Stefania Peveraro, MilanoFinanza 12/4/2014, 12 aprile 2014
COMPRARE LA GRECIA?
La Grecia è tornata. E ha fatto il botto. A quattro anni dall’ultima asta, Atene ha piazzato giovedì 10 il primo bond a 5 anni a un rendimento inferiore al 5%, ottenendo richieste per 20 miliardi contro un’offerta di 3. Un successo enorme, forse insperato anche dal governo ellenico. Di certo, l’ennesimo segnale di fiducia che i mercati hanno lanciato all’Europa, nella speranza che acceleri il processo di riforme nei Paesi periferici e che la Germania ammorbidisca le sue posizioni a sostegno di una crescita diffusa e duratura in tutto il continente. Sul mercato dei bond, dopo il rally degli ultimi due mesi, anche i rendimenti dei bond italiani, governativi e corporate, sono scesi a livelli che in molti casi rappresentano il minimo dall’inizio dell’era euro, con lo spread tra i Btp e i Bund decennali che è arrivato a restringersi sino a 160 punti per poi riallargare venerdì 11 aprile a 170. I rendimenti sono bassi, è vero, ma del tutto giustificati e anche un poco comprimibili, se anche un Paese ancora pieno di problemi e di tensioni sociali come la Grecia riesce a strappare tassi così convenienti.
Certamente, lo scenario è oggettivamente poco attraente: impiegare la propria liquidità a poco più del 4% per 30 anni non fa strappare i capelli dall’entusiasmo. Perché è proprio questo che sta accadendo. Ormai un Btp a scadenza 2044 rende appunto il 4,3%, quando solo due mesi fa superava il 4,7%. Un movimento tanto più marcato sulla scadenza decennale, che oggi gira al 3,2% dopo avere toccato nei giorni scorsi il minimo dell’era euro a 3,15% e che due mesi fa rendeva invece ancora oltre il 3,9%, dopo aver toccato un picco al 4,9% a fine giugno. Allo stesso modo, anche i rendimenti dei bond corporate italiani sono scesi velocemente, in particolare quelli high yield o subordinati. Per un bond Eni scadenza 2020, che in due mesi ha perso 50 punti di rendimento (si è ridotto di circa un quarto rispetto ai livelli di gennaio), c’è addirittura un bond subordinato di Cerved scadenza 2021 che ha visto ridursi di un terzo il proprio rendimento da inizio gennaio al 4,42 dal 6,27%.
In realtà dal punto di vista economico nulla è cambiato, semmai è aumentato lo stock del debito pubblico. Quello che è cambiato è lo scenario internazionale, con gli investitori più tranquilli grazie al cordone sanitario adottato dalle banche centrali di Europa e Usa che continuano nella loro politica di immissione di liquidità e di supporto alla crescita economica. In più in Italia c’è il fatto nuovo del cambio di governo, che potrebbe portare finalmente all’adozione di una serie di riforme e di politiche di lungo periodo si supporto alla crescita con un largo consenso parlamentare. In ogni caso, già con il governo di Enrico Letta il mercato aveva dimostrato fiducia nell’Italia e con Matteo Renzi semplicemente il trend è continuato. Ma l’Europa deve dimostrare ancora di meritare questa apertura di credito, altrimenti i capitali, così come sono entrati, possono evaporare rapidamente. Come dimostra la correzione delle borse nell’ultima settimana sulla scia della crisi ucraina e ai tiramolla della Bce.
Le alternative ai Btp che oggi pagano rendimenti analoghi o superiori sono ben più rischiose. Dalla tabella in pagina emerge che i decennali che pagano più del 3,2% del Btp italiano sono quelli di Grecia e Portogallo, oppure si deve andare sulle emissioni in dollari di Russia, Turchia, Brasile e Messico.
Che fare allora? Un’occasione interessante è senza dubbio quella che offrirà il Tesoro italiano a partire da lunedì 14 aprile, quando si aprirà il collocamento del nuovo Btp Italia mediante la raccolta di ordini d’acquisto degli investitori sul Mot tramite Banca Imi e Unicredit. Venerdì 11 il ministero dell’Economia ha comunicato che il titolo, che a differenza delle precedenti edizioni avrà scadenza 6 anni e non 4 anni, pagherà una cedola reale minima dell’1,65%. Per il calcolo del rendimento a scadenza, però, si dovrà sempre sommare anche l’inflazione attesa nel periodo di vita del titolo, un calcolo che per le passate emissioni al momento risulta vantaggioso. La tabella in pagina mostra che il rendimento al lordo dell’inflazione dell’ultima emissione di Btp Italia, quella a scadenza novembre 2017, al momento rende circa l’1,75% contro l’1,2% dei Btp tradizionali. E i Btp Italia risultano a maggior ragione vincitori anche nei confronti dei Btpei indicizzati all’inflazione europea.
Stefania Peveraro, MilanoFinanza 12/4/2014