Maria Novella De Luca e Carlo Picozza, la Repubblica 14/4/2014, 14 aprile 2014
SCAMBIO DI EMBRIONI. «QUEI FIGLI NON SONO MIEI MA HO DECISO DI TENERLI»
Cercavano da anni un figlio. Ma qualcosa è andato storto nelle pratiche di fecondazione assistita. Una coppia romana ora aspetta da quattro mesi due gemelli che non hanno il suo patrimonio genetico, le sono stati infatti impiantati gli embrioni di un’altra coppia che lo stesso giorno si è sottoposta all’identico trattamento nel centro Pma dell’ospedale Pertini di Roma. Una storia drammatica – di cui ha dato conto ieri la Stampa – dal futuro doloroso, incerto anche dal punto di vista legale. Se infatti Anna e Luca (i nomisonodifantasia, ndr) hannodecisodi proseguire la gravidanza nonostante tutto, la seconda coppia ha perso il bambino.
Una caso raro nei centri italiani. Negli ultimi 18 anni sono solo tre i casi conosciuti arrivati sulle pagine di cronaca: il primo a Modena dove una coppia partorì due bambini di colore e solo allora scopri che vi era stato uno scambio di provette, gli altri a Torino e Padova dove, la stessa mattina dell’impianto, i medici si accorsero dell’errore e le donne decisero di prendere la pillola del giorno dopo. All’ospedale “Pertini” oggi arriveranno gli ispettori del ministero della salute, guidati dagli esperti del centro nazionale trapianti che si occupa per legge dal 2010 di fare i controlli sui centri italiani, circa 25 l’anno, e che ne ha bocciati due per mancato rispetto delle norme europee di sicurezza. «È un caso gravissimo, vogliamo verificare il percorso seguito dal centro e le ragioni per cui non ne sia stata data tempestiva informazione all’autorità centrale», dicono al ministero della Salute. Una commissione d’inchiesta, attivata da Asl Roma B e Regione Lazio, si è insediata già dall’inizio di aprile, mentre l’Unità medica per la sterilità è chiusa da due settimane.
MARIA NOVELLA DE LUCA - CLAUDIO PICOZZA
Anna diventerà madre, Lia invece il suo bambino l’ha perso. I nomi, naturalmente, non sono veri. Ma lo strazio, invece, di questa partitura a quattro, Anna che porta l’embrione di Lia e Lia che porta l’embrione di Anna, e dei loro mariti disperati testimoni, è purtroppo tutta vera. Ed è incredibile. Il brutto sogno di ogni genitore, avvenuto in uno dei più grandi ospedali romani, in quei reparti di figli venuti dal freddo che dovrebbero essere i luoghi più sicuri del mondo.
Anna racconta, attraverso il suo avvocato, Michele Ambrosini: «Questi bambini vivono dentro di me, li ho sentiti battere sul mio cuore, crescono e sono sani. Come posso decidere del destino di due creature così attese? Sì, ho avuto un momento di umano rigetto quando ho saputo che non erano miei, anzi nostri, che gli embrioni che avevo in grembo erano di un’altra donna, ma poi abbiamo deciso che la gravidanza doveva continuare, i nostri valori sono questi...».
Di Lia sappiamo invece che non ce l’ha fatta, ha avuto un aborto spontaneo: un prova sofferta e dura quando per anni si è sperato in una gravidanza, e poi si scopre di essere vittime di un terribile errore medico. Perché
se a Lia fossero stati impiantati i suoi embrioni e non quelli di Anna, oggi forse sarebbe lei in attesa di due gemelli. E dunque futura madre.
Inizia il quattro dicembre del 2013 all’ospedale Sandro Pertini di Roma questa storia di scambio di embrioni tra due coppie romane, Anna e Luca, e Lia e Mario, nel reparto di Procreazione medicalmente assistita, oggi diretto dal dottor Massimo Giovannini. Un giorno che per gli aspiranti genitori della fecondazione assistita è sempre in bilico tra le lacrime e la gioia: perché in quella data avviene l’impianto, e se l’embrione attecchirà sarà festa, se invece andrà male si dovrà ricominciare daccapo. Ma quel quattro dicembre, venti giorni prima di Natale, sembra una data fortunata: Anna e Lia, che naturalmente non si conoscono, restano incinte entrambe, dopo tanti tentativi andati a vuoto.
