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 2014  aprile 15 Martedì calendario

UNA LINGUA PER TUTTE LE STAGIONI


Fra i titoloni dei paginoni dedicati dai giornaloni alla notizia sconvolgente del passaggio di Paolo Bonaiuti da Forza Italia al Ncd, il migliore è senz’altro quello della Stampa: “Berlusconi non ricuce. E Bonaiuti diventa lo stratega di Alfano”. La qual cosa conferma alle masse di fans alfaniani “che il vento comincia a girare dalla parte giusta”. Le sedi Ncd in tutt’Italia sono state prontamente transennate 24 ore su 24 per arginare l’incessante afflusso di nuovi adepti, al seguito dell’ex ventriloquo berlusconiano, noto trascinatore di folle. Nato a Firenze nel 1940, giornalista del Giorno poi del Messaggero fino ai gradi di vicedirettore, Paolino Bonaiuti era molto di sinistra. Ancora nel gennaio ’94, quando Emilio Fede chiese le dimissioni di Montanelli dal Giornale perché non obbediva al suo (di Fede) padrone, Bonaiuti tuonò sul Messaggero in un editoriale dal titolo sarcastico “Va in onda la liberal-democrazia”: “Dal pulpito di Rete4 è stata impartita ieri sera una lezione di intolleranza. Proprio mentre infuria la polemica su quanto sia favorito rispetto ai concorrenti un candidato alle elezioni che possiede tre reti televisive, l’invito di Emilio Fede a cacciare Indro Montanelli perché troppo autonomo è il primo esempio pratico del livello di ‘indipendenza’ che potrebbe crearsi all’interno dell’impero di Berlusconi. Questo episodio moltiplica l’inquietudine, perché lascia capire quanto potrebbe essere forzatamente massiccio e compatto il sostegno al Cavaliere degli organi di informazione del gruppo. Guai a chi si azzardasse a uscire, anche per un attimo, dal coro. La durezza dell’intervento, preannunciato proprio perché avesse maggiore risonanza, mostra lontane tentazioni da Minculpop e lascia sbigottiti... Resta da vedere se Berlusconi presterà orecchio a questi consigli. Speriamo che non lo faccia e si mostri del tutto estraneo all’iniziativa. Anche perché condividerla sarebbe mossa improvvida per chi si presenta come un campione della liberaldemocrazia”. Pochi giorni dopo B. mise alla porta Montanelli e due anni dopo Bonaiuti divenne il suo portavoce (e il suo sottosegretario a Palazzo Chigi). Per 18 anni, con la sua calotta color polenta da Mastro Ciliegia e la sua boccuccia a cul di gallina, è stato la sua ombra, sempre alle sue spalle a fare la faccina estasiata a ogni sua cazzata, a muovere la testa su e giù, a sottolineare anche con gesti manuali le meraviglie che uscivano da quella boccuccia, sempre pronto a giustificare le gaffe del capo, o a smentire e minimizzare quelle proprio indifendibili. Quando il padrone finiva al San Raffaele, lui era la caposala e gli cambiava il pappagallo. La domenica, mentre il capo era fuori per i puttantour, riceveva i tg per rassicurare gl’italiani che tutto andava a meraviglia (il suo intervento chiudeva regolarmente l’album delle figurine nei “panini” di regime). Poi fu addirittura promosso a comparsa da talk-show, scudo umano pronto a difendere e a rivendicare tutto l’indifendibile.“Le leggi ad personam nascono dai processi ad personam contro B”, era uno dei refrain. E se la Consulta le bocciava era perché “è dominata dalla sinistra: 11 a 4!”. Dati inventati, numeri a caso, statistiche e sondaggi di pura fantasia, come quando sparò che “il presidente Berlusconi ha un gradimento attorno al 70%” (14 maggio 2002). Infatti B. l’aveva appena messo a capo della “task force del governo contro gli aumenti dei prezzi” dopo l’arrivo dell’euro. “Il Presidente Berlusconi non è intervenuto, non sta intervenendo e non interverrà nella vicenda Rai”, giurava Polentina mentre B. occupava militarmente Viale Mazzini e ne cacciava Biagi, Santoro e Luttazzi. “È una bolla di sapone, finirà nel nulla”, salmodiava a ogni sexy-scandalo del Cavaliere di Hardcore. E le tre strappone fotografate da Oggi sulle ginocchia dell’anziano latrin lover a Villa Certosa? “Delegate della federazione giovanile Pdl a una riunione politica alla presenza dei fidanzati”. A volte, credendosi il capo del Minculpop, chiamava i giornali per bloccare notizie vere (tipo quando Scajola disse che Marco Biagi appena ucciso dalle Brera“un rompicoglioni”) o protestare per commenti sgraditi (ne sa qualcosa De Bortoli per gli editoriali di Sartori sul conflitto d’interessi, e persino per le vignette di Giannelli).

Marco Travaglio, Il Fatto Quotidiano 15/4/2014