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 2014  aprile 14 Lunedì calendario

LA GUIDI SMONTA LE LOBBY


Bisogna tagliare, bisogna tagliare, bisogna tagliare. E certo. Ne siamo perfettamente convinti. Soprattutto quando si tratta di spesa pubblica. Quale imprenditore privato si può dire contrario ad una bella sforbiciata delle uscite statali? Chiedetelo a Federica Guidi, il nuovo ministro dello Sviluppo economico.
Entro i primi giorni di maggio, la giovane imprenditrice prestata alla politica deve recuperare la bellezza di 1,5 miliardi di euro. Una bella sommetta. E la deve girare alle imprese per ridurre del 10% la bolletta elettrica. È una delle prime promesse del governo Renzi. E tra le meglio accolte dal nostro sistema produttivo. Il costo dell’energia elettrica è proibitivo e rende le nostre aziende meno competitive con il resto del mondo. Tutte cose che si sanno, per carità. Così come si sa che con una sciagurata scelta referendaria abbiamo deciso di rinunciare all’energia nucleare. Vabbè, arriviamo al dunque: dove recuperare questo bottino. E qui viene il bello: una buona parte dell’eccesso di costo della nostra bolletta elettrica deriva proprio da incentivi, sconti e sussidi dati alle imprese. Che poi sono le prime a lamentarsi dell’eccesso di costi. Una cane che si morde la coda. Il caso più eclatante e meno conosciuto è quello contenuto in un vecchio decreto del presidente della Repubblica che risale addirittura al 22 maggio del 1963. E ancora perfettamente funzionante.
Quella legge ha previsto il trasferimento di una serie di centrali idroelettriche dalle Ferrovie dello Stato all’Enel. Un bel pacchetto. Dall’impianto idroelettrico di Rio Pusteria a quello di Bressanone sui fiumi Isarco e Rienza. Dall’impianto idroelettrico di Monastero sul fiume Adda a quello di Suviana «comprendente la derivazione dal fiume Reno, dalla Limentra di Sambuca e dalla Limentra di Treppio». In virtù di questa norma, risalente a 50 anni fa, oggi Rete ferroviaria italiana, la società che gestisce 16.700 chilometri di linee e impiega 27mila dipendenti, si becca ogni anno un discreto gruzzoletto dalla bolletta degli italiani. Dopo cinquant’anni dalla cessione dei suoi impianti, Rfi (l’ultimo dato disponibile è quello del 2012) intasca più di 400 milioni di euro. Di cui una quarantina come sconti sui cosiddetti oneri di sistema e il resto come compensazione (semplifichiamo) derivante dalla cessione all’Enel di quelle centrali. Immaginiamo che il ministro Guidi subisca più di qualche tentazione nel ridurre questo gruzzoletto a favore delle Ferrovie. Deve recuperare 1,5 miliardi e da qualche parte deve pure iniziare. Ovviamente la ciccia dei possibili interventi riguarda i sussidi alle energie rinnovabili. La cui dimensione è superiore ai 12 miliardi di euro che ogni anno le imprese italiane pagano in bolletta e che dovranno continuare a fare per i prossimi venti anni. In questo caso le lobby sono al lavoro. È chiaro che non si potrà intervenire nel ridurre gli incentivi: i patti si devono rispettare. Ma da questi dodici miliardi il ministero dovrà portare a casa qualcosa. Si è parlato di una riduzione della detraibilità degli interessi passivi che molte società holding delle rinnovabili pagano: si sono indebitate molto a fronte di un flusso di pagamenti futuri garantito e stabile. Più probabile che si tenga fisso l’incentivo, ma si applichi una sorta di tassa per i cosiddetti squilibri di rete. Le energie rinnovabili (pensate al sole) sono per definizione intermittenti e dunque la rete e la capacità produttiva si deve adeguare ad hoc. Tutto ciò ha un costo che potrebbe essere ribaltato sulle società verdi. Che poi sono molto rosse per gli italiani. L’ipotesi Zanonato di rifinanziare gli incentivi allungandoli da 20 a 30 anni, così da liberare risorse finanziarie, sembra più difficile, tecnicamente, del previsto. Resta una terza categoria di imprese che non dovrebbe dormire sonni tranquilli: i cosiddetti energivori e interrompibili. Sono quelle aziende che si impegnano, a fronte di sconti anche consistenti, a subire interruzioni momentanee di energia elettrica. Una rimodulazione di questi sconti sarebbe allo studio. La morale, come sempre, riguarda la coperta: che è troppo corta. Il governo si è impegnato a ridurre la bolletta del 10 per cento. Ma per farlo dovrà disboscare una serie di interventi stratificati del passato, attorno ai quali si sono costruiti interessi e lobby importanti. In bocca al lupo.
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P.s. Occorre fare un appello a Genertel. Da quando la riforma Bersani ha stabilito il divieto di rinnovo automatico delle polizze assicurative rc auto, tutti si industriano per non perdere, alla scadenza dell’anno, il proprio cliente. La compagnia assicurativa delle Generali si è inventata un sistema piuttosto fastidioso. Alla scadenza della polizza, grazie ad un sistema computerizzato, il povero cristo riceve uno squillo sul cellulare. I più sgamati, sempre che non siano triestini, non rispondono più quando arriva una telefonata con il prefisso 040. Il punto è che all’accettazione della chiamata si sente una voce computerizzata della compagnia. Che dopo pochi secondi inoltra la chiamata ad un call center che cerca, legittimamente, di vendere una nuova polizza. A la guerre comme à la guerre, ma decine di telefonate, per un rinnovo rischiano di sortire l’effetto contrario. Soprattutto se fatte la mattina presto.