Dagospia 14/4/2014, 14 aprile 2014
1. L’AMORALE DELLE NOMINE RENZIANE? PARTITI E POTERI FORTI NON CONTANO UN CAZZO
Francesco Bonazzi per Dagospia
MATTEO RENZI IN CONFERENZA STAMPA A PALAZZO CHIGI FOTO LAPRESSEMATTEO RENZI IN CONFERENZA STAMPA A PALAZZO CHIGI FOTO LAPRESSE
C’erano una volta le Partecipazioni statali, intese come ministero, e i partiti. Oggi che il Rottam’attore fa le prime nomine si può dire che le partecipazioni ci sono sempre, ma i partiti non ci sono più. O meglio, non contano quasi più un tubo.
NARDELLA RENZI CARRAINARDELLA RENZI CARRAI
Un aneddoto di questi giorni scorsi spiega i nuovi rapporti di forza. Anzi, di debolezza. Il ministro Angelino Alfano, segretario del secondo partito di maggioranza, chiede al premier che idee ha per le varie Eni, Enel e Finmeccanica. Renzie fa il vago, anche in buona fede, perché è vero che sarà deciso tutto all’ultimo, e poi se ne esce con una delle sue trovate: "Hai mica una donna da indicare?". Angelino resta basito e poi racconterà a qualche fedelissimo: "Capito come si procede? E che facciamo, trasformiamo qualche uomo di area nostra in donna?"
orenzo Guerini Debora Serracchiani Luca Lotti Maria Elena Boschi b b adb c f a b ba MGzoomorenzo Guerini Debora Serracchiani Luca Lotti Maria Elena Boschi b b adb c f a b ba MGzoom
Il problema però non è portare qualche aspirante boiardo a Casablanca. Il problema è che Ncd non aveva e non ha una rosa di "papabili". E non ce l’avevano Sciolta civica, e neppure i centristi e, naturalmente, neppure il Pd.
Una volta c’erano l’Iri, i ministeri competenti, i vertici di pentapartito, le rose con i papabili, quelli con l’appoggio della massoneria, dell’Opus Dei o di tutte due. Era la lottizzazione: teoria in parte democratica e pratica spesso più che squallida. Poi sono arrivati i governi tecnici e allora contavano solo cappucci, cardinali e lobby varie.
RENZI E DELRIORENZI E DELRIO
Poi è arrivato Berlusconi, che non gliene fregava niente se non dei cavoli suoi e delegava tutto a Gianni Letta e Gigi Bisignani, con i boiardi abili a saltellare da un D’Alema a un Fini, perché comunque gli altri partiti ancora c’erano. E comunque c’era la lobby di Letta, con Mastrapasqua dell’Inps come campione insuperabile.
Adesso siamo all’apoteosi finale del leaderismo. Il capo dice "donna" e donne siano. Il capo è di Firenze, e fiorentini siano. Il capo è giovane, e allora fanculo ai vecchi (con l’eccezione di chi può ricattare). Il capo vuole gente di cui fidarsi, e allora tanti saluti alle lobby e tutti in fila per incontrare i suoi uomini di fiducia, siano un Lotti o un Carrai.
FONZIE RENZIE E RICHIE CUNNINGHAM LOTTIFONZIE RENZIE E RICHIE CUNNINGHAM LOTTI
I partiti che non piazzano i loro uomini ai vertici delle aziende di Stato non sono né più brutti né più belli. Sono partiti che non contano più nulla. E’ questa, a poche ore dall’ufficializzazione delle nomine, la vera lezione di questi tempi. Con i partiti si perde solo tempo.
