Camille Eid, Avvenire 13/4/2014, 13 aprile 2014
LIBANO, IL MITO DECADUTO DELLA SVIZZERA MERIDIONALE
Malgrado il tentativo di controllare gli arrivi dall’estero e il recente giro di vite sul segreto bancario, il Libano fatica a levarsi d’addosso quelle imbarazzanti etichette di ’rifugio sicuro’ per ricercati e reietti mondiali o di ’paradiso fiscale’. Di sicuro il Libano non possiede più il fascino di quella ’Svizzera del Medio Oriente’ che negli anni Sessanta ha fatto di Beirut un ideale punto di ritrovo non solo di bancarottieri in fuga, ma anche di avventurieri, spioni ed esuli politici amanti della vita mondana. La capitale libanese è stata, durante la guerra, un catino di possibilità di farla franca dalla giustizia. Nel dopoguerra, la sua anima corsara, l’assenza di lacci giuridici (o la facilità di disfarsene), hanno ammagliato tante persone. Nel 2004, agenti dell’ambasciata americana a Beirut hanno potuto filmare diversi ex collaboratori di Saddam Hussein mentre facevano jogging sul lungomare di Raouche.
Il caso più noto a casa nostra riguarda il ragioniere Felice Riva, già presidente del Cotonificio Vallesusa e presidente del Milan, protagonista di uno dei primi scandali finanziari che hanno messo a soqquadro l’Italia mezzo secolo fa. Riva era fuggito a Beirut per evitare sei anni di carcere per bancarotta e ricorso abusivo al credito. Invece di andare in tribunale e rispondere dei suoi reati (il passivo del crack era stato valutato nel 1965 ad oltre 46 miliardi di lire e 8 mila lavoratori rimasti a casa), Felicino – come veniva chiamato – preferisce la strada della fuga: Nizza, Parigi, Atene, e infine Beirut, dove rimane undici anni spostandosi tra i grandi alberghi. Nel 1982, quando in Libano infuria la guerra, decide di fare ritorno in Italia. Non senza ragione. Grazie a condoni e amnistie, il suo curriculum giudiziario si riduce infatti a zero.
Altri Paesi europei hanno visto il Libano al centro dei propri scandali politico-finanziari. Uno di questi riguarda Hervé Falciani, un ingegnere italo-francese dei sistemi di sicurezza informatica che lavorava per la banca svizzera Hsbc. Alla fine del 2008 Falciani viene arrestato in Svizzera per violazione del segreto bancario, ma riesce a fuggire, prima in Francia poi in Spagna. Durante l’inchiesta, una sua ex collaboratrice riferisce di un loro viaggio in Libano nel 2007, durante il quale l’uomo insiste per usare un falso nome arabo. Scopo del viaggio la vendita di dati sensibili su 400mila titolari di conti privati a quattro banche libanesi. Sospettata dall’offerta, una delle banche avvisa l’Associazione svizzera dei banchieri che lancia subito l’allarme.