Giuseppe Scarpa, la Repubblica 13/4/2014 (Dagospia), 13 aprile 2014
Quattro interventi per cambiar sesso falliti. Nessun consenso informato presentato alle pazienti relativo al carattere sperimentale di quel tipo di operazione
Quattro interventi per cambiar sesso falliti. Nessun consenso informato presentato alle pazienti relativo al carattere sperimentale di quel tipo di operazione. E infine la pubblicazione, lo scorso gennaio, su una rivista scientifica degli stessi interventi, presentati con enfasi «come una nuova tecnica operatoria». Questo in sintesi il contenuto della denuncia a cui ha fatto seguito l’indagine della procura di Roma che ipotizza il reato delle lesioni personali dolose. Si sono sentite prese in giro le quattro trans che per loro stessa ammissione si trovano, ad oggi, in «una sorta di limbo» poiché non hanno più un organo sessuale definito. Quattro trans che si erano sottoposte all’intervento, da uomo a donna tra il 2011 e il 2013, al policlinico Umberto I. Adesso anche la magistratura vuole andare fino in fondo. Per questo il procuratore aggiunto Leonardo Frisani e il sostituto Maria Gabriella Fazi indagano per lesioni personali dolose, ad oggi contro ignoti. Un reato non comune da accostare all’operato dei camici bianchi. Se si considera che nella stragrande maggioranza dei casi l’ipotesi della lesione in capo ai medici è di solito colposa, per negligenza o superficialità. Il motivo risiederebbe, stando alla denuncia «nell’omessa informazione alle pazienti del carattere sperimentale delle tecniche operatorie praticate - spiegano i legali delle trans, gli avvocati Giorgio De Arcangelis, Alessandro Gracis e Gaetano Grieco - E proprio questa circostanza integrerebbe il carattere doloso delle lesioni riportate dopo l’operazione chirurgica». «Non sapevamo di essere cavie» hanno argomentato i pazienti nel presentare la querela lo scorso febbraio. Non sapevano infatti, ritengono le trans, di essere state tra le prime a doversi sottoporre ad una nuova tecnica sperimentale «che prevede per ricostruire la neovagina - si legge nella querela - l’utilizzo del tessuto dalla bocca». Ma l’intervento che si rivelerà fallimentare. Operazione in cui «nessuno dei pazienti - emerge dalla denuncia - era stato informato di far parte di un progetto sperimentale, con tutti i rischi conseguenti». A conferma del carattere sperimentale, emerge in denuncia, vi è «la pubblicazione di un articolo sulla rivista Plastic and Reconstructive Surgery del gennaio 2014. Dove gli stessi medici dell’equipe dell’Umberto I, che hanno operato le pazienti, scrivono del carattere sperimentale della tecnica operatoria praticata».