2. MANAGER, OPERAZIONE AZZERAMENTO - DA ENI A TERNA, SCATTA IL RICAMBIO
Sergio Rizzo per ‘Il Corriere della Sera’
Oggi è dunque il giorno della verità. Le nomine nelle grandi aziende pubbliche rappresentano il primo atto concreto, dalle conseguenze immediatamente percepibili, del governo di Matteo Renzi. Un atto estremamente significativo fin dalle premesse, considerando le voci che hanno messo subito in relazione la caduta dell’esecutivo di Enrico Letta e il repentino arrivo dell’ex sindaco di Firenze a Palazzo Chigi con la delicatissima partita dei rinnovi ai vertici delle holding di Stato. Per settimane i giornali sono stati impegnati nella girandola dei nomi, spesso fatti circolare da qualche diretto interessato.
7 pap11 vittorio colao7 pap11 vittorio colao
Finché non è rimasto che attendere i comunicati ufficiali: soltanto quelli potranno dare la reale portata delle innovazioni promesse. E’ da almeno un decennio che di fatto le maggiori imprese dove lo Stato è ancora azionista di riferimento non sperimentano un autentico ricambio. Non nei nomi, tantomeno nell’anagrafe.
Flavio CattaneoFlavio Cattaneo
Con l’eccezione del cinquantenne amministratore delegato di Terna, Flavio Cattaneo, i capi esecutivi delle holding con i vertici in scadenza hanno superato i 65 anni di età: un limite che negli Stati Uniti, patria del mercato, non consentirebbe l’assunzione di incarichi operativi. E tutti hanno completato almeno tre mandati triennali. Tetto non formalizzato in alcuna regola scritta, ma assunto politicamente come il massimo di permanenza in carica tanto in sede di commissione Attività produttive del Senato quanto dallo stesso governo.
L’unico che non ha ancora raggiunto nove anni di mandato ed è, al pari di Cattaneo, appena cinquantenne, è l’amministratore delegato della Finmeccanica Alessandro Pansa. Ma per quanto sia stato promosso soltanto nel 2013 non è certo uno passato di lì per caso: da anni è uno dei dirigenti di grado più elevato della holding delle industrie militari, fin dai tempi in cui il dominus rispondeva al nome di Pier Francesco Guarguaglini.
Candidature per le loro poltrone ne sono circolate fin troppe sulla stampa e sui giornali online.
MATTEO RENZI CON MOGLIE E BAMBINI SULLO SFONDO LUCA LOTTIMATTEO RENZI CON MOGLIE E BAMBINI SULLO SFONDO LUCA LOTTI
Da quelle interne, come il direttore generale dell’Eni Claudio Descalzi (ma si è fatto anche il nome di Stefano Cao) a rilevare Paolo Scaroni, o come l’amministratore delegato di Greenpower Francesco Starace al posto del capo dell’Enel Fulvio Conti, oppure il manager della società missilistica Mbda in sostituzione di Pansa in Finmeccanica.
A quelle esterne: il timoniere di Gdf Suez Italia Aldo Chiarini, l’amministratore delegato di Sorgenia (gruppo De Benedetti) ex Acea Andrea Mangoni, il responsabile dell’agenda digitale Francesco Caio, il consigliere delegato della Cir e del gruppo Espresso, Monica Mondardini, la diplomatica Elisabetta Belloni, perfino l’ex presidente della Confindustria Emma Marcegaglia e l’ex ministro della Giustizia Paola Severino. Per arrivare a ipotizzare arditi scambi di corsia, quale il trasferimento di Mauro Moretti dalle Ferrovie alla Finmeccanica, e la sua contestuale sostituzione con il capo di Invitalia Domenico Arcuri.
Al momento in cui questo giornale va in stampa, restano da sciogliere ancora alcuni nodi. Il più intricato dei quali, a quanto pare, sarebbe quello dell’Enel. Dando tuttavia per scontato, come lo stesso governo in Parlamento ha dato a intendere, che tutti i vecchi amministratori con almeno tre mandati alle spalle lascino il loro posto (Scaroni, Conti, Cattaneo e Massimo Sarmi delle Poste) restano da valutarne gli strascichi eventuali. Innanzitutto le buonuscite.
pansa alessandropansa alessandro
Gli importi non sono esattamente modesti, grazie anche al contributo dell’inquadramento aziendale di alcuni di questi manager. Si dà infatti il caso che all’incarico di amministratore delegato, per cui è prevista la scadenza triennale, sia ormai accoppiato in conseguenza di una tacita regola mai scritta anche quello di dirigente a tempo indeterminato: con un contratto di lavoro ovviamente rescindibile ma che si porta dietro una serie di non trascurabili garanzie economiche.
