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 2014  aprile 14 Lunedì calendario

LUNELLI, EX BANCHIERE “VOGLIO DIVENTARE IL SOVRANO DELLE BOLLICINE”


«Il primo a congratularsi è stato il presidente del consiglio Matteo Renzi, mi ha inviato un sms appena avuta la notizia», Matteo Lunelli, presidente delle cantine Ferrari, ha scelto il Vinitaly di Verona, che si è chiuso la scorsa settimana, per annunciare l’acquisizione del 50% delle cantine Bisol, altro marchio illustre delle bollicine italiane. «Un’operazione tutta all’insegna del Made in Italy», ha ricordato in pubblico lo stesso Renzi nel suo discorso al Vinitaly. Siamo abituati allo shopping straniero. I big francesi del lusso Lvmh e Kering sono stati i primi a comprare le nostre griffe e continuano a fare incetta di brand esplorando tutte le nicchie possibili. Ora, sono arrivati anche i cinesi che si sono sposati con gli yacht Ferretti e hanno messo nel loro portafoglio persino le penne Montblanc. Nel nostro paese si compra tutto e di più. Ma il vino no, quello resiste. Le cantine Ferrari, numero uno della Trento Doc entrano nelle cantine Bisol, tra i principali protagonisti del Prosecco di Valdobbiadene, grazie a un aumento di capitale: «Un’operazione coerente con il nostro progetto di creare un gruppo dell’eccellenza del bere italiano, un gruppo aggregatore», racconta Matteo Lunelli. Le due famiglie si conoscono da 30 anni, e il matrimonio si realizzerà nel segno della continuità. Anche quella biologica, visto che entrambe stanno lavorando sul fronte di vigne senza chimica e bottiglie senza solforosa. Non solo rimarrà indissolubile il legame della cantina Bisol con le sue colline di Conegliano Valdobbiandene, che anzi verrà rafforzato, ma Gianluca Bisol, Direttore generale del gruppo, e Desiderio Bisol, enologo, continueranno il loro impegno in azienda nei ruoli ricoperti fino ad oggi, portando avanti la tradizione di famiglia che risale al 1500. Oltre il 50% delle aziende vitivinicole con fatturato superiore a 10 milioni è controllato da una famiglia, dice una ricerca Aidaf-Bocconi- Unicredito. Un universo frammentato nei distretti vitivinicoli che dalla Val D’Aosta si distendono fino a Pantelleria. Insieme fanno correre il mercato a tassi di incremento che tra il 2001 e il 2010 segnava tra il 107% e il 174%, Un asset strategico del made in Italy. Che neanche nei momenti peggiori della crisi ha smesso di crescere, come evidenzia anche l’ultima indagine sul settore vinicolo di Mediobanca. «Siamo i primi produttori al mondo, e il vino è la prima voce dell’export agroalimentare italiano», commenta con orgoglio Matteo Lunelli. Quarant’anni, una laurea in economia alla Bocconi di Milano, Matteo non ha esitato a sacrificare una brillante carriera in una banca d’affari come Goldman Sachs per dedicarsi al business di famiglia «Subito dopo la laurea sono andato a lavorare all’estero - racconta Matteo - era il 1998, in pieno boom delle borse e della finanza Goldman Sachs era il top per un giovane: sono stato a New York, Zurigo e Londra. Cinque anni in giro come analista finanziario, ho lavorato anche con Mario Draghi, allora in Goldman Sachs, un uomo di grande umanità oltre che di bravura. Ma un giorno è arrivata una telefonata dello zio Gino, fino a tre anni fa presidente del gruppo: “Allora, che vuoi fare da grande? vuoi continuare a fare il manager? oppure vuoi impegnarti come imprenditore?”, mi ha detto. Non ci ho pensato molto. Ero a Londra, con Valentina, mia moglie, abbiamo fatto le valigie e siamo arrivati a Trento, e subito sono stato proiettato al Vinitaly”. Sono passati undici anni, nel 2011 Matteo ha ereditato il timone della maison. Azienda e prodotti si chiamano Ferrari, dal nome di Giulio Ferrari, l’enologo che dopo aver studiato in Francia ha importato il metodo francese della rifermentazione in bottiglia, che in Italia si chiama metodo classico, inventando le “bollicine” made in Italy. Ma dietro il successo di questa cantina storica trentina, c’è una famiglia, i Lunelli appunto, giunti con Matteo, con la cugina Camilla che si occupa della comunicazione e con l’altro cugino Marcello, direttore tecnico, alla terza generazione. Bruno, il nonno, commerciante di vini, nel 1952 aveva acquistato, indebitandosi, la cantina fondata 50 anni prima da Giulio Ferrari, che non aveva eredi: 30 milioni di lire per un coriandolo