Nicola Pinna, La Stampa 14/4/2014, 14 aprile 2014
IL GIALLO DEL CIMITERO DELL’ANONIMA SARDA
Il fantasma dell’Anonima ricompare sempre da sottoterra. Dalle grotte del Supramonte e dagli anfratti irraggiungibili, nel cuore della Barbagia. I segreti dei sequestratori sono nascosti qui, in luoghi inesplorati come i monti di Orgosolo, dove nascono i fiumi e si arrampicano soltanto i mufloni. Un altro cimitero dei rapiti lo hanno scoperto qualche giorno fa gli agenti del Corpo Forestale di Nuoro, perlustrando a piedi il corso del Rio Flumineddu.
All’improvviso sono entrati in una grotta sconosciuta e hanno notato tre scheletri in condizioni quasi perfette. A prima vista non sembrano reperti archeologici e ad avvalorare l’ipotesi che siano i resti di alcuni sequestrati c’è un dettaglio non poco importante: in uno dei teschi ritrovati tra i cespugli c’è il foro lasciato da un proiettile.
Per la procura di Nuoro ci sono tutti gli indizi sufficienti per avviare un’inchiesta, secretare gli atti e ordinare l’analisi del Dna su tutte le ossa emerse inaspettatamente dal sottosuolo. Verificare a chi appartengano non sarà facile, anche perché di ostaggi spariti nel nulla c’è una lunga lista: negli ultimi decenni se ne contano trentadue, sempre che quegli scheletri non fossero nascosti tra i boschi di Orgosolo addirittura da molto prima. I magistrati non escludono alcuna ipotesi, e intendono arrivare presto alla soluzione del giallo.
Nel frattempo le famiglie ricominciano a sperare: in Sardegna c’è qualche figlio che attende da cinquant’anni di seppellire il padre portato via dai banditi.
La grotta dei misteri, nel paese di Graziano Mesina, quasi certamente l’ha scoperchiata la furia dell’acqua. È probabile, sostengono i forestali, che la tomba dei rapiti sia stata aperta dal Rio Flumineddu in piena nei giorni dell’alluvione. Prima, tutt’intorno, c’erano terra e cespugli ma nei giorni scorsi si è scoperto che in mezzo alle rocce, sotto il fango, erano nascosti i resti di tre persone. Se fossero uomini o donne è troppo presto per dirlo, ma il medico legale incaricato dalla procura potrà aiutare gli investigatori a capire anche qualche dettaglio in più. A partire dal periodo della morte e anche l’età.
Gli scheletri recuperati finora, comunque, non sono serviti a chiarire i tanti misteri che si tramandano dagli anni terribili dei sequestri. Uno dei ritrovamenti più recenti risale al febbraio del 2012: nelle campagne di Florinas, in provincia di Sassari, i militari della stazione del paese avevano raccolto un centinaio di ossa (senza teschio) all’interno di un grotta. Quei resti umani, secondo il medico legale, erano li da almeno trent’anni e i pensieri si erano subito concentrati sulla storia di Giuseppe Secchi, un operaio di Ossi giovane ma non ricco, rapito e sacrificato nel 1994 perché una banda di sequestratori aveva bisogno del lobo di un orecchio da spedire ai familiari di Paoletto Ruiu, un farmacista catturato a Orune nel 1993.
Il metodo dell’orecchio, usato anche con il piccolo Farouk Kassam, era stato ideato dall’Anonima per far avere ai parenti la prova in vita dell’ostaggio e costringerli a pagare il riscatto. Così venne fatto anche con la famiglia del farmacista, nonostante lui probabilmente fosse già stato giustiziato.
Altri resti umani, a settembre 2011, erano saltati fuori dalla scogliera di Capo Mannu, nell’Oristanese. Di fronte alle onde preferite dai surfisti di mezzo mondo, qualcuno aveva fatto ritrovare un mucchio di ossa che potevano appartenere a un uomo adulto ucciso da almeno vent’anni. In questo caso si era ripensato al deputato di Oristano Pietro Riccio, rapito nel 1975, e al possidente don Efisio Carta, barone degli stagni di Cabras, finito nelle mani dei banditi nel ‘78 e mai tornato a casa.
Più volte, ma sempre invano, si è sperato di ritrovare i resti di Vanna Licheri, un’imprenditrice agricola di Abbasanta catturata nel 1995 da un commando che è finito sotto processo ma che non ha mai fatto ritrovare il suo corpo.
Per gli scheletri recuperati a Orgosolo, ora, sarà necessario fare le comparazioni genetiche con i parenti di almeno cinquanta ostaggi giustiziati chissà quando e sepolti chissà dove.
Nicola Pinna, La Stampa 14/4/2014