Marco Panara, la Repubblica – Affari&Finanza 14/4/2014, 14 aprile 2014
RENZI-BOYS ALLA CARICA COME CAMBIA LA MAPPA DEL POTERE NELLE PPSS
L’ultima ondata di panico è scattata la sera di mercoledì 9 aprile, quando Matteo Renzi, nella veste di segretario del Partito Democratico, ha rivoluzionato in pochi minuti le liste dei candidati del Pd alle elezioni europee. Senza sentire nessuno. Da quella sera le poche certezze che qualcuno riteneva di avere sul futuro proprio o dei propri candidati al vertice di Eni o Enel, Terna, Poste o Finmeccanica si sono trasformate in vapore e dissolte nell’aria. La prima ondata di panico invece risale a meno di due mesi fa, quando nel giro di pochi giorni si è chiuso il ciclo di Enrico Letta e aperto quello di Matteo Renzi. Allora fu perché molti, se Letta fosse rimasto al suo posto, avrebbero avuto buone chance di essere confermati. E comunque perché il processo sarebbe stato prevedibile, negoziato, sostanzialmente in linea con la tradizione. Con Renzi dal giorno del suo giuramento sono cambiati i metodi, come si è visto già con la formazione del suo governo, e quello che prima era prevedibile e in parte gestibile è diventato meno prevedibile e meno gestibile. La scelta dei capilista alle europee ha dato il colpo finale: gli aggettivi in voga oggi sono imprevedibile e ingestibile. In sostanza i nomi di chi guiderà per i prossimi tre anni le grandi aziende a controllo pubblico li sa solo lui, o forse li saprà solo lui quando, nel pomeriggio di oggi, farà le sue scelte e dopo la chiusura delle contrattazioni in Borsa le renderà pubbliche. Così almeno ha annunciato venerdì scorso parlando al Salone del Mobile a Milano. Forse indicherà tutti i nomi, sicuramente quelli per l’Eni la cui assemblea è fissata per l’8 maggio e le cui liste per il rinnovo del consiglio di amministrazione devono essere depositate 25 giorni prima (la scadenza sarebbe il 13, ma poiché è domenica si slitta al 14). Erano nove anni che non c’era un giorno così. Nella primavera del 2005 – Silvio Berlusconi al governo – Paolo Scaroni, Fulvio Conti e Flavio Cattaneo furono indicati come amministratori delegati rispettivamente di Eni, Enel e Terna, Massimo Sarmi fu confermato alle Poste, mentre in Finmeccanica già regnava Pier Francesco Guarguaglini. Nelle due tornate successive quei nomi furono tutti confermati. Questa volta invece si cambia, lasceranno le loro poltrone tutti gli amministratori delegati e tutti i presidenti (salvo forse Gianni De Gennaro a Finmeccanica). Un cambio di verso potente per un bel pezzo dell’industria e dell’economia italiana e, soprattutto, un indicatore altrettanto potente del tipo di rapporto che il nuovo presidente del Consiglio ha o intende avere con il mondo dell’industria e della finanza e con i vecchi burattinai che in quel mondo, nella parte ex partecipazioni statali ma non solo, hanno fino a ieri dettato legge e oggi non si sa. Appunto: le scelte di Renzi saranno l’indicatore più rilevante per capire se i vecchi burattinai contano ancora e quanto, oppure no. E forse ci aiuteranno a capire anche se ce ne sono di nuovi che si stanno facendo le ossa. Per il presidente del Consiglio questa tornata di nomine, essendo la massima espressione del suo potere diretto, è anche la massima prova. Le riforme istituzionali e le scelte di politica economica ci possono dire qualcosa (non ancora abbastanza) dell’idea che ha dell’Italia, le nomine ci diranno tutto dell’idea che ha del potere, della sua autonomia nell’esercitarlo e se quell’eventuale autonomia è avventurista, come temono molti, dilettantesca, come sostengono altri, oppure solida e consapevole. È un potere caldo questo, pieno di implicazioni che vanno dalla politica energetica a quella estera a quella militare, che toccano interessi giganteschi e incrociano stati maggiori e servizi segreti, geopolitica e investimenti e posti di lavoro. Da lunedì sera avremo un strumento in più per capire: la lista dei nomi. Quanto al metodo ci sono alcune indicazioni. La prima è partita dal Senato, il 19 giugno dello scorso anno, con l’approvazione a larga maggioranza e con l’intesa della presidenza del Consiglio (allora Enrico Letta si era da poco insediato a Palazzo Chigi) di una direttiva che forniva al Ministero dell’Economia i criteri di eleggibilità e gli indirizzi da osservare nella procedura di selezione dei vertici delle società direttamente o indirettamente controllate. Quella direttiva, che fu subito fatta propria dall’allora ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni, prevede