Andrea Di Biase e Luciano Mondellini, MilanoFinanza 12/4/2014, 12 aprile 2014
MEZZA SERIE A IN VENDITA
L’operazione con cui Erick Thohir e i soci indonesiani hanno rilevato il 70% dell’Inter potrebbe non essere l’ultima operazione di M&A a riguardare una società di calcio italiana. Dal Milan al Genoa, dal Bologna al Cagliari, dal Livorno alla Roma, dal Palermo al Brescia e al Bari (allargandosi alla Serie B), sono diversi i club che, pur a fronte di storie aziendali e sportive differenti, sono alla ricerca di un nuovo proprietario o di uno o più soci che affianchino l’attuale azionista di riferimento.
Il Milan rappresenta il caso più eclatante, non solo per il blasone e il seguito, in termini di tifosi (4,1 milioni solo in Italia, secondo le rilevazioni della Lega Serie A), di cui gode il club.
Nelle settimane scorse, a fronte delle indiscrezioni secondo cui la società fosse in vendita, con tanto di mandato formale a Lazard, la Fininvest ha smentito ufficialmente tale possibilità anche se, nei giorni successivi, il vicepresidente del club Barbara Berlusconi, pur ribadendo l’impegno della sua famiglia a investire nel Milan, ha ammesso di essere alla ricerca di un socio in grado di apportare i capitali necessari a finanziare l’importante ma oneroso investimento per la costruzione del nuovo stadio (circa 300 milioni). In realtà, secondo quanto appreso da MF-Milano Finanza da fonti bancarie, la realtà sarebbe più complessa. Il Milan continua infatti a rappresentare un peso per la holding di via Paleocapa, che anche quest’anno, nonostante il contenimento dei costi realizzato negli ultimi due anni della gestione di Adriano Galliani, verserà nelle casse del club circa 50 milioni (si veda MF-Milano Finanza del 9 aprile) a copertura delle future perdite.
Perché dunque non prendere in considerazione eventuali offerte anche per la maggioranza del club? Fino a oggi si era trattato prevalentemente di una questione di prezzo. La valutazione, circa 1 miliardo di euro, data da Fininvest al Milan aveva infatti scoraggiato più di un acquirente, che oltre a sostenere l’investimento per l’acquisto del club avrebbe dovuto farsi carico di ulteriori spese per rafforzare la squadra e svilupparne il business sul piano commerciale e infrastrutturale. Ora però le considerazioni economiche sembrano aver lasciato spazio alle questioni familiari e ai rapporti tra i figli di Silvio Berlusconi. Nonostante la smentita di Barbara (Fininvest, questa volta, non si è invece pronunciata), il miliardario di Singapore, Peter Lim, sarebbe realmente interessato a rilevare il controllo del Milan, valutandone il 100% circa 600 milioni. Considerato che, nel bilancio 2012 della Fininvest, la partecipazione nella società rossonera è iscritta (in via prudenziale) a circa 370 milioni e che a fronte dei circa 270 milioni di debiti si arriva a un enterprise value di circa 627 milioni, non lontano dunque dalla valutazione fatta da Lim, le condizioni finanziarie per intavolare una discussione con l’uomo d’affari di Singapore sembrerebbero esserci. Perché allora in via Paleocapa hanno finora respinto le avances di Lim? Secondo le fonti interpellate la ragione andrebbe cercata più nella necessità di Silvio Berlusconi di garantire un ruolo manageriale a Barbara nell’impero di famiglia, senza stravolgere gli attuali equilibri basati sul ruolo di Piersilvio in Mediaset e di Marina in Fininvest e Mondadori, più che su considerazioni di natura strettamente finanziaria.
Anche la Roma, dove pure il passaggio del controllo è già avvenuto negli anni scorsi, con l’arrivo al posto della famiglia Sensi della cordata formata dall’uomo d’affari americano James Pallotta e da Unicredit, potrebbe essere interessata a breve da importanti cambiamenti negli assetti proprietari su tutti i livelli della catena di controllo che dal Delaware (lo stato Usa dove ha sede la società di Pallotta) porta fino al club giallorosso.
