDIO FINALMENTE POTRÀ CRESCERE
Tre settimane fa Mauro Moretti si era infuriato per l’annuncio renziano di severi tagli agli stipendi dei manager pubblici. E aveva minacciato di andarsene all’estero se i suoi 873 mila euro annui fossero stati ricondotti sotto quota 300 mila, in quella fascia sobria dove staziona l’emolumento del presidente della Repubblica. Matteo Renzi aveva commentato sibillino: “Moretti capirà”. Ieri sera abbiamo capito tutti. Con la nomina ad amministratore delegato di Finmeccanica andrà a guadagnare più che alle Fs. Se verrà applicata la riduzione del 25 per cento di cui si parla al ministero del Tesoro, si partirà dal milione e 200 mila euro portato a casa per il 2013 dall’uscente Alessandro Pansa per planare a quota 900 mila.
La brutta figura fatta da Moretti sulla questione dello stipendio non è però da attribuirsi tanto ad avidità quanto al carattere impulsivo, lo stesso che ha fatto di lui, suo malgrado, l’idolo negativo della città di Viareggio ancora ferita dal tragico incidente che costò cinque anni fa la vita a 33 persone.
Dipendente delle Fs dal 1978, Moretti è diventato nel 2006 il numero uno meno pagato nella storia recente dell’azienda di piazza della Croce Rossa. Il suo predecessore Elio Catania guadagnava più del doppio, e prima di lui Giancarlo Cimoli ha incassato stipendi e buonuscite milionarie non giustificate dai risultati. I due presidenti che hanno affiancato Moretti negli otto anni al vertice (prima Innocenzo Cipolletta e poi Lamberto Cardia) guadagnavano pochi euro meno di lui lavorando forse un decimo dell’amministratore delegato.
In Finmeccanica Moretti sarà il manager più low cost degli ultimi anni. Saranno dunque ben altri i banchi di prova per questo ingegnere elettrotecnico di 60 anni che dopo una vita tra i binari va a guidare un gruppo che ha appena deciso di disfarsi della tecnologia ferroviaria (i treni di Ansaldo Breda e il segnalamento di Ansaldo Sts) per concentrarsi sul settore militare . Dai treni in semi-monopolio al duro mercato internazionale degli armamenti il passaggio non è dei più semplici. Dalle liti con i comitati dei pendolari e gli assessori regionali alle trattative con i ministri della guerra dei paesi emergenti il salto potrebbe rivelarsi complicato. Il principale ostacolo sulla strada di Moretti è la rabbia del popolo Finmeccanica. Alessandro Pansa, salito al vertice un anno fa dopo l’arresto dell’amministratore delegato Giuseppe Orsi (inchiesta per corruzione internazionale sugli elicotteri venduti all’India), nel tentativo di proteggere la sua poltrona dall’onda della rottamazione ha trascurato di lavorare su una soluzione interna. Così, mentre Eni ed Enel vengono decapitate ma vedono la promozione di due manager cresciuti in casa, Finmeccanica subisce l’onta di una sorta di commissariamento, attraverso un manager esterno che non ha mai guidato un’azienda quotata in Borsa e così complessa.
Finmeccanica è un’azienda in grave crisi. Uno sciame sismico di scandali grandi e piccoli l’ha scossa profondamente negli ultimi quattro anni, provocando instabilità al vertice (da Pier Francesco Guarguaglini a Orsi, da Orsi a Pansa, e sempre dopo lunghe guerre intestine tra il manager declinante e quello emergente) e un peggioramento netto delle performance industriali. Sono crollati i margini di profitto e il portafoglio ordini, mentre lo scandalo indiano ha profondamente vulnerato le capacità di penetrazione del gruppo italiano nel difficile mercato degli armamenti.
In un contesto così difficile Moretti, con lo smilzo curriculum di 36 anni di lavoro tutti nella stessa azienda, ha due carte pesanti da giocare. La prima è l’ombrello protettivo della politica. Voluto in quel posto direttamente da Renzi, ma stimatissimo da sempre anche da Giorgio Napolitano, con il quale ha condiviso in tempi non sospetti la militanza migliorista nel Pci, il manager riminese non paga pegno, come tanti manager pubblici del passato, all’essere nominato “in quota” di qualcuno e perciò a dispetto di qualcun altro. Questo gli garantisce ampia libertà di manovra . La seconda carta vincente è la fama di persona integerrima, sufficiente a tenerlo al riparo da proposte “indecenti”.
La sua storia di uomo di umili origini, che si è mantenuto agli studi facendo l’istruttore di pattinaggio, potrebbe aiutarlo a conquistare il rispetto dei 75 mila uomini che fanno la Finmeccanica. Il suo carattere poco accomodante potrebbe però rendere tutto più difficile.
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Giorgio Meletti, Il Fatto Quotidiano 15/4/2014