i requisiti di onorabilità e i casi di incompatibilità, nonché una procedura trasparente dei candidati, affidata al Dipartimento del Tesoro che avrebbe dovuto avvalersi della consulenza di reputate società di cacciatori di teste. Così è stato, sono state ingaggiate Spencer Stuart Italia e Korn Ferry International che hanno predisposto le loro liste nel rispetto dei requisiti indicati, compresi quelli di genere previsti per i consigli di amministrazione delle società quotate. La seconda indicazione è arrivata ancora una volta dal Senato, e specificamente dalla Commissione Industria, Commercio e Turismo presieduta da Massimo Mucchetti, che al termine di una indagine conoscitiva che ha previsto anche le audizioni degli amministratori delegati delle principali società, l’8 aprile, mercoledì scorso, ha approvato con una maggioranza trasversale e con l’assenso del governo, rappresentato per l’occasione dal vice-ministro dell’Economia Enrico Morando, una risoluzione che impegna il Governo a impostare su base meritocratica la formazione delle liste, a subordinare l’eventuale riconferma degli uscenti ai risultati fin qui conseguiti e comunque entro il limite di tre mandati, a scegliere presidenti indipendenti, a prevedere una riduzione degli emolumenti degli amministratori (legandoli anche all’aumento dei salari medi nelle aziende da loro guidate), a rispettare i requisiti di onorabilità. I tre mandati alle spalle escludono Conti, Scaroni, Sarmi e Cattaneo; per Scaroni, indagato, scattano anche i requisiti di onorabilità. La terza indicazione sul metodo la possiamo trarre dai meccanismi di formazione del governo. In quell’occasione Renzi decise i nomi dei ministri praticamente da solo insieme al Presidente della Repubblica e lasciò l’indicazione dei sottosegretari ai partiti della maggioranza. Se ne può dedurre che sceglierà da solo gli amministratori delegati, lasciando un po’ di spazio per i presidenti e mano libera ai partiti sui consiglieri di amministrazione (all’interno delle liste predisposte dai cacciatori di teste e rispettando i requisiti di professionalità). Il punto più difficile da chiarire è: quanto da solo? Avrà condiviso con Angelino Alfano, con Gianni Letta, con Pierferdinando Casini? Con Giorgio Napolitano? Ancora una volta le liste per le europee ci dicono qualcosa, ovvero che la scelta è stata imprevedibile e personale, ma ha tenuto conto degli equilibri interni del partito e dei suoi sistemi di potere. Scopriremo lunedì se lo schema sarà replicato anche in questa occasione. A questo punto i nomi che circolano hanno una base di probabilità ma nessuna certezza. Il totonomine dà in buona posizione Claudio Descalzi e Giampiero Massolo per l’Eni e Francesco Starace per l’Enel; vede sostanzialmente appaiati Domenico Arcuri e Giuseppe Giordo per Finmeccanica; Francesco Caio e Monica Mondardini per Poste o per Terna. Ipotesi. Qualcosa più di una ipotesi è il fatto che chiunque sia nominato guadagnerà meno dei suoi predecessori. E dovrà farsene una ragione, perché gli amministratori delegati che si apprestano a lasciare le loro poltrone potranno farlo a cuor leggero. Del potere certo sentiranno la mancanza, del denaro no di certo. Fulvio Conti nei suoi nove anni alla guida dell’Enel ha cumulato emolumenti di varia natura, compresi i diritti maturati e che incasserà con la sua uscita, pari a 34,9 milioni di euro, Paolo Scaroni nello stesso periodo oltre 45 milioni, Flavio Cattaneo 23,2 milioni. Alessandro Pansa, l’unico che perderà il suo posto dopo solo un anno da amministratore delegato, ha portato a casa “solo” 1,2 milioni, ovvero il suo stipendio da direttore generale, avendo rinunciato al compenso da amministratore delegato e ad ogni indennità per il ritiro delle deleghe. Il Senato non ha inserito nella sua indagine le Poste e quindi non sappiamo a quanto ammontino gli emolumenti complessivi di Massimo Sarmi per i suoi dodici anni (quattro mandati) al vertice della società. Nel complesso, dall’indagine della Commissione Industria del Senato emerge che in termini di ritorno totale per l’azionista (TSR, total shareholder return) sono andati meglio dei settori di riferimento Terna durante la gestione Cattaneo e Finmeccanica nell’anno di gestione Pansa. Hanno invece fatto peggio della media del loro settore Eni ed Enel. L’andamento in Borsa di Eni ed Enel: i due principali gruppi energetici del Paese rinnoveranno tutti i vertici fra pochissimi giorni.
Marco Panara, la Repubblica – Affari&Finanza 14/4/2014