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 2014  aprile 13 Domenica calendario

«PAOLINO», LA COLOMBA IMPALLINATA DAL CERCHIO MAGICO


Ha trascorso il sabato con il cellulare spento a sfuggire alle telefonate dei compagni di partito, degli amici, del capogruppo Romani. Molte provenienti da quegli stessi giornalisti per anni, alle otto di sera, chiamava per fare «il punto» sulla giornata di Berlusconi. Paolo Bonaiuti, storico portavoce del leader forzista è l’ultimo esponente della vecchia nomenklatura ad abbandonare il partito. A cui quasi nulla, se non l’affetto pur intiepidito per Silvio, ormai lo tiene legato.
Non è una mossa dettata dall’emotività. Già mesi fa, le voci del Transatlantico lo davano in uscita verso il gruppo misto, e lui non smentì. Lasciò correre, forse per vedere come reagiva il vecchio amico. Ma niente: si sono sentiti l’ultima volta per gli auguri di Natale, da allora solo sms. «Non glielo passavano al telefono». Chi? La Pascale, ma soprattutto Mariarosaria Rossi, l’«assistente personale», la «badante» per i nemici, determinata e accentratrice, con cui i rapporti erano ridotti al lumicino.
Nell’ultimo anno, racconta chi lo conosce, Bonaiuti era furibondo. Tagliato fuori da tutto. Escluso dalla (già rachitica) tornata di nomine, con la Comunicazione affidata a Deborah Bergamini, e una pletora di portavoce, da Capezzone a Mara Carfagna. Addio al «Mattinale», la sua rassegna stampa: affidato a Renato Brunetta e trasformata in micidiale mitragliatrice verbale. Poi l’ultimo schiaffo: nell’ufficio di presidenza senza diritto di voto, «praticamente una ruota di scorta». Con la new entry Giovanni Toti ha sperato di costruire un asse, ma invano: l’ex direttore del Tgcom è saldamente in linea con il «cerchio magico». Troppo milanese, benché di origini viareggine, per intendersi con il giornalista toscano che ha passato la vita (e i viaggi) al fianco di Berlusconi. La miccia pare sia stata l’impacchettamento della sua roba dopo il trasloco da via dell’Umiltà a piazza in Lucina: rimasti per mesi negli scatoloni, libri e faldoni non hanno trovato una collocazione nella nuova sede. E gli sono stati spediti a casa: gesto simbolico piuttosto chiaro.
Sembra incredibile, ma dopo lo strappo di Alfano e Schifani in Forza Italia non si stupiscono più di nulla. 74 anni, Bonaiuti è stato a lungo giornalista: inviato speciale al «Giorno», poi al «Messaggero» dove si occupava di economia, finanza ed esteri. Quando Berlusconi cacciò Montanelli dal «Giornale» lui – nel ’94 era vicedirettore vicario – lo criticò aspramente. Due anni dopo, però, entrò in Parlamento con gli azzurri e non ne è ancora uscito. Mai sulla scena, al massimo sottosegretario di Stato (con l’importante delega all’editoria), ma «Paolino» è stato cruciale per la tessitura del potere berlusconiano come l’altrettanto silenzioso Gianni Letta. Al portavoce spettava il compito di limitare i frequenti «fraintendimenti» con la stampa e smussare le numerose gaffe di Silvio: dalla «superiorità» dell’Occidente all’«abbronzatura» di Obama.
Adesso, tra le poche colombe superstiti regna lo sgomento: «La lotta è tra falchi e avvoltoi, noi siamo già finiti». Anche perché Bonaiuti per Forza Italia non si è risparmiato. Non solo la caduta sul ponte della Nave Azzurra, e via in crociera nonostante la spalla fratturata. Nell’aprile 2013, subito dopo le elezioni, è andata peggio. L’ex portavoce è volato con Berlusconi alla manifestazione di Bari organizzata da Raffaele Fitto pur non sentendosi bene, lì è stato male: ricoverato, tre mesi di convalescenza. Era un anno fa, sembra un’altra era geologica.
A dividerlo dal leader, negli ultimi tempi, è stata la linea sul governo Letta. Contrario all’uscita dalla maggioranza, alla faida con Alfano, alla tentazione populista, all’emarginazione dei moderati, al «rinnovamento» privo di sale in zucca.
In queste ore Berlusconi è alle prese con la chiusura delle liste per le Europee, con Verdini e Toti saliti ad Arcore. Pacchetti da 25 nomi tra cui scegliere i primi 14. L’ex Cavaliere è insoddisfatto: pochi imprenditori e professionisti, poche donne, poco fascino e molti «no grazie». Con il rischio concreto che Fitto faccia da mattatore. Servirebbero buoni consigli, idee in grado di sparigliare, opinioni disinteressate. Ma molti di quelli che potrebbero darne li ha già licenziati.