Il settimanale l’«Espresso» ha quindi calcolato che se la buonuscita di Conti dall’Enel dovrebbe ammontare a 6,4 milioni, quella di Scaroni dall’Eni non potrebbe essere inferiore a 8,3 milioni. Sommando a queste cifre le altre liquidazioni, si potrebbero superare di slancio lo strabiliante ammontare di 25 milioni di euro. Cifre stabilite contrattualmente, sia ben chiaro. Che però fanno una certa impressione anche alla luce della decisione di chiedere alle assemblee dei soci di mettere una seria limitazioni ai compensi dei successori, che secondo il governo non dovrebbero eccedere i 400 mila euro.
claudio descalziclaudio descalzi
C’è da dire che almeno nel caso dell’Enel ci sarebbe una via d’uscita. Anche se, a dire il vero, difficilmente proponibile. Parliamo di quella clausola contrattuale, già segnalata ieri, secondo cui il governo dovrebbe garantire a Conti in alternativa alla buonuscita la ricollocazione in una posizione almeno equivalente a quella di amministratore delegato del grande gruppo energetico.
3. DELRIO: ‘NOMINE, NOI PUNTIAMO ALLA PARITÀ UOMINI-DONNE’
Goffredo De Marchis per ‘La Repubblica’
Con le nomine delle grandi aziende pubbliche il governo si propone «una rivoluzione culturale» attraverso la promozione di manager uomini e donne in egual misura. «Una sostanziale parità di genere - annuncia il sottosegretario a Palazzo Chigi Graziano Delrio - per colmare un ritardo dell’Italia che è di almeno 30 anni». Oggi Matteo Renzi sceglierà i vertici di Eni, Enel, Finmeccanica e Poste. Ma questa è anche la settimana del decreto sul taglio dell’Irpef, gli 80 euro in busta paga da maggio, con le relative coperture.
Fulvio Conti e Paolo ScaroniimageFulvio Conti e Paolo Scaroniimage
«Taglieremo gli incentivi ai settori improduttivi dice Delrio - e faremo anche un intervento sulla sanità. Le Regioni più efficienti non hanno nulla da temere dalla spending review. Le altri sì. Con loro useremo il bisturi perché l’inefficienza di qualcuno non può essere pagata da tutti gli italiani».
Alla minoranza che prepara la battaglia contro l’Italicum, il sottosegretario risponde: «E’ giusto discutere, ma non ripetiamo gli stessi errori che abbiamo commesso ai tempi di Prodi e dell’Ulivo. Non è vero che il Pd può fare da solo. In questo modo il centrodestra ci consegnò il Porcellum, una norma incostituzionale che abbiamo usato per otto anni. Il dialogo con l’opposizione è indispensabile».
Francesco Starace ad Enel Green PowerFrancesco Starace ad Enel Green Power
Oggi è il giorno delle nomine. Siete pronti o ci sarà un rinvio?
«Siamo pronti per Enel, Eni e Finmeccanica i cui vertici scadono adesso. Renzi vuole fare anche le Poste, per dare il segnale di un governo che affronta subito i nodi».
Fra i criteri per il cambio dei manager c’è anche quello del rinnovamento totale?
«Queste aziende producono utili, lavoro e alcune fanno politiche energetiche. Sono fra le più importanti del Paese. Le scelte devono essere improntate a una vera e seria competenza».
aldo chiarinialdo chiarini
E il ricambio? E le donne che finalmente scalano i vertici?
