Sebastiano Vassallo, Corriere della Sera 13/4/2014, 13 aprile 2014
RITORNA IL BAGLIORE DELL’ARMA BIANCA
Ciò che colpisce, nella cronaca nera di questi anni, è il ritorno alla grande del coltello. Non passa giorno senza che i giornali riferiscano casi di persone uccise con quest’arma, presente in tutte le nostre cucine: sicché un gioco di parole fin troppo facile potrebbe sostituire gli otto milioni di baionette con cui il Buonanima contava di vincere la Seconda guerra mondiale con i milioni di coltelli di oggi, che sono molti di più. Chi, come me, ricorda gli anni Cinquanta, Sessanta e Settanta del secolo scorso, ha l’impressione che vi si compissero meno omicidi e con meno spargimento di sangue. L’assassino, se non disponeva di armi da fuoco, poteva strangolare la sua vittima o poteva soffocarla; poteva finirla con un corpo contundente; poteva perfino avvelenarla. Una rapina in banca con il coltello era ancora impensabile. Il coltello come arma di difesa e di offesa apparteneva all’Ottocento e a una letteratura che sembrava finita con Lombroso e con Verga: un autore, quest’ultimo, che in un particolare periodo della sua vita usciva di casa con un «bastone animato», avente cioè al suo interno una lama affilata. In quella letteratura c’erano dei virtuosi del coltello, capaci di servirsene per micidiali rustici duelli. Oggi il coltello serve a uccidere con poca spesa e serve a uccidere i deboli: perché? Stiamo diventando più feroci, o c’è qualche altra ragione che mi sfugge? Sarebbe interessante scoprirla.