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 2014  aprile 12 Sabato calendario

DEBITO ITALIANO A RUBA. TENSIONE TESORO-BCE SUL VALORE DEI BOT

In sordina, il mese di aprile ha portato una novità che sta producendo una corrente sotterranea di tensione fra il Tesoro e la Banca centrale europea. Per l’Eurotower si è trattato di un aggiustamento tecnico. Per l’Italia invece è stato un inatteso declassamento del suo debito a breve termine, cioè dei Bot, che minaccia di ridurre la liquidità che le banche potranno attingere all’Eurotower. E che succeda ora, proprio quando la fiducia sembra tornare sui Paesi del sud Europa, non fa che irritare i tecnici del Tesoro a Roma ancora di più.
Quella della Bce a prima vista è solo una piccola correzione: ha rivisto il significato di alcuni dei rating con i quali lavora ogni giorno. Ogni settimana la banca centrale presta decine o centinaia di miliardi agli istituti dell’area euro, ricevendo da loro dei titoli in garanzia. Nell’ipotesi estrema che una banca fallisca, la Bce sa che potrà dunque recuperare il prestito vendendo quei titoli. Per esempio, le banche italiane presentano in garanzia per lo più Btp — ma anche Bot — e ricevono da Francoforte denaro liquido. La quantità di finanziamenti che il mondo del credito riceve dall’Eurotower dipende dunque dal valore che la Bce stessa assegna alle garanzie: più la qualità dei titoli offerti è considerata alta, più denaro la Bce presta a fronte di ciascun bond in garanzia.
E’ qui che fra Roma e Francoforte si sono accese le tensioni. Fino al mese scorso infatti le banche che presentavano garanzie in Bot pari a 100 euro di valore nominale, ricevevano dalla Bce prestiti per 99,5 euro: la “sforbiciata” dello 0,5% serviva all’Eurotower come ulteriore margine di garanzia nello scenario, anch’esso estremo, di default del Tesoro italiano che ha emesso quei titoli.
Dal primo aprile qualcosa però è cambiato: la “sforbiciata” che la Bce impone sui Bot non è più dello 0,5%, ma del 6%. Garanzie in Bot per 100 euro fruttano a una banca solo 94 euro di prestiti dall’Eurotower. Tecnicamente la decisione deriva da un aggiustamento su Dbrs, la più piccola delle agenzie di rating usate
dalla Bce per stimare le garanzie. Ma il significato più generale è chiaro: l’Eurotower tratta il debito italiano come fosse molto meno sicuro di prima. Lo accetta solo a patto di una maggiore cautela. Paradossalmente però lo stesso adeguamento non è ancora scattato sui Btp, che continuano ad avere una “sforbiciata” dello 0,5% anche se sono a più lunga scadenza. Giuseppe Maraffino, di Barclays, stima che per ora le banche italiane non dovrebbero subire un forte impatto negativo dalla svolta dell’Eurotower, perché non usano molti Bot alle aste della Bce. Se però la Bce dovesse declassare anche i Btp come ha già fatto sui Bot, l’accesso dell’Italia alla liquidità in euro diventerebbe più problematico.
I tecnici del Tesoro considerano la decisione fuori tempo, proprio ora che i titoli dell’Italia e degli altri Paesi in crisi tornano a ispirare fiducia. Il Btp Italia a sei anni, all’asta lunedì prossimo, avrà una cedola dell’1,65%. E malgrado un debito pubblico che viaggia verso il 135% del Pil, il Btp decennale dell’Italia rende oggi il 3,21% (era al 4,8% nel giugno scorso). Ieri sono stati collocati all’asta 7,25 miliardi di Btp a 3,7 e 30 con tassi sempre più bassi (il triennale sotto l’1%). Anche con un’inflazione bassa che tiene alto il peso reale degli interessi, il debito costa oggi meno di un anno fa.
In questa trasformazione l’Italia non è sola. Il rendimento del titolo decennale del Portogallo è crollato nell’ultimo anno dal 6,3% a meno del 4%, benché Lisbona non sia ancora fuori dal piano di salvataggio e il suo debito stia avvicinando livelli italiani. Nei giorni scorsi il bond a cinque anni della Spagna, per breve tempo, è arrivato a rendere meno del pari grado americano: un record impensabile fino a pochi mesi fa per un Paese segnato dalla recessione più grave della fine della dittatura. E persino la Grecia, che solo due anni fa ha fatto il default più grande della storia, questa settimana è riuscita ad emettere un bond a cinque anni con cedola di meno del 5%. Il debito pubblico di Atene è ancora al 175% del Pil e nessuno si illude che sia davvero in grado di ripagarlo, o anche solo sostenere gli interessi. Ma agli investitori per ora non interessa: l’abbondanza di liquidità immessa sui mercati dalla Federal Reserve e dalla Bank of Japan, più i rendimenti quasi zero sui bond ovunque in Occidente, spingono il denaro sempre più lontano. Dopo il panico degli anni scorsi, nessuno oggi sembra più percepire il rischio del Sud Europa. Nessuno, a quanto parte, meno la Banca centrale europea.