«Il desiderio è quello di proporre volti nuovi, ma ciò che cerchiamo di fare non è la rottamazione generazionale. È piuttosto una rivoluzione culturale. Per questo, sì, è vero che puntiamo a promuovere le donne, fino ad arrivare a una sostanziale parità di genere nelle nomine. Lo facciamo per colmare un ritardo italiano che è di almeno 30 anni rispetto ad altri Paesi. Così com’è successo con la scelta di 8 donne ministro. Una sostanziale parità farebbe avanzare l’Italia nella concretezza molto più di tanti proclami ».
Monica Mondardini Ezio Mauro Nicoletta Braschi Roberto BenigniMonica Mondardini Ezio Mauro Nicoletta Braschi Roberto Benigni
Al momento della formazione dell’esecutivo, Renzi ricevette alcuni no. Stavolta?
«C’è stata una ricerca delle migliori intelligenze. Renzi da tempo ascolta tantissime persone eccellenti. Vogliamo dirigenti capaci e che siano orgogliosi di guidare aziende che sono un patrimonio dell’Italia. Come accade in Francia».
E i no?
«Sono stati pochissimi. Più che altro erano dei "sì ma", dei "vorrei ma non posso"».
Vittorio Colao, amministratore delegato di Vodafone?
«Al di là di Colao, i rifiuti non ci sono quasi stati. Del resto, un manager fa più volentieri l’ad di una grande azienda pubblica anziché il ministro o il parlamentare. È una situazione oggettivamente diversa».
elisabetta belloni gianfranco finielisabetta belloni gianfranco fini
Nelle società quotate in Borsa girano stipendi 10 o 20 volte superiori a quelli che avete fissato per la Pubblica amministrazione. Taglierete anche lì?
«Sono società che stanno sul mercato. Ma esiste la direttiva Saccomani. È seria e impegnativa.Prevede un intervento molto robusto: una diminuzione del 25 per cento rispetto agli emolumenti dei precedenti amministratori».
Si parla di un passaggio di Mauro Moretti dalle Ferrovie a Finmeccanica. Non è un favore a Italo, il concorrente di Trenitalia, che ha chiesto la testa dell’ad?
«Non parlo di nomi neanche sotto tortura. Ma non ci facciamo influenzare da nessun tipo di concorrenti. Con tutto il rispetto per chi esprime certi giudizi, se per caso dovesse realizzarsi una simile ipotesi non succederebbe perché qualcuno ha chiesto la testa di qualcun altro».
Paola Severino con il marito Paolo di Benedetto e Daniela MemmoPaola Severino con il marito Paolo di Benedetto e Daniela Memmo
Ce la farete a varare il decreto che taglia l’Irpef, i famosi 80 euro in busta paga, questa settimana?
«Sicuro».
Quindi è il momento in cui i 4,5 miliardi di spending review prenderanno corpo. Sono previsti tagli agli incentivi?
«Nel senso di quei settori che supportiamo in maniera inutile, ovvero dei settori parassitari, la risposta è sì. Ma noi miriamo a una spending che sia vera, cioè via i soldi a comparti totalmente improduttivi, ma niente tagli lineari a settori strategici o che servono all’economia italiana.
EMMA MARCEGAGLIA A BAGNAIAEMMA MARCEGAGLIA A BAGNAIA
Fare un serio risparmio sulla spesa pubblica sarà una grande fatica collettiva e tutti devono comprendere che ogni euro dello Stato speso male è un euro in meno che entra nelle tasche degli italiani. Saremo maniacali nel cercare questi sprechi. E non ci piegheremo ad alcun interesse di parte. Le lobby sono avvertite ».
mauro moretti foto mezzelani gmtmauro moretti foto mezzelani gmt
Ma la sforbiciata su beni e servizi tocca i cittadini, non le lobby.
