Filippo Ceccarelli, la Repubblica 14/4/2014, 14 aprile 2014
LA SECOND LIFE DEL FEDELE BONAIUTI
È sempre brutto sentirsi esclusi, ma ancora più brutto è non capire bene il perché. Questo spiega forse lo stato d’animo di Paolo Bonaiuti, ma certo non rende credibile, né troppo decorosa la sua scelta di «dare una mano» — espressione d’approssimativa ambiguità — al Nuovo centrodestra di Angelino Alfano.
Meglio, molto meglio, per uno come lui, ostentare quella tipica sprezzatura da uomo di corte in difficoltà piuttosto che lasciarsi impelagare in un turbine di miserrime gelosie, stanze sottratte, scatoloni incustoditi in cortile e ripicche politiche, appunto. Che senso ha oltretutto imbarcarsi in una second life lontano dal mito che lui stesso, prima e meglio degli adulatori dell’ultima ora, ha contribuito a creare? Non s’invocherà qui la categoria tribale del tradimento; né quella, già più umana, dell’opportunismo. L’approdo al Ncd chiama in causa semmai quella del garbo, dell’eleganza e in fondo anche della simpatia con cui per quasi un ventennio quest’uomo di mondo e giornalista nemmeno troppo cinico ha riequilibrato gli sfoggi grossolani e alleggerito, talvolta ben oltre l’autosacrificio, le vistose gaffe del Cavaliere negli anni più intensi del suo potere. Il miglior Bonaiuti, in effetti, s’è potuto ammirare dopo le elezioni del 2001: pronto, disponibile, anche spiritoso, giusto un po’ dandy, ma quella figura nell’entourage allora mancava: le migliori cravatte, i più ameni ristoranti, ah, la cremolata di pistacchio del cavalier Matranga! — e subito la Rai ci faceva un servizio; e le più misteriose diete, le più efficaci ginnastiche, le più rimarchevoli vacanze nella cittadina più a sud del mondo, a Ushuiaie, sullo Stretto di Magellano, “telefonino irraggiungibile” sospirava Paolino — e magari era anche sincero. Ma quando ritornava, i giornalisti inseguivano l’onorevole sottosegretario Portavoce addirittura nei cessi di Montecitorio, “non posso crederci” raccontava lui a quelli che erano rimasti al loro posto. Mestiere complicato. E sarà pure stata una “decisione sofferta”, ma è incredibile anche solo pensare a Bonaiuti che si adatta a Schifani o a Quagliariello. Di Berlusconi ha detto cose che a ricordarle oggi ci si sente un po’ crudeli. Ma siccome esistono pur sempre gli archivi, vale giusto la pena ricordare che dopo averlo paragonato a Coppi e a John Wayne proclamò il suo signore: “un genio”. Insieme, del resto, funzionavano, specie sul piano visivo. Il Cavaliere parlante in primo piano e lui un passo indietro che annuiva estatico o, a seconda, scuoteva il capo sdegnosamente. “Il mio mentore” lo gratificava Berlusconi, o “il mio dittatore”, o “la suocera”, la gag è durata a lungo: “Non posso rispondere sennò Bonaiuti mi sgrida”, e allora tutti ridevano, il potere è fatto anche di queste smancerie, il punto dolente è che quando il loro ricordo comincia a ispirare qualche mesto imbarazzo in genere vuol dire che c’era in esse qualcosa di insano, o di troppo. Nel marzo del 2007, a un raduno di giovani, sempre per fare il simpatico, comunque disse il Cavaliere: “Bonaiuti mi sta sempre appiccicato, quindi sto pensando di sostituirlo con una bella donna”. Erano gli albori della fase priapesca e rovinosissima. Nell’autunno del 2011, ormai sul punto di abbandonare per sempre Palazzo Chigi, gli attribuirono: “Con quell’aria da becchino e quelle cravatte immettibili fa solo male alla mia immagine”. Non era vero, ma nel potere la verità è poco più di un optional — e Bonaiuti sa benissimo che anche nell’Ncd ce n’è pochissima.
Filippo Ceccarelli, la Repubblica 14/4/2014