Immaginiamo le settimane di attesa, e poi la gioia di fronte al test di gravidanza positivo. Fa freddo, è inverno, ma per Anna e Luca e Lia e Mario, tutti già alla soglia dei quarant’anni, è grande il calore della speranza. Anna e Lia non sanno, invece, che il quattro dicembre le loro vite si sono assurdamente incrociate per sempre. Perché forse a causa di cognomi troppo simili, o di incuranza medica, si verifica uno scambio di provette, in Anna viene impiantato l’embrione di Lia e Mario, e in Lia l’embrione di Anna e Luca.
Racconta Michele Ambrosini, noto legale di Urbino, e oggi
difensore di Anna e Luca. «Quando sono arrivati nel mio studio erano sconvolti. Portavano tra le mani i risultati della villocentesi, in cui c’era scritto che quei due gemelli che stavano aspettando, e che aspettano tutt’ora, non avevano nulla del loro patrimonio genetico... Mi hanno chiesto di tutelarli, lei è provata, soffre, ha perso molti chili in poche settimane, però mi ha ripetuto più volte: “Avvocato, cosa posso fare adesso? Questi bambini li ho sentiti dentro di me”. Ha deciso di portare avanti la gravidanza, adesso lei e il marito cercano soltanto pace e silenzio, ma siamo di fronte ad un dramma». Chi è oggi Anna, si chiede infatti l’avvocato Ambrosini, «una futura madre o un utero in affitto, coartatamente in affitto, e che cosa succederà dopo, quando Anna avrà messo al mondo i due gemelli che ha in grembo?».
Cosciente che nulla sarà come prima, la coppia decide insieme all’avvocato Ambrosini di inviare una lettera al direttore generale dell’ospedale Pertini, Vitaliano Da Salazar, allegando le prove. Sì, le prove. Cioè la scoperta casuale, e dunque ancora più grottesca, di Anna e Luca di non essere genitori biologici dei figli che aspettano. Accade infatti che al terzo mese, come si fa spesso nelle gravidanze complicate, per non rischiare un aborto con l’amniocentesi, Anna si sottopone alla villocentesi, test che permette di evidenziare se ci sono anomalie genetiche del feto. L’esame non avviene all’ospedale
Sandro Pertini, bensì in un altro centro romano, il Sant’Anna. Il referto è chiaro: i due gemelli sono sani, crescono, ma il loro Dna è diverso da quelli dei genitori, cioè Anna e Luca.
Infatti. Perché l’embrione impiantato nell’utero di Anna è quello di Lia e Mario... È metà marzo. La lettera dell’avvocato Ambrosini scatena il finimondo. Il reparto di Procreazione assistita viene prudenzialmente chiuso, tutti gli interventi sospesi. «Prima di iniziare un’azione legale sono andato a parlare con il direttore generale, mostrandogli tutte le prove raccolte. I miei assistiti non si sono fermati agli esami del Sant’Anna, ma hanno fatto ulteriori test seguiti da un genetista. E a mio parere non ci sono dubbi su quanto è accaduto il quattro dicembre al Pertini». Anche se c’è chi avanza, come il genetista Giuseppe Novelli, membro della commissione d’inchiesta, uno scambio non di provette, ma di referti, avvenuto durante la villocentesi. Insomma ad Anna sarebbe stato semplicemente consegnato un referto sbagliato e i due gemelli sarebbero biologicamente suoi.
Sarebbe bello. Ma fino al parto è impossibile che Anna si sottoponga ad altri test, che potrebbero essere rischiosi per i bambini. E poi c’è Lia. Di certo saprà cosa sta accadendo, cosa è accaduto quel brutto e freddo quattro dicembre. Potrebbero Lia e Mario un giorno chiedere la restituzione di quei due gemelli che hanno il loro patrimonio genetico, ma che sono nati dal grembo di Anna? No, dice la legge. Di certo dietro questo terribile errore, ci sono due madri e due padri che hanno perduto
il sorriso.