Karen Rubin, Il Giornale 12/4/2014, 12 aprile 2014
LA MATERNITÀ NON È UN OPTIONAL
È un tifo da stadio quello a favore dell’omologa o dell’eterologa. Si discute sugli aspetti giuridici e non si valuta il problema psicosociale. In Italia la coppia ha l’obbligo della procreazione perché non c’è una cultura dell’adozione. Robert Sternberg ha formulato la teoria triangolare dell’amore. In una coppia stabile devono sussistere tre pilastri: l’intimità, che vuol dire prendersi cura dei sentimenti dell’altro, la passionalità, che unisce il corpo agli affetti attraverso l’eros e la progettualità, che vuol dire la realizzazione di una famiglia con prole. Un triangolo equilatero utopico cui spesso segue il divorzio. Come può accadere quando i tentativi di generare un figlio con la procreazione assistita falliscono. Il sogno del bambino mette in moto dinamiche conflittuali che possono portare alla rottura della coppia, anche se la tecnica conduce al successo procreativo. I sensi di colpa prodotti dall’ impotentia generandi provocano una ferita narcisista che non cicatrizza mai più. Per avere un figlio si è disposti a tutto. Su questo vissuto è nato il mercato dei gameti e del corpo umano di chi non può generare e di chi potendolo fare si vende gli ovociti, gli spermatozoi, l’utero o il figlio per risolvere un destino di sterilità o povertà. La fecondazione assistita è praticata soprattutto nei centri privati perché le regioni non garantiscono gli stessi servizi nei tempi utili. Un caos pubblico che favorisce i centri privati dove la terapia costa 10mila euro a ciclo. Si fa l’amore a comando, soltanto in certe date e in alcune posizioni prestabilite. Poi si passa alle tecniche più invasive, dove la fecondazione avviene all’esterno del corpo umano. Da un ciclo a quello successivo cresce l’ansia da prestazione, compaiono disturbi del desiderio e dell’erezione e la vita di coppia diventa un inferno. Tollerabile per i più giovani che hanno alte probabilità di successo, ma alle coppie attempate, che sono la maggioranza, fa partorire soltanto la depressione. La maggior parte delle donne che si avvalgono della procreazione assistita ha più di 40 anni. Le percentuali di successo sono scarsissime. Qualcosa ha convinto le donne a pagare sulla propria pelle il castigo della procreazione assistita scambiandolo per una certezza. La negazione della maternità nei tempi dettati dalla natura è il frutto di un’epoca misogina che accetta la donna soltanto se cela la femminilità e la maternità. I limiti imposti dalla legge 40 negano un diritto che in realtà alle donne era già stato sottratto quando si è imposto il modello della lavoratrice che non può essere anche donna e madre.