Sergio Romano, Corriere della Sera 14/4/2014, 14 aprile 2014
L’INDIPENDENZA ENERGETICA LE REGOLE PER NON FARSI RICATTARE
In questi giorni il presidente Usa Obama ha dichiarato che può fornire lo shale gas all’Unione Europea in sostituzione di quello fornito dalla Russia. Le pare plausibile che gli Usa possano sostituire la Russia come fornitore di gas? E se sì, perché prima non è stato mai fatto niente? Pare che per questo gas servano i rigassificatori di cui noi siamo sprovvisti, inoltre siamo coinvolti con la Russia nel progetto del nuovo gasdotto South Stream che non passerà per L’Ucraina.
Pierangelo Bonazzoli
Caro Bonazzoli,
Per l’esportazione di gas d’argilla dagli Stati Uniti occorrono impianti di liquefazione sulle coste americane dell’Atlantico e impianti di rigassificazione sulle coste europee. Sino alla vigilia delle dichiarazioni di Obama ricordate nella sua lettera, sembrava che le autorità degli Stati Uniti fossero consapevoli delle difficoltà e comunque inclini a conservare il gas, almeno per ora, sul territorio nazionale. La situazione, comunque, resta fluida. In Europa, con qualche eccezione, vi è ancora incertezza e molti Paesi non hanno ancora deciso se intraprendere ricerche nel loro sottosuolo. La Gran Bretagna è tra quelli che si sono già messi al lavoro, ma la Francia ha approvato una legge che vieta formalmente il fracking (frantumazione delle rocce scistose con una forte immissione di acqua e altri liquidi). Arriverà forse il giorno in cui l’America diventerà nuovamente esportatrice di energia da idrocarburi, come fu per molto tempo in passato, ma la dichiarazione di Obama durante il suo viaggio in Europa è un messaggio politico indirizzato agli europei e principalmente a tedeschi e italiani: non comportatevi come se la vostra economia dipendesse dal gas russo, non dimenticate che esistono altre fonti a cui potrete fare ricorso senza compromettere la vostra indipendenza politica.
Risponderei a questo messaggio che il problema della dipendenza dalla Russia è stato utilizzato, soprattutto dopo la crisi ucraina e l’annessione della Crimea, in modo politicamente grossolano. È costretto a dipendere dal fornitore, indubbiamente, il piccolo Paese che non ha nulla da dare se non il proprio denaro. Ma l’Unione europea, se la Russia vuole modernizzarsi e diversificare la propria economia, è il suo partner indispensabile. Compriamo gas e petrolio dalla Russia perché il fornitore è relativamente vicino e abbiamo costruito, o stiamo costruendo, le infrastrutture necessarie al trasporto. Ma abbiamo altri motivi non meno importanti. Vogliamo che la Russia diventi una grande potenza economica e abbia un crescente bisogno delle nostre tecnologie, dei nostri investimenti e delle nostre esperienze. Per una Europa che ha bisogno di nuovi mercati la Russia è un partner ideale. I suoi centri dirigenti sono vicini, il suo immenso territorio contiene risorse naturali poco sfruttate, il suo mercato interno ha grandi appetiti insoddisfatti. Le società europee che lavorano in Russia lo sanno e il malessere ucraino non sembra avere modificato i loro programmi di lavoro. Qualche giorno fa abbiamo appreso che Total, la grande azienda petrolifera francese, sta discutendo con Lukoi, la maggiore azienda privata russa nel campo energetico, la possibilità di una impresa congiunta per lo sfruttamento del gas d’argilla nel territorio russo.
Se l’accordo sarà concluso e darà i suoi frutti, sarà più facile importarlo dalla Russia che dagli Stati Uniti.
Naturalmente esiste un’altra condizione, non meno importante. Occorre che l’Unione europea abbia una politica energetica, unifichi la rete dei gasdotti e degli oleodotti. Quanto più uniti saremo, tanto meno saremo ricattabili da Est e da Ovest.