Chiara Maffioletti, Corriere della Sera 13/4/2014, 13 aprile 2014
IN SVIZZERA, DOVE PROSTITUIRSI È LEGALE
Abolizione (parziale) della legge Merlin e, di fatto, via libera alle case chiuse. È questo l’obiettivo della campagna referendaria promossa dalla Lega Nord. Al di là della scelta di lanciare il tema nel periodo elettorale, il percorso individuato non è soltanto quello dei banchetti per la raccolta delle firme dei cittadini, ma – soprattutto – quello istituzionale. La settimana scorsa, infatti, il Consiglio regionale della Lombardia ha approvato (con un solo voto di margine) la proposta di referendum presentata dal gruppo del Carroccio. Oltre alle storiche, aspre divergenze culturali sul tema della prostituzione, al Pirellone il dibattito politico è stato aspro e lacerante anche all’interno della stessa maggioranza di centrodestra. Gli alfaniani del Nuovo centrodestra, infatti, sono rimasti inamovibili nel dire no al referendum, e in aula il testo è passato per un soffio grazie al voto del Movimento 5 Stelle. Adesso, perché la richiesta di consultazione popolare sia valida, la Costituzione prevede che venga condivisa da almeno altri quattro Consigli regionali. E, puntuale, la Lega stessa ha già avviato lo stesso iter anche in Veneto, dove giovedì scorso la commissione Sanità ha dato il primo via libera. (gp.r.)
Il parcheggio non è pieno. Sulle auto – tutte dignitose ma nessuna di grossa cilindrata – sistemate a lisca di pesce si riflette il sole di una calda mattina di primavera. Il silenzio anonimo di tutte le anonime zone industriali di provincia è rotto solamente dal rumore di una segheria che lavora, poco lontano. Un posto qualunque. Che però è in Svizzera. E così, da dietro il separé di plastica da stabilimento balneare a poco prezzo che nasconde i ballatoi della palazzina affacciata sul parcheggio, appare una ragazza. Dondola su tacchi altissimi e indossa un abitino blu che le sta un po’ stretto. La testa è bassa: guarda il cellulare. Non può parlare, è di fretta: «Mi stanno aspettando in camera», si scusa. «Ma – aggiunge – al bar ci sono altre ragazze». Il bar è quello del Motel Castione e le ragazze sono tante, almeno trenta. Sono sedute al bancone o ai tavoli e quando si apre la porta, tutte si voltano a guardare.
In Svizzera la prostituzione è legale e anche locali come il Motel Castione lo sono. Lo ribadisce il titolare che però preferisce restare anonimo visto che la legge non basta a cancellare «i pregiudizi. Prima c’erano 33 ritrovi simili in Ticino ma sono stati quasi tutti chiusi», spiega. Questo perché non si può più mascherare una casa d’appuntamenti con un bar: «È cambiata la norma: siamo diventati “luogo di incontro per adulti”. Chi entra da noi paga l’ingresso e riceve in omaggio una consumazione». Dieci franchi, meno di dieci euro. Tra i clienti non notturni, soprattutto anziani. Parlano con le ragazze, sorridono. Ogni tanto qualcuno viene preso per mano da una di loro e si allontana lungo il corridoio che porta alle camere.
Per il gestore il guadagno, oltre agli ingressi (in media 200 giornalieri), è l’affitto delle stanze alle prostitute: «Al giorno sono 120 franchi. E forniamo ogni volta biancheria fresca». Le camere sono sì pulite ma sembrano quelle di un hotel a due stelle. «Per renderla più calda ho attaccato sul lampadario un velo rosso», racconta Gina. Ha 29 anni, ha iniziato a prostituirsi quando ne aveva 23 e viene dalla Romania. «Da noi gli stipendi sono di 200 euro al mese. Ho una bambina e credo sia giusto se mi sacrifico io perché non lo faccia mai lei». Il peso più grande è non averla cresciuta: «Ma quando penso che va a scuola ed è vestita bene e apre il frigo e lo trova pieno, allora so che sto facendo la cosa giusta». Nella sua famiglia nessuno sa che lavoro faccia Gina. La sua idea, come di molte altre, è fare tanti soldi in pochi anni. In media una prostituta chiede 100 franchi per mezz’ora e ne guadagna attorno ai 5, 6 mila al mese. Gina si è comprata un appartamento. «Ci sono storie a lieto fine – racconta un cliente, 42 anni, svizzero che di professione fa il giornalista –. Questi posti vengono raccontati sempre sotto una cattiva luce ma qui ho conosciuto molte brave ragazze, che aiutano le famiglie. Mi spiace che così tanta gente le giudichi male».
