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 2014  aprile 13 Domenica calendario

BERETTA SPARA ALLA RECESSIONE CON LE NUOVE ARMI SU MISURA


Beretta è conosciuta in tutto il mondo. Tanto per le canne di archibugio vendute nel 1526 da Maestro Bartolomeo alla Repubblica di Venezia, quanto per le pistole 92 volute dall’ esercito Usa. Negli ultimi anni mentre l’Occidente si è trovato immerso in una crisi economica e sociale, i vertici dell’azienda (a partire dal 2007) hanno pensato di spingere il piede sull’acceleratore degli investimenti. Hanno avviato nella sede di Gardone Val Trompia, che occupa circa 950 persone, ciò che in gergo tecnico si chiama re-layout. Il sito produttivo è stato rivoltato come un guanto e riconfigurato secondo modelli di ottimizzazione. Il progetto è costato tra i 6 e gli 8 milioni di euro per ogni anno. «Il mercato dell’arma», spiega a Libero Carlo Ferlito direttore generale di Beretta,«rispetto ai decenni passati ha una grande volatilità per cui è stato fondamentale riorganizzare il lavoro in termini di magazzino e linee produttive. La risposta alla domanda del mercato ora deve essere praticamente immediata». Adesso l’impianto bresciano vanta una sculturatrice a 5 assi in grado di incidere il metallo delle bascule anche sulle superfici smussate e un apparecchio che fa la Tac a tutte le parti d’arma che necessitano il massimo della garanzia strutturale. Due unicità a livello mondiale. A maggio poi verrà installato l’ultimo macchinario e il re-layout sarà terminato. A quel punto si avvicinerà il periodo della semestrale e potrebbe essere confermato il dato positivo del primo trimestre 2014. Nel resto del mondo il gruppo ha continuato a crescere, l’Italia in questi anni è andata in contrazione. Ora invece nel nostro Paese c’è un’inversione di tendenza. «Non basta un trimestre per trarre conclusioni, però i segnali sono positivi», prosegue Ferlito. «Per noi il mercato italiano è composto in gran parte da liberi professionisti e dal cosiddetto mondo delle partite Iva. I più colpiti dalla crisi. Tra le prime spese che si abbandonano ci sono infatti quelle per le armi da caccia o sportive. Se adesso si torna a spendere per queste passioni vuol dire che si è ottimisti. Certo un cambio di passo servirebbe ad aiutare il mercato». Per i vertici di Beretta il Paese avrebbe bisogno di una ricetta nuova. Non più solo fiere campionarie come
un tempo, ma spazi e momenti associativi dedicati a chi pratica gli sport con le armi e l’attività venatoria. Aiuterebbero a capire che caccia e ambientalismo stanno sullo stesso piano. «Ma ciò che più frena il mercato è la
delle armi. Che cosa si può eliminare?
«Non si tratta di eliminare nulla. L’Italia dal punto di vista normativo era già all’avanguardia, tant’è che le recenti regole europee si sono mosse in parallelo. Il vero problema è per chi fa il nostro lavoro la sovra-produzione di norme e regole che non aggiungono nulla alla sicurezza. In più l’incertezza è un costo. Le faccio due esempi. Lo scorso anno alle norme italiane sono subentrate quelle europee. Il 29 agosto siamo stati informati con un solo giorno di anticipo del cambio della modulistica con l’aggravante della retroattività. Abbiamo dovuto rifare tutte le pratiche dell’export e siamo rimasti fermi tre mesi».
Il secondo esempio?
«Riguarda i permessi di transito voluti dalla Ue. Se una spedizione di armi parte in aereo da Milano e il volo fa scalo in Europa non serve alcun permesso aggiuntivo. Se invece fa scalo in una nazione extra Ue, Bruxelles chiede il documento. Cosa non prevista dalle autorità locali. Così la Ue ha inserito la possibilità del silenzio assenso previa attesa di 20 giorni. Quasi tutte le nazioni, non conoscendo la procedura rispondono che la richiesta è
in esame; questo ovviamente non rappresenta una forma di silenzio assenso e la procedura si blocca».
Come fate a tramandare le conoscenze artigiane?
«Abbiamo al nostro interno una scuola di incisione. C’è un maestro (è figlio di un maestro incisore) che si occupa per cinque anni della formazione del personale. Si tratta di una bottega incisoria come quella dei secoli scorsi con la differenza che con l’apertura dei mercati alla Russia e all’Asia i gusti sono molto cambiati. Per quanto riguarda l’assemblaggio dei nostri prodotti abbiamo coniugato, da un lato, le potenzialità industriali fornite dalla tecnologia militare con la tradizione artigianale, dall’altro. Inoltre per i prodotti di gamma top la manualità -il soft skill della Val Trompia resta fondamentale».
Che tecnologie state sviluppando?
«In collaborazione con l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare abbiamo lanciato un progetto chiamato Cromo Zero. Il nostro obiettivo è trovare un sostituto del cromo esavalente per eliminare quest’ultimo dalla produzione. Inoltre con l’università di Firenze stiamo studiando un sistema di abbattimento attivo del rumore. Quando si spara, un apparecchio emette un’onda opposta che azzera di fatto il suono del colpo. Le applicazioni che ne deriverebbero non sarebbero limitate alle armi. Basti pensare ai rubinetti senza cromo».
Quanto investite in ricerca?
«Il gruppo investe circa 25 milioni di euro all’anno (il 5% del fatturato), di questi 15 riguardano le attività della sede di Gardone. A ciò in questo momento bisogna aggiungere i 43 milioni di dollari destinati al nuovo sito produttivo in Tennessee».