Giuseppe Scarpa, la Repubblica 13/4/2014 (Dagospia 13/4/2013, 13 aprile 2014
APPUNTI PER GAZZETTA - LO SCAMBIO DI EMBRIONI ALL’OSPEDALE PERTINI DI ROMA
REPUBBLICA.IT
ROMA - La Regione Lazio ha chiuso l’unità di fisiopatologia per la riproduzione e sterilità dell’ospedale "Sandro Pertini" di Roma, dopo un clamoroso caso di scambio di embrioni. Una donna al quarto mese di gravidanza ha scoperto di avere in grembo due gemelli con un altro patrimonio genetico. L’errore riguarderebbe quattro coppie, che si sottoposero all’intervento di fecondazione assistita il 4 dicembre scorso.
Lo rivela oggi il quotidiano La Stampa in edicola, anche se la Asl Roma B fa sapere di essere ancora in attesa del "test di conferma definitivo" sul caso.
Ma le reazioni non si sono fatte attendere. La Regione Lazio ha nominato una commissione d’inchiesta, che sarà presieduta dal genetista Giuseppe Novelli, rettore di Tor Vergata, e il ministero della Salute ha fatto sapere che ha già avviato l’iter per un’ispezione al Pertini.
Rep Tv Novelli: "Possibile errore in precedenza"
Il ministero, nel comunicato, sottolinea che "le normative nazionali che attuano le direttive europee nel settore cellule e tessuti specifiche per la fecondazione assistita sono molto rigorose: le procedure indicate nelle norme, se applicate correttamente, garantiscono la tracciabilità di tutto il materiale biologico nel percorso di fecondazione assistita". Con riferimento quindi, "allo specifico caso segnalato oggi dalla stampa, il Ministero intende verificare quale sia stato il percorso seguito dal centro di fecondazione assistita dell’ospedale Pertini, se siano state rispettate tutte le procedure previste dalle leggi e le ragioni per le quali non ne sia stata data tempestiva informazione all’autorità centrale".
Roccella: "Con l’eterologa casi potrebbero aumentare". Eugenia Roccella, deputato del Nuovo Centrodestra e vicepresidente della Commissione Affari Sociali della Camera, trasforma il caso del Pertini da un caso di malasanità a un problema politico, a pochi giorni dalla sentenza della Consulta che cancella le norme della Legge 40 che vietano la fecondazione eterologa, ovvero fuori dalla coppia: "E’ evidente che, se già sono accaduti fatti gravi come questo del Pertini quando c’era solo la fecondazione omologa, con l’introduzione dell’eterologa i rischi di errori simili non possono che aumentare. L’eterologa ha bisogno di regole specifiche e certe, senza quella fretta superficiale e rischiosa dell’attuazione della sentenza della Consulta che in troppi hanno sbandierato in questi giorni. E proprio per questo ci attiveremo immediatamente presentando nei prossimi giorni una legge in materia".
Quella dell’aumento dei rischi con il via libera all’eterologa è decisamente smentito da Andrea Borini, presidente della Società italiana di fertilità e sterilità: "Come nella fecondazione omologa gli embrioni verranno tracciati ed etichettati. In laboratorio poi si lavora sempre in presenza di un testiomone. Dire che con l’eterologa ci saranno maggiori rischi è una strumentalizzazione. I pazienti italiani possono stare tranquilli".
POTREBBE ESSERCI STATO SCAMBIO DI PROVETTE AL MOMENTO DELLA DIAGNOSI PRENATALE. SI PUO FARE IN QUALCHE SETTIMANA
IL CASO DELLA DONNA MORTA A TORINO
l Methergin? In molti ospedali non si usa più, come al Sant’Anna, nel centro piemontese dove avviene la maggior parte delle interruzioni di gravidanza e dove questo farmaco è stato da tempo sostituito con il Cytotech, lo stesso prodotto venduto al mercato nero per gli aborti clandestini.
Così, quasi per un tragico caso, tra le pieghe della morte di Anna Maria M., la giovane donna che mercoledì sera ha perso la vita all’ospedale Martini dopo un malore avvenuto subito dopo la seconda somministrazione di farmaci per un aborto medico, emergono tanti punti interrogativi sui metodi più sicuri per interrompere la gravidanza senza ricorrere alla chirurgia. E si apprende che Anna avrebbe accusato il primo malore, la difficoltà a respirare, proprio dopo l’iniezione di Methergin, un farmaco molto usato in ginecologia, almeno fino a qualche anno fa, proprio per ridurre le perdite di sangue: mestruazioni troppo abbondanti, aborti volontari o spontanei, il Methergin "è" la risposta automatica per molti medici, anche se altri non lo usano a causa dei crampi e dei dolori che può procurare. Insieme con le prostaglandine, che vengono somministrate per provocare l’espulsione, il Methergin e il Toradol, somministrato a Anna perché accusava dolore, sono oggi le tre sostanze sulle quali dovranno confrontarsi i medici legali incaricati dell’autopsia e degli esami istologici, e il pubblico ministero Gianfranco Colace al quale è stata assegnata l’inchiesta.
Il caso/Morta dopo aver preso la Ru486
Ma esiste un protocollo unico, seguito ovunque, che indichi che cosa e come fare quando una donna sceglie l’aborto chimico? La risposta è uno sconfortante "no", almeno secondo Silvio Viale, il medico che si è battuto per applicare questa metodologia in Piemonte e che oggi è tra i massimi esperti in Italia. "Purtroppo - spiega Viale - l’interruzione volontaria della gravidanza è un intervento che viene studiato pochissimo nella sanità italiana e che rappresenta quasi uno sgradevole obbligo, senza ricerca né aggiornamento in materia. Il primo e finora unico corso di formazione si è tenuto al Sant’Anna l’anno scorso, il protocollo ministeriale dà indicazioni generali e comunque non è obbligatorio seguirlo". Sta accusando i medici del Martini? "No, al contrario: sono sicuro che hanno fatto tutto quanto era giusto. Ma se il collega Alessandro Lauricella (unico medico non obiettore al Martini, ndr) venisse da noi a fare un turno per l’interruzione di gravidanza sarebbe meglio. Da noi 32 ginecologi su 88 non sono obiettori, e 24 effettuano concretamente interruzioni di gravidanza, con turni di lavoro che capitano circa due volte al mese: non si può definire un’emergenza, ma vale lo stesso principio degli altri ospedali, e cioè che sarebbe meglio realizzare gli interventi là dove c’è la casistica più ampia e la qualità migliore".
Il ritratto/ Anna Maria e quel segreto da difendere
Proprio al Martini, ben prima della morte di Anna M., un progetto speciale era stato presentato alla direzione per chiamare un medico esterno a intervenire sulle richieste d’aborto. Domani se ne parlerà anche in Sala Rossa, dove una mozione di Lucia Centillo e Laura Onofri chiede maggiore considerazione per la salute delle donne e interventi per fare fronte all’obiezione di coscienza là dove sono necessari. Intanto l’Aifa, l’Agenzia italiana del farmaco, chiede all’ospedale Martini "la scheda di segnalazione e una relazione sul caso al responsabile di farmacovigilanza della struttura in cui si è verificato il decesso, e attende di ricevere tutte le informazioni disponibili per
una corretta valutazione". Una prova in più, mentre arrivano gli ispettori ministeriali e si attende l’autopsia, che non c’è nulla di scontato nelle pratiche seguite per l’interruzione volontaria di gravidanza: un intervento frequente ma sul quale mancano ricerca e aggiornamento.