A Castione in effetti i clienti del bocciodromo (dopo il motel, il secondo locale più vivo di questo minuscolo centro) scuotono la testa: «Ma davvero c’è gente anche a quest’ora? Sono anziani? Ma anziani come noi?». Una coppia di marito e moglie classe 1929 ascolta attenta. Lei indignata. Lui sbuffa. Ma alla fine chiede sospettoso: «Ma anche della mia età? Io ho 85 anni eh». «La prostituzione in Svizzera è un’attività economica tutelata dalla Costituzione federale», scandisce Norman Gobbi, ministro ticinese con delega alla prostituzione. «L’obiettivo è evitare la prostituzione di strada e la clandestinità. Chi vuole prostituirsi deve registrare la sua presenza sul territorio alla polizia, dopodiché ottiene un permesso di cinque anni. In Ticino al momento si stimano 600 prostitute». Ma non proprio tutte pagano le tasse. La maggior parte fa la spola con il Paese d’origine: lavora in Svizzera per un paio di mesi poi torna a casa, per rientrare di nuovo a distanza di qualche tempo. Una strategia semplice per evadere.
Ulisse Albertalli, titolare del Bar Oceano – 70 camere vista autostrada – si definisce «un pioniere del settore». È orgoglioso delle battaglie fatte per ottenere «la licenza di bordello ufficiale. Le ragazze sono libere. Io offro le camere, i servizi alberghieri e la sicurezza (che garantisce però anche una sezione specifica della polizia)». Tutto per 165 franchi al giorno e due giorni di preavviso prima di liberare la camera: «Le ragazze girano per tutta la Svizzera e si fermano poche settimane. I clienti preferiscono il ricambio: spesso una moglie l’hanno già a casa». Albertalli gestisce il locale con i figli «a testa alta. E molti dei ben pensanti contro cui mi sono scontrato in pubblico poi li ho ritrovati nel mio club». Vanessa ascolta seduta su un divanetto. Ha 30 anni, anche lei è romena e a Bucarest ha aperto un salone di bellezza con i soldi fatti qui. Da piccola voleva fare la sarta. È molto bella ma il trucco marcato la fa sembrare più grande. Eppure nella sua stanza ci sono decine di peluche tra cui un orsacchiotto gigante. «Ai miei ho detto che lavoro nella hall di un hotel», confessa. Perché non lo fa davvero? «Così guadagno molto di più e molto più velocemente». Una formula che vale per tante. Sempre più italiane conferma Marco, titolare del sito incontriticino.ch . Il suo è un portale di annunci per chi esercita puntando sull’altra faccia del «modello svizzero»: la prostituzione da appartamento. «La percentuale delle italiane che si iscrivono sta salendo moltissimo negli ultimi tre anni. Prima si contavano sulle dita di una mano. Ora ce ne sono almeno 25, diverse frontaliere. In Svizzera italiana è dove danno i permessi più facilmente e dove poi sono più bigotti. Al di là del Gottardo è l’opposto: ci sono quartieri a luci rosse ma non c’è il moralismo che esiste qui, dove chi lavora in casa spesso lo fa di nascosto per evitare guai con i condomini».
Come fa anche una ragazza svizzera: «Nel mio appartamento faccio la massaggiatrice: decido io se proseguire con il rapporto o no». Non ama il suo lavoro, ma si sente tutelata. «Pago le tasse e sono in regola. Ma non lavorerei mai in un club: è vero che le ragazze possono scegliere con chi andare ma se devono pagare un fisso al giorno per me è comunque sfruttamento della prostituzione. Se non ci sono clienti sono costrette a svendersi». La crisi non aiuta: «Le ragazze fanno sempre di più per sempre meno. E molte sono italiane». Come la giovane donna seduta sugli sgabelli del Pompeii, locale a pochi passi dal confine, a Chiasso, che conferma il teorema secondo cui più ti avvicini all’Italia e più si fa spessa l’aria di omertà. La ragazza è di Palermo ma si è trasferita vicino alla dogana e ha un permesso come frontaliera. Sta aspettando i primi clienti ma non ha voglia di parlare. Una cosa però le sfugge, mentre si sistema distratta la scollatura: questo mestiere in Italia? No, non lo farebbe mai.
Chiara Maffioletti