Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  aprile 13 Domenica calendario

SIAMO TUTTI FULMINATI DALLE BOLLETTE ELETTRICHE


Quanto vale l’elettricità consumata dalla famiglia-tipo italiana in un anno? Circa 200 euro, meno del 40 per cento della bolletta. Tutto il resto (la spesa media è di 512 euro) sono tasse, accise, contributi e oneri parafiscali. C’è un obolo per i petrolieri e un altro per le ferrovie, uno per le aziende che consumano troppo e un altro per le centrali inutilizzate. E poi ancora: il contributo per abolire l’Imu, quello per lo smaltimento delle centrali nucleari e una caterva di milioni per fotovoltaico, eolico e scarti delle raffinerie. Nella bolletta che le famiglie ricevono questi costi sono mascherati: si pagano, ma non sono scritti da nessuna parte. Per semplificare, dicono le aziende. O forse perché, se tutti i balzelli fossero esplicitati, gli utenti si renderebbero conto che pagano ogni anno 14 miliardi di contributi parafiscali e altri 9 miliardi di tasse: quanto una manovra finanziaria lacrime e sangue. Nei prossimi mesi arriverà la nuova bolletta elettrica (che vi mostriamo qui accanto), un po’ più trasparente.

SERVIZI DI VENDITA: UN AFFARE DA 600 MILIONI
Questa voce (49,43 per cento del totale della bolletta) corrisponde al prezzo pagato per l’energia elettrica. O, almeno, dovrebbe essere così. In realtà viene conteggiato in questa sezione anche il cosiddetto servizio di interrompibilità che vale 469 milioni di euro l’anno. Per capire di che si tratti bisogna tornare al black out del 2003, quando la caduta di un albero su un traliccio lasciò l’Italia al buio per mezza giornata. Quel tronco continua a costare alle famiglie 469 milioni di euro l’anno. Da allora, Terna e il governo selezionano una lista di grandi consumatori di elettricità che, in caso di nuovo black out, rinunceranno a ricevere elettricità per il tempo indicato dal gestore di rete. Il dato su quante volte sia stato necessario ricorrere a questa misura di emergenza è tenuto segreto. In cambio, si sa che le aziende “interrompibili” vengono lautamente compensate da oltre un decennio. Non solo: nel 2010 al servizio di interrompibilità si è aggiunto quello di super-interrompibilità, che costa altri 136 milioni di euro per coprire anche Sicilia e Sardegna. Dentro ai servizi di vendita troviamo anche il cosiddetto capacity payment: un contributo da 150 milioni l’anno che finanzia le centrali mentre funzionano a vuoto, perché i consumi calano e la produzione da rinnovabili è in crescita. Assoelettrica, con in testa la disastrata Sorgenia di Carlo De Benedetti, da mesi batte cassa chiedendo di alzare il contributo.

ONERI DI SISTEMA, L’ABOLIZIONE IMU E GLI SCARTI DI RAFFINERIA ECOLOGICI
Questo capitolo, che pesa per più di un quinto (21,43 per cento) sulla bolletta ed è raddoppiato negli ultimi tre anni, oggi è “nascosto” dentro ai servizi di rete, cioè le spese per cavi, tralicci e tutte le altre infrastrutture necessarie a trasportare l’elettricità. Ogni contributo (sono tantissimi) corrisponde a uno sconto per una lobby, o un amico di un amico, che viene finanziato da maggiorazioni sulle bollette. Dentro ci si trova di tutto: la voce di gran lunga più pesante è quella per gli incentivi a fonti rinnovabili e assimilate che costa a ogni utente 93 euro l’anno. Le rinnovabili sono (prevalentemente) eolico e solare. All’interno dello stesso contributo “ecologico” si trovano le fonti assimilabili,cioè termovalorizzatori e impianti che producono energia bruciando gli scarti delle raffinerie. L’ultimo balzello in ordine di tempo e per gli sconti agli energivori, ovvero tariffe agevolate per le imprese manufatturiere che consumano molta elettricità. Si potrebbe obiettare che, se il risparmio energetico è un obiettivo, non ha senso chiedere alle famiglie di pagare la bolletta alle industrie che consumano di più. Ma non è tutto. Negli ultimi mesi sono stati presentati al Tar una raffica di ricorsi: supermercati, compagnie telefoniche, Ikea, tutti pretendono una fetta della torta. Anche le ferrovie (sia Italo che Trenitalia) hanno reclamato la loro parte. Eppure le strade ferrate di Rfi ricevono già una sconto: è stato approvato nel 1963 in occasione della privatizzazione delle industrie elettriche ed è ancora in vigore. Ci sono poi i costi per lo smantellamento delle centrali nucleari spente che si continueranno a pagare fino al 2021: 149 milioni di euro solo l’anno scorso. Da questo fondo, grazie alla finanziaria 2006 di Giulio Tremonti, lo Stato “preleva” altri 100 milioni l’anno. Come vengano spesi non si sa. L’abitudine di considerare la bolletta un bancomat è stata ripresa dal governo Letta, che ha introdotto un prelievo straordinario di 300 milioni per finanziare l’abolizione Imu.

ADDIZIONALI E IVA MENO CONSUMI, PIÙ PAGHI
Oltre ai tanti prelievi fiscali disseminati tra le precedenti voci, c’è una sezione della bolletta dedicata ad accise e imposte sui consumi. Per l’elettricità, come per il gas, l’Iva si paga anche sulle accise: una vera e propria tassa sulla tassa. Inoltre le accise sono inversamente proporzionali ai consumi: una famiglia costretta a vivere in un piccolo appartamento paga una quota di tasse superiore al proprietario di una villa con piscina.

Alessio Schiesari, Il Fatto Quotidiano 13/4/2014