Luca Tremolada, Il Sole 24 Ore 13/4/2014, 13 aprile 2014
FENOMENOLOGIA DEL DRONE
I droni commerciali generalmente sono neri, hanno l’aria cattiva e non hanno gli occhi. Tuttalpiù puoi distinguere una piccola telecamera. In ogni caso, averne davanti uno, sospeso, sibilante che ti guarda dritto mette davvero in soggezione. È come se ti fissasse minaccioso pronto per compiere chissà quale nefandezza. Se è così per i "giocattoli" che si trovano nei negozi figurarsi per quelli veri, quelli militari grandi dieci, cento volte tanto. Intendiamo quelli che sono usati nelle missioni di guerra o di spionaggio. Quelli che fanno paura, con le bombe e i missili. Responsabili secondo il Bureau of Investigative Journalism di aver ucciso su suolo pakistano dal 2004 a oggi più di 3.213 persone in poco meno di 400 attacchi. Di questi, hanno stimato, 175 vittime (il 5%) sono bambini.
A ricordarlo c’è una installazione realizzata da un collettivo di artisti nella regione di Khyber Pukhtoonkhwa. È una immagine di una bimba, visibile solo ad altezza drone (http://notabugsplat.com): un messaggio da brivido a chi sta dietro le macchine volanti.
Già, ma chi produce queste veivoli? Tra i costruttori di droni ci sono tutti i grandi nomi dell’aeronautica civile. Boeing ha sviluppato numerosi Unmanned aerial vehicles (UAV) principalmente per la macchina bellica Usa. Attualmente stanno testando il Phantom Eye drone, capace di volare 65mila piedi di altezza con una autonomia di quattro giorni. Fanno parte della stessa "famiglia" Lockheed Martin, Northrop Grumman, General Atomics, AeroVironment e Textron. Ma negli ultimi due anni l’interesse per i droni non è più solo dei militari.
Amazon starebbe sperimentando l’utilizzo di una flotta di quadricotteri guidati a distanza per il trasporto di confezioni di dimensioni ridotte. Un video lo testimonia ma per ora sembra un progetto destinato restare dentro i laboratori. Mark Zuckerberg quando ha annunciato di voler connettere a internet tutto il globo (il fantomatico progetto internet.org da 2 miliardi di dollari) ha anche rivelato che per sconfiggere il digital divide è al lavoro su un particolare tipo di drone alimentato a energia solare. Insomma, queste macchine volanti stanno indossando abiti civili in svariati settori commerciali(si legga l’infografica qui a fianco). Tipicamente quelli destinati a usi professionale sono droni dai cinquemila euro che pesano da tre a dieci chili dotati di gps e videocamera in Hd. In Europa sono nate moltissime aziende. Parrot che è francese è sinonimo di drone per il mercato consumer. Sono loro che hanno portato in Italia l’AR Drone, un quadricottero di plastica e metallo che si comanda con lo smartphone. Anche in Italia assistiamo a un passaggio di consegne dal settore aeronautico.
Ma la patria del drone è l’America. Là si registra un vero e proprio boom di startup. Il primo in ordine di tempo a cedere al fascino del drone è stato Chris Anderson il carismatico direttore di Wired che nel 2009 ha deciso di lasciare la sua rivista per dedicarsi a tempo pieno alla sua 3D Robotics. La corsa per addomesticare i droni alla vita quotidiana sta generando parecchia attenzione e non solo nei media. PricewaterhouseCoopers e l’associazione americana di venture capital ha calcolato che l’anno scorso gli investitori professionali hanno raddoppiato le operazioni di finanziamento nei primi mesi dell’anno (40 milioni di dollari). Anche in Italia qualche startupper ha fiutato il business. AeroDron, ad esempio, è “accelerata” in b-ventures e offre servizi professionali di riprese aeree a bassa quota e ad alta precisione per attività di analisi, tutela, prevenzione e salvaguardia del territorio. Tuttavia è bene tenere conto delle proporzioni. Quello dei cosiddetti Unmanned aerial vehicles (UAV) civili resta un mercato marginale. Business Intelligence ha calcolato che tra una decina di anni i droni civili raggiungeranno il 12% di un mercato miliardario destinato a generare nei prossimi tre anni 70mila nuovi posti di lavoro negli Stati Uniti (dati Association for Unmanned Vehicle Systems Internal). Eppure, per quanto residuale (rispetto a quello militare), i droni "buoni" stanno già creando infiniti grattacapi non solo su un piano logistico e di traffico aereo – nei nostri cieli volano poco meno di 500 droni a cui sono affidati, ad esempio, compiti di sorveglianza e monitoraggio in ambito civile e militare – ma anche e sopratutto sul fronte della privacy. In Italia siamo partiti prima di tutti a dettare le regole (creando subito non poca confusione). Ma a breve si aggiungeranno a quelli civili i droni amatoriali e magari anche quelli fai-da-te. Gli occhi sopra le nostre teste emettono un sibilo. Sembra un titolo di un film dell’orrore.
Luca Tremolada, Il Sole 24 Ore 13/4/2014