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 2014  aprile 12 Sabato calendario

IL CDA SORGENIA APRE AL PIANO BANCHE


Il cda di Sorgenia ha esaminato a fondo la proposta delle banche e dato mandato al presidente a amministratore delegato Andrea Mangoni per discutere e negoziare con gli istituti di credito alcuni aspetti dell’ipotesi lavoro ricevuta una settimana fa. Sebbene non abbia dunque preso alcuna decisione definitiva, il consiglio ha così mosso il primo passo formale verso un nuovo scenario, che potrebbe vedere gli attuali azionisti, Cir e Verbund, uscire di scena e le banche creditrici rilevare l’intero capitale del gruppo energetico. La tabella di marcia, a questo punto, prevede un confronto serrato tra Mangoni e gli istituti nei prossimi giorni con un nuovo cda (ancora non fissato, ma probabilmente già settimana prossima) che, qualora venisse raggiunta una quadra complessiva sulla ristrutturazione del debito da 1,9 miliardi, sarà chiamato al via libera finale, che se non ci saranno particolari intoppi potrebbe anche arrivare a ridosso di Pasqua. A quel punto, servirà l’ok unanime dell’assemblea dei soci, per la cui convocazione servono due settimane; calendario alla mano, Cir ha spostato il cda sui conti al 28 aprile, giorno in cui teoricamente potrebbe anche essere esaminto il dossier Sorgenia. Al proposito, va precisato che la riunione di ieri non ha trattato gli aspetti legati alla conversione del debito e alle sue tecnicalità, perché di fatto sono un tema dei soci, i quali appunto si esprimeranno, a tempo debito, in assemblea. In teoria, dunque, potrebbe esserci ancora il tempo utile, per un negoziato tra Cir e le banche, eventualità che tuttavia appare alquanto improbabile.
PRESTITI E LIQUIDITÀ
Il cda di Sorgenia ha analizzato a tutti gli elementi della proposta che avevano una attinenza più diretta alla continuità aziendale e alle prospettive dei prossimi anni se davvero fosse implementata l’ipotesi di lavoro delle banche. Mangoni, in particolare, sarà ora chiamato ad approfondire due punti. In primo luogo il tema dei nuovi finanziamenti e delle condizioni a cui saranno concessi e in secondo luogo, aspetto più rilevante, quello della liquidità. Il cda avrebbe infatti evidenziato come la proposta iniziale di Sorgenia prevedeva un aumento di capitale da 190 milioni con un apporto di denaro fresco da parte di Cir di 100 milioni, mentre quella delle banche prevede sì una ricapitalizzazione più corposa (400 milioni), ma tutta legata alla conversione del debito, anche se è vero che da subito verrò erogata nuova finanza, sotto forma di linee di credito e garanzie, per 256 milioni. Inoltre, il nuovo piano industriale evidenziava un debito in eccesso per 600 milioni, mentre l’emissione di un convertendo da 200 milioni a 10 anni riduce le passività, di fatto, solo per 400 milioni.
LA «NUOVA» SORGENIA
Un debito ristrutturato e quasi dimezzato poco sotto 1 miliardo e un business rifocalizzato sulla generazione elettrica e sul mercato corporate, ma al tempo stesso uno scenario di medio periodo in cui sarà quasi inevitabile l’aggregazione con un big dell’energia. Quella che nelle prossime settimane potrebbe diventare, a tutti gli effetti, la nuova Sorgenia in mano alle banche potrebbe essere una società diversa da oggi, con prospettive di redditività più elevate, ovviamente garantite dal consistente abbattimento del debito e dal taglio dei costi. Ciò spiegherebbe anche perché gli istituti, dopo una lunga fase di dibattito e analisi, avrebbero infine deciso di formulare un’ipotesi di lavoro per rilevare la società senza Cir. Del resto, il piano industriale illustrato a dicembre dall’ad e presidente Andrea Mangoni, su cui il ceto bancario ha espresso più di una parola di apprezzamento, prevederebbe il break even già a partire dall’anno prossimo, senza tenere conto dell’eventuale capacity payment (la remunerazione per gli impianti a gas più flessibili, quali i quattro di Sorgenia) attualmente allo studio del Governo. Senza contare che, nell’arco del nuovo piano industriale, il gruppo potrà anche usufruire della recente rinegoziazione del contratto di fornitura gas con Eni.
L’abbattimento del debito, previsto dal business plan, avverrebbe sia attraverso la conversione di 600 milioni di passività in equity (anche se in realtà saranno 400 milioni, perché sui restanti 200 si farà un convertendo) sia con le dismissioni previste, a partire da Sorgenia Green. Non sorprende dunque che i primi sei istituti creditori (Mps, UniCredit, Intesa, Banco Popolare, Bpm e Ubi) avrebbero già approvato il pacchetto di nuova finanza insieme a Portigon, Commerzbank, Carige e Cdp: cosa che garantirà loro una conversione più favorevole del debito. Certo, la prospettiva di medio periodo è sicuramente l’uscita delle banche dal capitale: se il 51% dei nuovi soci troverà un acquirente e deciderà di vendere, gli altri saranno costretti a farlo. Al proposito, sul mercato italiano non ci sono tanti operatori con le spalle larghe per un operazione simile. Forse soltanto la Edison, che tuttavia potrebbe essere più interessata agli asset messi in vendita da E.On.

Cheo Condina, Il Sole 24 Ore 12/4/2014