di vigna e 10 mila bottiglie l’anno. Oggi dal caveau di bottiglie ne escono a milioni e La Riserva del Fondatore, l’etichetta di punta è uno dei marchi al top degli spumanti italiani, tra i più agguerriti e, soprattutto, dotati, per fare concorrenza agli champagne francesi. A partire dagli Usa, sbocco per eccellenza delle bollicine. Un mercato dove le nostre etichette si stanno affermando con sempre maggiore forza: secondo i dati di Italian Wine & Food Institute siamo ancora primi in Usa per quantità ma anche in valore. Dopo anni di crescita, le importazioni Usa si sono fermate in volumi, ma sono cresciute quasi del 10% in valore. Segno che ora si ricomincia a guardare di più ai prodotti di fascia alta. E Ferrari può contare su un visto speciale per gli Usa: Wine Spectator, la più autorevole rivista di vino internazionale, ha incluso Ferrari nel ’Best of Italy tasting’, unica bollicina fra i migliori dieci vini italiani. Frutti di oggi, seminati un tempo. «Il vantaggio e fascino dell’azienda familiare rispetto a una multinazionale è che puoi lavorare in un’ottica generazionale – racconta Matteo – Ci vogliono 3 anni per portare sul mercato un Brut, e dieci per la Riserva del Fondatore. E ancora: oggi stiamo piantando un vigneto sperimentale d’altitudine estrema, nel Bondone, vicino Trento, a 700metri, uno dei vigneti modello della Trento Doc, progettato alcuni anni fa, l’anno scorso abbiamo piantato le prime barbatelle, quest’anno completeremo impianti, ci voglio altri 7 anni prima di avere uve di qualità adeguata, una riserva di quel vigneto vedrà la luce tra vent’anni». Le Cantine Ferrari sono state tra le prime case history dell’enologia italiana, emblema di come un’azienda possa trainare l’economia di un intero territorio, con 500 produttori che conferiscono le loro uve al gruppo. E tante altre cantine che fanno del Trentino la principale terra di produzione di basi spumanti. Si brinda Ferrari al Quirinale da quando il Presidente Pertini lo preferì allo champagne fino ad allora in uso, nelle ambasciate italiane nel mondo, durante gli eventi e gli incontri internazionali. Anche le griffe brindano a Ferrari, da Zegna a Kartell a Valentino. Ma dei 65 milioni di euro di fatturato, meno del 20% è realizzata all’estero. «La sfida per noi della terza generazione oggi è portare il nostro brand nel mondo, quale simbolo dello stile di vivere italiano », racconta Matteo. Ci vuole peso, massa critica. E il matrimonio con Bisol, che invece ha il 75% del venduto all’estero, soprattutto nei mercati emergenti, serve ad ampliare il portafoglio prodotti e la mappa dell’export. Il Prosecco, che a differenza del Trento Doc, è prodotto con fermentazione in grandi contenitori, si è fatto strada nel mondo grazie all’ottimo rapporto qualità/prezzo. Ma c’è Prosecco e Prosecco. E quello di Bisol, che nasce nel Cartizze, il territorio più vocato, è finito nella Food hall di Harrod’s, il tempio delle eccellenze enogastronomiche internazionali, accanto a Möet&Chandon, Veuve Clicquot, Taittinger, Pommery. E ora il mercato cambia tendenza, dicono le ultime rilevazioni del Consorzio di Tutela del Prosecco e Iri, è proprio la fascia più alta del Prosecco, quella in piena bolla da export. «Puntiamo a sfruttare le sinergie tra i marchi dell’eccellenza del made in Italy» spiega Matteo, che è anche vicepresidente della Fondazione Altagamma. Le bollicine sono la punta di diamante, ma con un portafoglio diversificato di prodotti, grazie a due acquisizioni: in Umbria, la tenuta Castelbuono, terra di Sagrantino e Montefalco, dove ora si annida il Carapace, cantina-scultura realizzata da Arnaldo Pomodoro; in Toscana, la tenuta Podernovo, che produce possenti Sangiovesi alla pisana. Più un’acqua minerale, la Surgiva e una grappa, la Segnana. Radici salde in terra, ma sguardo puntato lontano. «Stiamo costruendo una rete di distribuzione mondiale», racconta. E se il retail è la leva strategica delle griffe del lusso, Lunelli Holding ha inaugurato le Ferrari Lounge, una all’aeroporto di Fiumicino-Roma. «Ma vogliamo aprire in altri scali internazionali », annuncia. Ci vuole tempo per un ottimo business. Il presidente delle Cantine Ferrari, Matteo Lunelli, visto da Dariush Radpour Nei grafici il fatturato del vino italiano che cresce più dell’industria manifatturiera.

Paola Jadeluca, la Repubblica – Affari&Finanza 14/4/2014