Piero Mei, Il Messaggero 13/4/2014, 13 aprile 2014
QUANDO IL MARACANÀ PIANSE
IL MITO
Il calcio d’inizio di Brasile 2014 (sarà uno tsunami di pagine) l’ha dato Bernard Lions, giornalista francese che, dopo averci raccontato i colori e i numeri delle “1000 maglie da leggenda”, come s’intitolava la precedente divertente e informata carrellata dall’Angola allo Zambia su di un campo di calcio, ora pubblica, sempre con Rizzoli, una storia dei campionati: il titolo è didascalico, Mondiali di calcio, le pagine, piene di foto, ricordi, curiosità, frasi e aneddoti sono 238, gli euro del prezzo 29,90, il classico quasi 30. L’indice dei nomi va da Claude Abbès, che (a pag. 50) è uno dei tre portieri della Francia di Just Fontaine capocannoniere e del mondiale del 1958 in Svezia, quello che svelò Pelè, fino a Zoong-sun Lim, che (pag. 72) era un difensore della Corea del Nord del presunto dentista Pak-do Ik che umiliò l’Italia a Middlesborough nel 1966 in Inghilterra e inventò un modo dire.
INTERVISTE NO STOP
La prefazione è di Michel Platini, gran campione qualche anno e molti chili fa, oggi dirigente internazionale in rampa di lancio per rottamare il gran capo mondiale del calcio, il colonnello svizzero, un ossimoro quasi, Sepp Blatter. Disse una volta Roi Michel, riferendosi all’intervistite cronica del mondo nel calcio: «Anche Einstein intervistato tutti i giorni direbbe delle banalità». Siccome non gli capita di far prefazioni tutti i giorni, non racconta banalità nello scorrere fra i suoi mondiali, da quelli dell’adolescente che era nel ’66 (è del 1955) con le pennellate del ricordo anche della Regina che era giovane anche lei, a quelli giocati nel ’78 nella “terribile Argentina” di quegli anni, nell’82 in Spagna (beccate questa, Roi Michel!), ai rigori di Messico ’86, fino ai mondiali da scrivania felice di Francia ’98 e di Zizou, Zinédine Zidane.
L’AVVENTURA
La puntuale narrazione, che molto incuriosisce non solo il calciomane, di Bernard Lions, i mondiali li ripercorre tutti, non trascurando il tanto, troppo déja vu di questa straordinaria umana avventura, ma anche scavando nel fin qui ignoto, e mettendoci il peperoncino o lo zenzero, secondo i gusti, dell’intervista a un protagonista, ovviamente questo per i mondiali più recenti, che il passato non ha quasi più protagonista vivente.
BASTIMENTI
E così si va dal “partono i bastimenti”, verso l’Uruguay del 1930, fino all’ultimo, quello del Sudafrica, delle assordanti vuvuzelas, l’eliminazione precoce di cui soffrì l’Italia di Lippi, di Madiba, cioè Nelson Mandela, in campo, del Polpo Paul che ci capiva più di un esperto (ma esiste in natura l’esperto di calcio o è solo una autoinvestitura?), dei fratelli Boateng uno contro l’altro, chi per il ghana chi per la Germania, e dell’“hombre del Mundial”, Diego Forlan, detto Cachavacha, la Strega, ricordato anche come il moroso di Zaira Nara, ricordata anche come sorella di Wanda Nara, la moglie del calciatore Maxi Lopez, e qui, per esigenze di stampa, il libro si ferma immobile, ma la donna e mobile e twitter impazza e Wanda Nara ha già cambiato maglia e moglie, ed è quella di Mauro Icardi.
AMARCORD
È struggentemente nostalgica la foto d’apertura con gli 11 primi campioni del mondo che sulla maglia hanno ciascuno stampata una lettera e la scritta è “vivauruguay”; il saluto romano accompagna sempre quello che viene ricordato come “il mondiale del Duce” per l’Italia del ’34, ma come la vogliamo mettere con l’Italia del ’38 e con Meazza che tira il rigore tenendosi su con la mano i pantaloncini cui si era rotto l’elastico?
E, alla ripresa, la triste storia del Maracanazo, cioè del disastro del Maracanà, lo stadio di Rio, quando l’Uruguay si rifece campione a spese del Brasile, e l’autore del gold, Alcide Ghiggia, poté affermare che «solo tre uomini hanno fatto tacere il Maracanà con un gesto: il Papa, Frank Sinatra e io». E tutto il resto, gli ultimi sessant’anni: il difensore svedese Sigge Parling che ha voglia di applaudire Pelè al gol, Garrincha che andava agli allenamenti con una bottiglia di caipirinha in una mano e una pistola nell’altra perché aveva litigato con Elsa, Geoff Hurst che segnò “il gol di Wembley”, il famoso gol fantasma che nel ’66 dette il titolo all’Inghilterra («la mia tripletta nella finale dimostra che tutto è possibile nella vita»).
ITALIA-GERMANIA 4-3
Quell’Italia-Germania 4-3 con Burgnich che «mi dicevo per la finale che anche Pelè è fatto di carne e ossa come me, ma mi sbagliavo», e Pelè che racconta «ho segnato un gol ma Banks l’ha parato« per lodare il portiere inglese. E ancora Italia: quel gigante di Zoff che a quarant’anni e passa solleva la Coppa a Madrid e che ricorda quei tre o quattro secondi che passarono tra quando bloccò sulla linea un pallone di Oscar e quando l’arbitro decise che non era gol; e Marco Materazzi che liquida brevemente e bravamente la capocciata mondiale di Zidane a Berlino 2006: «Per me non è un problema». Per Zizou sì. «L’importante, dice Materazzi, è quello che ho fatto». E quello resta scritto: nel libro di Lions e dovunque e per sempre.
