Laura Larcan, Il Messaggero 12/4/2014, 12 aprile 2014
L’AMATRICIANA RINASCE MADE IN USA
IL TREND
E se il cacio e pepe diventasse un gel gourmet? O le linguine alle vongole venissero cotte nella camomilla? Se la coda alla vaccinara venisse servita con la cioccolata? E se la carbonara diventasse un antipasto, tutto giocato su virtuosismi di cremosità all’uovo, formaggi e guanciale biologico, direttamente importato da allevamenti della Toscana? Ma non è un divertissement d’oltreoceano. Accade a Roma, dove tutto può andare in scena sulla tavola, anche con i piatti più «tenaci» della tradizione locale sotto l’euforia di minuziose e ambiziose interpretazioni creative da terzo millennio. A metterle in campo è una serie di masterchef «modernisti», figli di una nouvelle cuisine d’avanguardia, stranieri di nascita ma romani d’adozione, che stanno trasformando i piatti tradizionali, oltre che modificare i gusti locali.
I SUGHI
D’altronde, partono tutti da un assioma incontrovertibile: come un buon sugo all’amatriciana si avvinghia ai suoi bucatini, così i romani sono profondamente legati alla loro tradizione gastronomica. Eppure, le strategie d’attacco al palato sono in atto. A renderne conto è stato nientemeno che l’autorevole The Wall Street Journal, che ha dedicato a questa moda della cucina modernista all’ombra dei monumenti vecchi di duemila anni un frizzante reportage dal titolo «Cucina moderna: Setting Rome on a new culinary course», firmato da Meg Zimbech. La cronista evidenzia un punto chiave: la cucina modernista viene vista sempre con sospetto e i cuochi più audaci e innovativi devono puntare a rassicurare e educare. Alla fine, la sfida è quella di rendere omaggio alla tradizione romana, cercando di trovare un equilibrio tra vecchio e nuovo.
LA CLASSIFICA
E al pubblico della capitale sembra che la via della sperimentazione piaccia, visto il successo che hanno i locali (comprese le stelle Michelin). Il Wall Street Journal prende in considerazione tre esempi clou. Le Metamorfosi di Roy Caceres, originario di Bogotà, classe ’77, definito come l’innovatore di punta, amante di nuove tecniche ai fornelli e sperimentazione rigorosa. Che confessa alla giornalista «la mia più grande gioia è vedere il responso emozionale delle persone che provano i miei piatti».
E con lui, la carbonara non è più una «semplice pasta», ma diventa una creazione elaborata, trasformata in una sorta di gel che viene poi fritto. C’è poi il marzapane dove a dirigere la cucina è la giovanissima Alba Esteve Ruizil, definita come «il pioniere» della triade. È sua l’idea della pasta cotta nel tè: «Quando abbiamo cominciato - racconta nel servizio - eravamo obbligati a servire piatti tradizionali per non scioccare le persone, ma la nostra missione è sempre stata quella di forgiare insieme una nuova strada». L’indagine arriva a Romeo della chef Cristina Bowerman, la «popolare». Per lei la modernità va declinata anche nella pizza e nei panini, dallo snack al take away. Ma la sua forza sta tutta nel «re-immaginare la cucina romana» a partire dalla Coda alla Vaccinara, servita con crumble di cioccolata. Provare per credere.