Carlo Bonini, la Repubblica 15/4/204, 15 aprile 2014
MILANO
Nuovo colpo di scena al Montepaschi: secondo quanto riporta l’agenzia di stampa Ansa la banca starebbe valutando la possibilità di portare da tre a cinque miliardi l’importo dell’aumento di capitale. Il testo di agenzia sottolinea che si tratta ancora di un’ipotesi e che sia le banche del consorzio, sia la stessa Mps hanno opposto un secco “no comment” all’inidscrezione. Se così fosse, lo stesso aumento slitterebbe in avanti. Ma, data la rilevanza estrema della notizia, anche la mancanza di una smentita assume un suo significato.
Mps ha in pancia Monti bond per 4,07 miliardi, ha chiuso il 2013 con perdite per 1,43 miliardi dopo rettifiche su crediti per 2,75 miliardi ed è una delle 15 grandi banche italiane ad avere gli ispettori Bce per l’Asset quality review: difficile capire se e come si compongono questi elementi tra loro, certo è che il passaggio della revisione degli attivi, che sarà poi seguita dagli stress test, è un momento visto con preoccupazione da tutti i banchieri italiani e certo a Siena i conti vengono da una lunga stagione di tensione. Resta da vedere, nell’ipotesi davvero di un aumento da 5 miliardi, cosa decideranno di fare i neo-azionisti della
banca, da Blackrock (appena salito al 5,7%) ai due soci che hanno stretto un patto di sindacato con la Fondazione Montepaschi (Fintech advisory con il 4,5% e Btg Pactual Europe conil 2%) nonché la stessa Fondazione, da poco scesa al 2,5% della banca.
Più semplice, guardando gli importi, la strada per Bpm, che si appresta a varare un rafforzamento di capitale da 500 milioni. I dolori per la popolare vengono dalla governance, dopo la clamorosa bocciatura del nuovo Statuto, andata in onda sabato scorso. La giornata a Piazza Meda è stata lunga e perigliosa. Con i vertici di Bankitalia appena tornati da Washington (per il Fondo monetario) ma già sul pezzo (domani i vertici della banca andranno a Roma, a conferire con le autorità); le agenzie di rating che cercavano di capire cosa stesse succedendo; gli incontri con i global coordinator. Le sorti della Bpm hanno tenuto Piazza Meda con il fiato sospeso.
Un nervosismo aggravato dal disastro di Borsa: il titolo ha perso fino al 10%, tanto che la Consob ha imposto anche per oggi un divieto rafforzato (rispetto alle altre azioni) di vendite allo scoperto; a fine giornata Bpm ha ceduto l’8,52%, tra scambi triplicati. Sono andate male anche le altre banche e in particolare qualche popolare: meno 3,42% Bper, e soprattutto meno 11,6% l’Etruria, promessa sposa ormai ufficialmente alla popolare di Vicenza. Le due parti si sono date un bel po’ di tempo, fino al 30 maggio, per trovare una soluzione che soddisfi le parti (a fronte di una perdita di 70 milioni di euro per la banca aretina) ed arrivare così ad una proposta vincolante da parte di Zonin. Meglio si è invece mossa Ubi, che ha perso solo l’1,16%: un risultato ancora più di rilievo in quanto anche la popolare guidata da Victor Massiah alla prossima assemblea avrà una parte straordinaria, di riforme statutarie, da approvare. E anche in questo caso serpeggia un certo nervosismo, anche se probabilmente più superficiale (e dunque più facilmente gestibile) rispetto alla Milano.
Comunque a Piazza Meda il bilancio a fine giornata (forse ancora con una nota di ottimismo
della volontà più che della ragione) è che si può andare avanti. Certo, sarà determinante cosa si diranno i vertici operativi e via Nazionale, ma la catastrofe dovrebbe essere scongiurata. Oggi, come da calendario, si terrà la riunione del consiglio di gestione (il 22 tocca alla sorveglianza). Sicuramente si farà il punto sulla situazione, a partire dall’aumento di capitale: il consorzio di garanzia è già costituito e non è subordinato all’approvazione di modifiche della governance, ma l’aumento sarà sicuramente più oneroso.