«Se dico taglio i beni e servizi, dalla sanità alla scuola, non voglio dire che tolgo la carta igienica ai bambini o che non compro un ecografo alla Asl. Sto parlando invece di Regioni, enti locali e Stato che hanno contratti di servizio da rivedere. Fino ad oggi il pubblico pagava a 380 giorni e il fornitore in pratica metteva una sovrattassa sul prezzo per compensare il ritardo.
Noi adesso garantiamo il pagamento in 60-70 giorni, ma le aziende fornitrici firmeranno un nuovo patto con lo Stato rinegoziando le tariffe. Su 60-70 miliardi di forniture complessive, ci sono spazi dell’1 o 2 per cento di risparmi. Ossia, 1,4 miliardi. È più faticoso dei tagli lineari ma dobbiamo farlo».
Taglierete il trasporto pubblico?
«È un settore non all’altezza di un grande Paese. Per questo, si può fare molto di più di una riduzione degli incentivi su benzina e biglietti. Lo sforzo principale è che le aziende si aggreghino, trovino partner privati e rispettino costi standard che abbiamo già individuato».
DOMENICO ARCURI INVITALIADOMENICO ARCURI INVITALIA
Spariranno gli incentivi all’autotrasporto?
«Il tema è molto delicato. Per certi settori in difficoltà bisogna fare un discorso complessivo».
Si parla di un taglio nella sanità di 1 o 2 miliardi. C’è una bella differenza.
«Abbiamo concluso l’analisi dei costi standard e si prevedono diversi miliardi di risparmio. Il ministro Lorenzin sta scrivendo il nuovo Patto della Salute e i risultati si
avranno anche nel breve periodo».
graizano delriograizano delrio
Serviranno anche per gli 80 euro?
«Sì. La mia idea è che le Regioni dovrebbero essere orgogliose di rimettere i soldi in tasca ai loro cittadini riducendo le addizionali Irpef. Ne avranno un vantaggio politico. La maggiore efficienza si tradurrà in 1,5 miliardi di tagli nel 2015. Sono tagli non al sistema sanitario ma realizzati con il recupero di funzionalità.
Le Regioni che sono già efficienti non devono temere nulla dalla spending. Le altre sì. Con loro useremo il bisturi, per restare in argomento. Non possiamo rimanere con settori della Pubblica amministrazione dove si pensa che la propria inefficienza verrà comunque pagata da altri. E le Regioni che faranno più progressi avranno l’impegno dello Stato ad aumentare i fondi comunitari per gli investimenti».
Enrico Letta Graziano DelrioEnrico Letta Graziano Delrio
La minoranza del Pd annuncia battaglia sulle riforme e soprattutto sulla legge elettorale. È finita la tregua?
«Esistono opinioni differenti. La sinistra però ha perso le sue sfide per dividersi e guardarsi l’ombelico. Io ricordo la lezione dei grandi socialisti italiani come Camillo Prampolini: uniti si è tutto, divisi si è nulla. È giusto discutere, è folle riportare indietro il Pd ai contrasti intorno all’Ulivo e a Prodi».
massimo mucchetti myrta merlinomassimo mucchetti myrta merlino
Bersani dice che sono cambiati i rapporti di forza e non ci si può far imporre l’Italicum da Berlusconi. Non ha ragione?
«Non è così. Sarei molto più prudente nel dire facciamo da soli. Il centrodestra fece da solo con il Porcellum e ci siamo tenuti una norma incostituzionale per otto anni. Non è la legge migliore del mondo, ma nella scrittura delle regole il dialogo con l’opposizione è indispensabile».
graziano delrio con moglie e figli su famiglia cristianagraziano delrio con moglie e figli su famiglia cristiana
La minoranza vuole tornare maggioranza.
«Auguri. È un’ambizione lecita quando si è sconfitti. L’ha avuta anche Renzi. L’importante è che non venga scalfita l’unità rispetto ai problemi del Paese, come fece Matteo durante la campagna elettorale. Forse il contributo di idee la minoranza poteva darlo in un giorno diverso dalla presentazione delle candidature per le Europee. Ma è più un problema di opportunità che di sostanza ».