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 2014  aprile 13 Domenica calendario

LEGGERE SENZA PARAOCCHI


Fino a che punto la lingua è veramente capace di comunicare qualcosa di nuovo, qualcosa che va contro le mie aspettative? O piuttosto, fino a che punto le consentirò io di farlo? Uno degli aspetti affascinanti nell’insegnare traduzione è osservare gli studenti che lottano con frasi in cui viene detto qualcosa di inaspettato. Conoscono bene, naturalmente, il processo in cui si passa dal non capire al capire un testo in lingua straniera, quel momento in cui un ammasso insensato di parole all’improvviso prende forma. Ma sanno anche che spesso commettono errori. Bisogna stare attenti. Se il testo dice qualcosa di ordinario e banale, alle loro menti si affacceranno pochi dubbi: «È così che si dice. Avrò capito bene». Ma se lo scrittore dovesse saltar fuori con un’idea sconcertante, o, peggio ancora, con una dichiarazione che va contro un’opinione diffusa o contro il politicamente corretto, ecco che subentra l’ansia; le parole verranno esaminate e riesaminate anche se, prese singolarmente e data la sintassi standard, il loro significato è chiarissimo. In molti casi, specie se l’elemento di novità è espresso in maniera sottile, gli studenti, ma lo stesso vale anche per i traduttori esperti, finiranno per ridurre il testo a qualcosa di più convenzionale.
Questo tic può manifestarsi nell’introduzione di parole che un traduttore pensa che dovrebbero esserci ma non ci sono. Prendiamo quest’esempio apparentemente inoffensivo: in Donne innamorate di Lawrence, Ursula riflette sul fatto di non essere "neanche tentata" di sposarsi. Sua sorella Gudrun concorda e va oltre, «Isn’t it an amazing thing … how strong the temptation is, not to!"(Letteralmente: «Non è stupefacente… quanto è forte la tentazione di non farlo?"). Lawrence commenta: «They both laughed, looking at each other. In their hearts they were frightened» («Risero entrambe, guardandosi. Nel profondo del cuore avevano paura»). Una recente edizione italiana del libro offre questa traduzione: «Scoppiarono tutte e due a ridere, guardandosi. Ma in fondo al cuore erano spaventate».
Negli anni ho sperimentato che in classe se chiedo di tradurre questa frase in italiano, circa la metà degli studenti introdurrà quel "ma". Sembra una convinzione diffusa che se hai paura non ridi; quindi quando Lawrence associa le due cose, chi traduce sente che per dare conto dell’inusualità di questa situazione serve un "ma". Lawrence, d’altro canto, insinua l’idea che non ci sia niente di più comune che ridere ed avere paura; si ride perché si ha paura, per negare la paura (Leopardi fa un’osservazione simile nello Zibaldone).
Ma l’aspetto più interessante di questo fenomeno è che quando chiedo spiegazioni agli studenti, la maggior parte ammetterà di non essersi accorta di aver introdotto il "ma". Hanno letto il testo così. Il che significa, si potrebbe supporre, che un gran numero di lettori comuni leggerà allo stesso modo. Insomma, a me sembra che il tipo di slittamento che osserviamo nelle traduzioni probabilmente è indicativo dello slittamento ancora più grande che compiono molti lettori, i quali naturalmente non considerano il testo con la stessa accuratezza di un traduttore.
Questo tipo di correzione automatica verso ciò che il traduttore o il lettore si aspettano può intervenire in vari modi. Più avanti in Women in Love Lawrence scrive di come un’esperienza sessuale possa indurre in uno stato di profonda calma. Dopo aver fatto l’amore con Birkin in tutta fretta nel retro di una locanda, Ursula sembra insolitamente in forma nel versare il tè. Lawrence carica il significato dell’episodio con usi insoliti del verbo "forget" e degli aggettivi "still" e "perfect".
She was usually nervous and uncertain at performing these public duties, such as giving tea. But today she forgot, she was at her ease, entirely forgetting to have misgivings. The tea-pot poured beautifully from a proud slender spout. Her eyes were warm with smiles as she gave him his tea. She had learned at last to be still and perfect.
Questo paragrafo mette in difficoltà la traduttrice italiana, che forse lo trova imbarazzante – ad ogni modo, gli fa resistenza. In italiano abbiamo Ursula "del tutto dimentica di essere incline all’apprensione" – che è certo più standard di "forgetting to have misgivings" ("dimenticando di preoccuparsi"). L’ultima frase poi la mette in crisi. Dove Lawrence parla di una che "ha imparato ad essere quieta e perfetta", la traduttrice scrive "Finalmente aveva imparato a farlo con mano ferma e con perfetta compostezza". Quasi l’autore stesse parlando soltanto della sua abilità nel versare il tè.
Anche noi facciamo inconsciamente queste "correzioni"? Fino a che punto possono spingersi? Una delle cose che mi ha sempre sorpreso nel parlare di Mrs Dalloway della Woolf è quanta poca attenzione si dà al fatto che questo romanzo presenta il suicidio di uno dei personaggi come un dono dell’individuo alla collettività, al pari o almeno paragonabile alla festa organizzata da Mrs. Dalloway per i suoi amici benestanti, o proprio alla scrittura stessa del romanzo. Non sono pensieri convenzionali o "innocui". Al momento cruciale, quando Septimus Warren Smith, sentendosi minacciato dall’ennesima visita medica, si lancia dalla finestra sulla cancellata sottostante, grida «I’ll give it to you!» (Letteralmente: «Lo dono a voi!»). La traduzione della Fusini dà «Lo volete voi».
È vero, Septimus è spaventato e infuriato, ma l’idea del dono è essenziale nel libro. L’avranno colta i lettori inglesi o la maggior parte di loro? A giudicare dal modo in cui spesso viene visto il romanzo, cioè come un’elegante manifestazione del primo femminismo, sospetto di no.
È interessante che l’esatto opposto avvenga con Machiavelli in inglese. Di nuovo l’aspettativa è tutto, e naturalmente Machiavelli è celebre per essere machiavellico. Guai a smuovere un pregiudizio. Così quando, avendo esaminato la caduta del suo eroe e modello, lo spietato Cesare Borgia, Machiavelli scrive mestamente: «Raccolte io adunque tutte le azioni del duca, non saprei riprenderlo», il traduttore inglese George Bull dà: «So having summed up all that the duke did, I cannot possibly censure him». Qui la parola "censure" ha una forte connotazione morale, resa ancora più forte dall’introduzione di "cannot possibly", non presente in italiano. In linea con la reputazione di cinico dell’autore, Bull fa insistere Machiavelli sul suo non avere alcuna obiezione morale nei riguardi delle azioni di Cesare Borgia. In realtà Machiavelli dice solo che Borgia non sembra aver commesso grandi errori. Il vero scandalo di Machiavelli è che non considera affatto i criteri morali. Ma è più facile pensare a un Machiavelli malvagio che a un lucido pensatore per il quale bene e male proprio non c’entrano in certe situazioni.
Insomma, esiste una tensione tra lettore e testo di cui il traduttore fa esperienza in un modo speciale, perché, riscrivendo il testo nella propria lingua, deve far sì che quella tensione si ricrei per un nuovo gruppo di lettori. Prendere consapevolezza del proprio desiderio istintivo di cambiare un testo e di eliminare quella tensione significa capirlo meglio e anche capire qualcosa di se stessi.

Tim Parks, Il Sole 24 Ore 13/4/2014