Giu. Fas., Corriere della Sera 12/4/2014, 12 aprile 2014
MUORE DOPO LA PILLOLA ABORTIVA, APERTE DUE INCHIESTE
Quattro giorni fa il dramma, adesso le polemiche e le inchieste. Il caso (il primo in Italia) della donna torinese di 37 anni morta dopo un aborto farmaceutico, oggi ha diversi fronti aperti. La magistratura, per esempio. Che ieri ha avviato un’inchiesta per far luce sulle cause del decesso e ha disposto l’autopsia per lunedì. La politica, che (dopo gli articoli de La Stampa ) riaccende i riflettori sulla discussa Ru486, più conosciuta come pillola abortiva. Il ministero della Salute, che ha aperto a sua volta un fascicolo chiedendo alla Regione Piemonte la cartella con la storia clinica della donna «per capire cosa sia accaduto». E, infine, i medici dell’Ospedale Martini di Torino, che non sanno spiegarsi il perché del decesso ma escludono un caso di malasanità.
«Non sappiamo cosa sia successo — dice il direttore della Asl Torino 1, Paolo Simone —, la signora è stata sottoposta a tutte le pratiche di rianimazione. È stato fatto di tutto, proprio tutto. Non c’erano controindicazioni per l’interruzione di gravidanza». Lunedì 7 aprile la donna, madre di un bambino di quattro anni, si era sottoposta alla prima somministrazione del farmaco abortivo e aveva firmato le dimissioni volontarie. Mercoledì è tornata in ospedale per la seconda somministrazione ma poco tempo dopo aver espulso il feto ha avuto problemi respiratori e la situazione è diventata irrecuperabile in poche ore.
Il primario della divisione di Ostetricia e Ginecologia, Flavio Carnino, garantisce che non sono stati fatti errori medici e spiega che «la paziente, quando mercoledì mattina alle 8 e 30 è tornata in ospedale per la seconda somministrazione, stava benissimo. Ha espulso il feto entro le tre ore previste dal protocollo. Andava tutto bene. Poi, all’improvviso, è stata male».
Non è detto che l’autopsia possa sciogliere dubbi o dare risposte ma di sicuro sarà un primo punto fermo per la magistratura e per il ministero della Salute. La ministra Beatrice Lorenzin per ora ha preferito non seguire le indicazioni di chi, come Eugenia Roccella, deputato del Nuovo Centrodestra, ha chiesto un’ispezione al Martini. «Abbiamo attivato tutta una serie di procedure automatiche di controllo e di verifica. Io non mi pronuncio fino a quando ci sarà l’autopsia», ha spiegato la stessa Lorenzin.
«Questa morte è tanto più dolorosa in quanto poteva essere evitata», fa sapere Eugenia Roccella. Che valuta: «Non c’è confronto possibile tra un metodo abortivo con la Ru486 e quello chirurgico: il primo ha un tasso di mortalità 10 volte più alto del secondo». Altra considerazione della deputata sul punto più critico dell’utilizzo della Ru486: «È necessario il ricovero in ospedale, e non si può ammettere un uso ambulatoriale della pillola».
L’invito a non strumentalizzare il dramma della donna torinese viene da Silvio Viale, considerato il padre della pillola abortiva in Italia, che oggi dirige il principale servizio italiano per l’interruzione volontaria della gravidanza all’Ospedale Sant’Anna di Torino. «So che questa volta, a differenza delle altre morti in gravidanza, la tragica vicenda sarà rilanciata dalle polemiche strumentali e pretestuose degli antiabortisti», dice, ipotizzando invece una «tragica fatalità».
Che siano pretestuose o no, la sua era una previsione facile. Perché le polemiche su questo caso, già fiorite ieri, sono di certo destinate a crescere.
G. Fas.