Piero Mei
IL MITO
Il calcio d’inizio di Brasile 2014 (sarà uno tsunami di pagine) l’ha dato Bernard Lions, giornalista francese che, dopo averci raccontato i colori e i numeri delle “1000 maglie da leggenda”, come s’intitolava la precedente divertente e informata carrellata dall’Angola allo Zambia su di un campo di calcio, ora pubblica, sempre con Rizzoli, una storia dei campionati: il titolo è didascalico, Mondiali di calcio, le pagine, piene di foto, ricordi, curiosità, frasi e aneddoti sono 238, gli euro del prezzo 29,90, il classico quasi 30. L’indice dei nomi va da Claude Abbès, che (a pag. 50) è uno dei tre portieri della Francia di Just Fontaine capocannoniere e del mondiale del 1958 in Svezia, quello che svelò Pelè, fino a Zoong-sun Lim, che (pag. 72) era un difensore della Corea del Nord del presunto dentista Pak-do Ik che umiliò l’Italia a Middlesborough nel 1966 in Inghilterra e inventò un modo dire.
INTERVISTE NO STOP
La prefazione è di Michel Platini, gran campione qualche anno e molti chili fa, oggi dirigente internazionale in rampa di lancio per rottamare il gran capo mondiale del calcio, il colonnello svizzero, un ossimoro quasi, Sepp Blatter. Disse una volta Roi Michel, riferendosi all’intervistite cronica del mondo nel calcio: «Anche Einstein intervistato tutti i giorni direbbe delle banalità». Siccome non gli capita di far prefazioni tutti i giorni, non racconta banalità nello scorrere fra i suoi mondiali, da quelli dell’adolescente che era nel ’66 (è del 1955) con le pennellate del ricordo anche della Regina che era giovane anche lei, a quelli giocati nel ’78 nella “terribile Argentina” di quegli anni, nell’82 in Spagna (beccate questa, Roi Michel!), ai rigori di Messico ’86, fino ai mondiali da scrivania felice di Francia ’98 e di Zizou, Zinédine Zidane.
L’AVVENTURA
La puntuale narrazione, che molto incuriosisce non solo il calciomane, di Bernard Lions, i mondiali li ripercorre tutti, non trascurando il tanto, troppo déja vu di questa straordinaria umana avventura, ma anche scavando nel fin qui ignoto, e mettendoci il peperoncino o lo zenzero, secondo i gusti, dell’intervista a un protagonista, ovviamente questo per i mondiali più recenti, che il passato non ha quasi più protagonista vivente.
BASTIMENTI
E così si va dal “partono i bastimenti”, verso l’Uruguay del 1930, fino all’ultimo, quello del Sudafrica, delle assordanti vuvuzelas, l’eliminazione precoce di cui soffrì l’Italia di Lippi, di Madiba, cioè Nelson Mandela, in campo, del Polpo Paul che ci capiva più di un esperto (ma esiste in natura l’esperto di calcio o è solo una autoinvestitura?), dei fratelli Boateng uno contro l’altro, chi per il ghana chi per la Germania, e dell’“hombre del Mundial”, Diego Forlan, detto Cachavacha, la Strega, ricordato anche come il moroso di Zaira Nara, ricordata anche come sorella di Wanda Nara, la moglie del calciatore Maxi Lopez, e qui, per esigenze di stampa, il libro si ferma immobile, ma la donna e mobile e twitter impazza e Wanda Nara ha già cambiato maglia e moglie, ed è quella di Mauro Icardi.
AMARCORD
È struggentemente nostalgica la foto d’apertura con gli 11 primi campioni del mondo che sulla maglia hanno ciascuno stampata una lettera e la scritta è “vivauruguay”; il saluto romano accompagna sempre quello che viene ricordato come “il mondiale del Duce” per l’Italia del ’34, ma come la vogliamo mettere con l’Italia del ’38 e con Meazza che tira il rigore tenendosi su con la mano i pantaloncini cui si era rotto l’elastico?
E, alla ripresa, la triste storia del Maracanazo, cioè del disastro del Maracanà, lo stadio di Rio, quando l’Uruguay si rifece campione a spese del Brasile, e l’autore del gold, Alcide Ghiggia, poté affermare che «solo tre uomini hanno fatto tacere il Maracanà con un gesto: il Papa, Frank Sinatra e io». E tutto il resto, gli ultimi sessant’anni: il difensore svedese Sigge Parling che ha voglia di applaudire Pelè al gol, Garrincha che andava agli allenamenti con una bottiglia di caipirinha in una mano e una pistola nell’altra perché aveva litigato con Elsa, Geoff Hurst che segnò “il gol di Wembley”, il famoso gol fantasma che nel ’66 dette il titolo all’Inghilterra («la mia tripletta nella finale dimostra che tutto è possibile nella vita»).
ITALIA-GERMANIA 4-3
Quell’Italia-Germania 4-3 con Burgnich che «mi dicevo per la finale che anche Pelè è fatto di carne e ossa come me, ma mi sbagliavo», e Pelè che racconta «ho segnato un gol ma Banks l’ha parato« per lodare il portiere inglese. E ancora Italia: quel gigante di Zoff che a quarant’anni e passa solleva la Coppa a Madrid e che ricorda quei tre o quattro secondi che passarono tra quando bloccò sulla linea un pallone di Oscar e quando l’arbitro decise che non era gol; e Marco Materazzi che liquida brevemente e bravamente la capocciata mondiale di Zidane a Berlino 2006: «Per me non è un problema». Per Zizou sì. «L’importante, dice Materazzi, è quello che ho fatto». E quello resta scritto: nel libro di Lions e dovunque e per sempre.