Un primo step c’è già stato nei giorni scorsi, con l’ingresso del gruppo immobiliare Starwood Capital Group con sede in Connecticut in As Roma SPV, il veicolo attraverso il quale Pallotta detiene il 60% di Neep Roma Holding (un 9% è in portafoglio a Raptor HoldCo, sempre riferibile al finanziere americano, mentre il restante 31% è in mano ad Unicredit). L’investimento di Starwood, di cui non è stato reso noto l’importo né la quota di capitale sottoscritta (così ha spiegato a MF-Milano Finanza un portavoce della società), rientra nell’ambito del progetto per il nuovo stadio del club giallorosso a Tor di Valle. Un progetto da circa 300 milioni (1 miliardo comprese le opere accessorie) che, nei piani di Pallotta, sarà finanziato esclusivamente da capitali privati (Goldman Sachs ha l’incarico di trovare investitori interessati) e nel quale Starwood metterà la propria competenza in campo immobiliare oltre che una quota di capitale.
Ma il riassetto è destinato a proseguire anche agli altri piani della catena partecipativa. Non solo perché il 30% detenuto da Unicredit in Neep Roma Holding è da tempo sul mercato (anche se le indiscrezioni su un possibile interessamento dei cinesi di Hna sembrano essere più uno specchietto per le allodole per spingere Pallotta a fare un’offerta alla banca italiana), ma anche perché l’aumento di capitale da 100 milioni che sarà lanciato nelle prossime settimane potrebbe creare le condizioni per il delisting della Roma da Piazza Affari. Molto dipenderà dalla risposta dei piccoli azionisti. In caso di elevato inoptato, Neep Roma Holding, che ha già versato nelle casse della società tutti i 100 milioni dell’aumento, potrebbe salire ben sopra il 90% del capitale, procedendo poi allo squeeze out.
Più complicata è invece la situazione degli altri club finiti ufficialmente sul mercato, come il Bologna, il Cagliari e il Livorno, ma anche di quelli, come per esempio il Genoa, dove si continua a parlare di possibili cambiamenti negli assetti di controllo nonostante le smentite degli attuali proprietari (leggasi Enrico Preziosi). Dopo il travagliato acquisto del Leeds, infatti, Massimo Cellino si appresta a lasciare il Cagliari, ma all’orizzonte non si vedono ancora soggetti in grado di rilevare e rilanciare il club. Le voci di un possibile interessamento da parte dello sceicco del Qatar, Tamim Al Thani, si sono dissolte come neve al sole, lasciando l’amaro in bocca ai tifosi sardi, che ora sperano che il misterioso investitore americano rappresentato dal professionista Luca Silvestrone (che nei giorni scorsi ha incontrato il sindaco del capoluogo sardo Massimo Zedda per discutere anche del nuovo stadio) non rimanga tale ancora a lungo.
Il discorso vale anche per il Bologna, messo ufficialmente in vendita (il mandato è nelle mani dell’avvocato felsineo Mattia Grassani) e per il Genoa, dove, nonostante le continue smentite di Preziosi sulla stampa locale, prosegue la caccia al futuro proprietario: dall’ex Aldo Spinelli (che ha messo ufficialmente in vendita il Livorno ma ha negato di volersi ricomprare il Genoa) al gruppo Duferco (ma l’ad Antonio Gozzi ha negato: «In famiglia siamo sampdoriani»). Il club blucerchiato, invece, sembrerebbe al riparo da cessioni dopo le rassicurazioni dei mesi scorsi del presidente Edoardo Garrone. Tuttavia, chi conosce bene la famiglia genovese, garantisce che se dovessero giungere offerte importanti, i Garrone prenderebbero in seria considerazione la cessione del club.
Andrea Di Biase e Luciano Mondellini, MilanoFinanza 12/4/2014