Alessio Schiesari, Il Fatto Quotidiano 13/4/2014, 13 aprile 2014
LA FABBRICA DI PIETRO E DEGLI AFFARI
C’è una domanda a cui nessuno è mai riuscito a dare risposta: quanto vale, in termini di vile denaro, la Chiesa Cattolica? Per rispondere bisognerebbe dare una valutazione alla Cappella Sistina, alla Basilica di San Marco a Venezia, alla Sacra Sindone. Semplicemente impossibile. Qualche stima però è stata fatta. Il gruppo immobiliare Re ha calcolato che il 20-22 per cento del patrimonio fondiario italiano sia in mano alla chiesa, per un valore che supera abbondantemente i mille miliardi di euro. Ancor più impressionante è la somma dei terreni posseduti in giro per il globo: tra chiese , cimiteri e conventi, alcune stime – non si sa quanto affidabili – parlano di 716.290 mila chilometri quadrati, due volte la superficie dell’Italia. Nel bilancio dello Ior, pubblicato per la prima volta l’anno scorso, si legge che la banca vaticana gestisce una ricchezza di oltre 6 miliardi di euro.
Un altro business importante per la chiesa è il turismo, religioso e non. Solo in Italia sono circa 200 mila i posti letto gestiti da clero e confraternite. Inoltre, la Santa Sede ospita i Musei vaticani che, con oltre 5 milioni di ingressi annuali, sono la sesta galleria d’arte più visitata al mondo. Si tratta però solo di piccoli tasselli in un puzzle enormemente più vasto. La rivista britannica The Economist ha definito la chiesa cattolica “la più antica multinazionale al mondo”. Sulla scorta di questo paragone, il miliardo e 200 mila fedeli sparsi per il mondo vanno considerati clienti più che piccoli azionisti. Il loro ruolo è mantenere vivo il cash flow della chiesa, che si alimenta di elemosine, donazioni e, soprattutto, testamenti. Per fidelizzare i “clienti” e acquisirne di nuovi si pone il problema di creare un brand di successo. La chiesa ha però una particolarità rispetto alle altre “aziende”: testimonial e amministratore delegato coincidono. I clienti affezionati lo chiamano Papa. Francesco, oltre a uno straordinario leader spirituale, si sta rivelando un portentoso innovatore nel marketing. Sorridente, allegro e diretto: le differenze col raffinato e coltissimo predecessore teutonico saltano agli occhi. Ma Bergoglio è soprattutto “il papa arrivato dalla fine del mondo”. L’America Latina è un mercato emergente in cui la Chiesa Cattolica, un tempo monopolista, ha perso quote consistenti di fedeli (passando dal 90 per cento del 1910 al 72 attuale) a causa della spietata concorrenza di evangelici e pentecostali. Il marchio Francesco è globale e funziona ovunque: un sondaggio del Cesnur (Centro studi nuove religioni) rivela che oltre il 50 per cento dei sacerdoti ha notato un aumento delle presenze a messa da quando Bergoglio è salito al soglio pontificio. Secondo il Guardian, in Inghilterra questa percentuale supera il 70 per cento, mentre negli Usa il nuovo Papa piace a tre americani su quattro. Considerando che negli esercizi degli anni scorsi una delle poste di bilancio più negative erano stati i due miliardi di euro spesi per compensare le vittime degli abusi compiuti dai sacerdoti Usa, si capisce perché riconquistare la fiducia della clientela d’Oltreoceano ha un grande valore. Non solo spirituale.
Alessio Schiesari, Il Fatto Quotidiano 13/4/2014