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 2014  aprile 14 Lunedì calendario

MARTINO, L’ULTIMO SUPERSTITE DEL ’94: «IO NON TRADIRÒ MAI BERLUSCONI»


[Antonio Martino]

Onorevole Martino, come ci si sente a essere l’ultimo dei Mohicani?
«Non sono né l’ultimo né un mohicano. Non taglierei mai i miei capelli in quel modo».
Antonio Martino, tessera numero due - dopo Berlusconi - della prima Forza Italia, quella del ’94, non tradisce mai le attese. Intervistarlo è come aprire un libro sulla storia politica degli ultimi vent’anni. Anche quando si affrontano argomenti per lui spiacevoli come il declino di Forza Italia.
Onorevole, Bonaiuti sbatte la porta, Dell’Utri viene arrestato in Libano...
«Senza dimenticare Domenico Mennitti, scomparso qualche settimana fa. Una persona straordinaria, fu grazie alla sua capacità organizzativa che vincemmo le Europee del 1994».
Già, il ’94. Non è rimasto più nulla di quella pagina?
«Fu una stagione assolutamente esaltante e irripetibile. Ero terrorizzato dall’entusiasmo che avevamo suscitato, ed ero certo che di fronte a simili aspettative non avremmo potuto che deludere. Il risultato è che molti dei nostri elettori si sono rifugiati nell’astensionismo e nonostante i moderati siano maggioranza nel Paese, rischiamo una batosta alle elezioni. Bisognerebbe risvegliare quell’entusiasmo, ma abbiamo tutti vent’anni di più...».
Non è riduttivo dare la colpa alle troppe aspettative?
«Quando venni eletto la Thatcher mi mandò un fax per complimentarsi. Io le telefonai per ringraziarla e lei mi spinse a fare in Italia quello che era riuscita a fare in Gran Bretagna».
Perché non lo avete fatto?
«In quella stessa telefonata le spiegai che, in Inghilterra, lei poteva contare su tante cose che in Italia non avevamo: la maggioranza a un solo partito, una magistratura indipendente ed equanime, una burocrazia efficiente e onesta. Ma noi avevamo qualcosa che lei non aveva: il suo esempio. Purtroppo la Costituzione italiana ha reso il Paese impossibile da governare. Da noi, persino la Thatcher avrebbe sbattuto il muso contro un muro».
Ha perso la speranza?
«Quella non si perde mai. Se ci fosse qualcuno capace di presentarsi con un programma e un volto credibile, i moderati sarebbero pronti a seguirlo. E il centrodestra tornerebbe a vincere».
Un Renzi dei moderati?
«Assolutamente no. Renzi a parte l’apparenza non sta combinando nulla. Per ridurre la spesa pubblica non bastano operazioni di cosmesi, bisognerebbe avere il coraggio di tagliare le regioni e la spesa sanitaria».
In Forza Italia nessuno può raccogliere questa sfida?
«Il fatto è che un Berlusconi non nasce ogni giorno. La nuova Forza Italia, soprattutto a livello territoriale, sta facendo troppi errori. Le candidature per le Europee sono state scelte in modo inopportuno. E anche alcuni giovani che si erano avvicinati al partito lo scorso novembre, visto l’andazzo, se ne stanno allontanando».
Parliamo di chi si è allontanato del gruppo del ’94.
«Urbani se n’è andato con Altissimo e Scognamiglio nei Liberali, senza sapere che i suoi compagni di viaggio non sanno neanche cosa sia, il liberismo. E Pera... ecco, aver isolato Marcello Pera è stato l’errore più grande».
Perché?
«Era stato uno straordinario presidente del Senato. Non c’era paragone con Schifani, come abbiamo fatto a preferirgli il secondo?».
Chi rimpiange di più tra «quelli del ’94»?
«Tanti: Gianfranco Ciaurro, Pio Marconi, Filippo Mancuso, Lucio Colletti. Il nostro gruppo parlamentare del ’94 è stato uno dei migliori della Repubblica: gente come Parenti, Maiolo, Calderisi, Taradash. Poi a poco a poco Forza Italia ha perso smalto. E con la nascita del Pdl è cambiato davvero tutto».
È stato l’errore più grave?
«Di errori, in realtà, ce n’erano stati già tanti. Io ne conto cinque: Irene Pivetti presidente della Camera nel ’94 con la Lega che poi ci tradisce. Casini nello stesso ruolo nel 2001 con l’Udc che ci impedisce di governare. E poi Fini... c’è bisogno di spiegarlo?».
Gli ultimi due errori?
«Schifani, come ho già spiegato, e Tremonti. Che fu un ottimo ministro delle Finanze nel ’94 ma un deleterio ministro del Tesoro in seguito. Era un grande tributarista, ma non aveva una visione economica».
Tutte scelte di Berlusconi...
«Ecco, se c’è un suo difetto è che, a volte, non sa scegliere le persone di cui fidarsi».
Vale anche per il cosiddetto «cerchio magico»?
«Non lo so, non conosco chi gli è vicino attualmente. Toti l’ho visto una sola volta, mi ha fatto una buona impressione».
Pare che Bonaiuti se ne sia andato proprio perché l’ex direttore del Tg4 ha ereditato i suoi ruoli... e il suo ufficio.
«Innanzitutto mi lasci dire che mi dispiace per Paolo. Non sono sicuro che sia stato sempre il miglior portavoce, ma so che ha fatto il suo lavoro con competenza e passione. Se fossi stato in lui avrei riflettuto più a lungo prima dello strappo. Ma non voglio parlare di questioni di cui non conosco tutti i particolari».
Lei abbandonerà mai Berlusconi?
«Io sono siciliano, nella mia famiglia è tradizione, quando si dà l’amicizia, non toglierla mai, a meno che non subentrino ragioni serissime. Che non ci sono state con Berlusconi. Non tradirei mai la sua amicizia, a maggior ragione in questo momento in cui è in difficoltà e abbandonato da tutti».
Carlantonio Solimene