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 2014  aprile 15 Martedì calendario

EMMA E MAURO I PECCATI DEL RENZISMO


Come rinnovamento non c’è male. La nomina di Emma Marcegaglia alla presidenza dell’Eni conferma e rafforza uno dei dogmi della Seconda Repubblica: la regola dei sei anni. Ecco come funziona. Il 22 febbraio 1996 Paolo Scaroni, allora vicepresidente del gruppo privato Techint, patteggiò al Tribunale di Milano la pena di un anno e quattro mesi di reclusione con la condizionale per chiudere un processo per corruzione nell’ambito del quale era stato arrestato due volte dai pm del pool Mani Pulite. Sei anni dopo, primavera del 2002, il governo Berlusconi lo nominò amministratore delegato dell’Enel, proprio la società pubblica per i cui appalti Scaroni aveva pagato le mazzette. La volpe a guardia del pollaio è un’ottima strategia anti-corruzione: il prescelto conosce a fondo i meccanismi da contrastare.
Emma Marcegaglia è competente quasi quanto Scaroni. Quasi perché non lei ma suo fratello Antonio, amministratore delegato dell’azienda di famiglia, ha patteggiato il 28 marzo 2008 11 mesi con la condizionale per corruzione. L’accusa era di aver pagato a Lorenzo Marzocchi, manager dell’Enipower, gruppo Eni, una mazzetta da un milione e 158 mila euro per agevolare l’assegnazione di un importante appalto, al quale, parole del reo, l’azienda “teneva molto”. L’imbarazzante vicenda non ostacolò la marcia trionfale di Emma, comproprietaria del gruppo siderurgico, verso la presidenza della Confindustria. Al contrario, sono scattati anche per casa Marcegaglia i fatidici sei anni, trascorsi i quali ecco la brillante manager al vertice dell’Eni, l’azienda per i cui appalti la società di famiglia pagava tangenti. Anche qui, come con Scaroni all’Enel, azionisti dell’Eni e contribuenti possono dormire sonni tranquilli: chi pensasse di corrompere qualche dirigente del gruppo petrolifero troverà sulla sua strada l’intransigente e preparatissima ex presidente di Confindustria.
Nel curriculum di Emma Marcegaglia, 48 anni, quello scattato ieri sera è il primo incarico manageriale significativo. Nell’azienda di famiglia - che produce tubi d’acciaio - si è sempre occupata in prevalenza delle attività collaterali (turismo con la società Albarella, energie rinnovabili etc.). La sua attività principale è sempre stata quella confindustriale, dove è stata per quattro anni presidente dei Giovani Industriali e poi, nel 2008, la prima presidente donna. Anche negli anni al vertice di viale dell’Astronomia il suo curriculum è segnato da vicende imbarazzanti, come le inchieste sui conti esteri della sua famiglia. Nel 2011, in una puntata di Report, la giornalista Giovanna Boursier ha riferito a proposito della Marcegaglia Spa: “Tra il ’94 e il 2004, negli acquisti di materie prime, avrebbe interposto società off-shore, creando fondi neri su 17 conti esteri, intestati a Steno Marcegaglia e ai figli Antonio ed Emma. A maggio la parte che riguarda l’evasione fiscale viene archiviata perché quei capitali sono stati condonati e scudati”. Infine la vicenda della Maddalena. All’indomani del terremoto de L’Aquila il governo Berlusconi sposta nel capoluogo abruzzese i lavori del G8 e le strutture appositamente realizzate nell’isola sarda restano inutilizzate. Il capo della Protezione civile Guido Bertolaso le affitta a Emma per 31 milioni di euro in 40 anni, una cifra talmente esigua da provocare un intervento della Corte dei conti che contesta a Bertolaso e al suo staff un danno erariale di 26 milioni di euro. Insomma, la più grande e strategica azienda pubblica italiana è in mani sicure.

Giorgio Meletti, Il Fatto Quotidiano 15/4/2014