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 2014  aprile 12 Sabato calendario

FORZA ITALIA, BONAIUTI PRONTO ALL’ADDIO

Quando dopo 18 anni il tuo viso si è sovrapposto a quello del tuo leader, quando gli sei stato accanto e dietro e davanti in tutti i luoghi e tutte le inquadrature, e ne hai frenato le ire ed edulcorato gli eccessi e sdrammatizzato le uscite e smussato le gaffes condividendone vittorie e sconfitte, e poi un giorno ti vedi recapitati a casa sei scatoloni con tutte le tue cose, perché quello che è stato il tuo studio a palazzo Grazioli serve ad altri e devi fare posto, non hai molte strade davanti. E Paolo Bonaiuti, portavoce storico di Silvio Berlusconi, sta per imboccare l’unica che alla fine gli appare dignitosa. Andarsene da Forza Italia.
Sono ore convulse e di travaglio, e certamente mai dire mai, va lasciata una estrema possibilità di ripensamento che la notte porta prima di ogni decisione cruciale. Ma i giochi sono quasi fatti, a sera una ricucitura veniva considerata «molto difficile», mentre l’approdo del senatore — che dopo una lunga carriera giornalistica venne eletto in Forza Italia nel ‘96 e divenne da subito uomo della comunicazione di Berlusconi — dovrebbe essere in tempi brevi nel Nuovo centrodestra di Alfano. Che lo ha cercato, corteggiato, atteso e che adesso può spendersi una vittoria simbolica, politica e di immagine sul Cavaliere che turba una Forza Italia in grave difficoltà.
La rottura umana e politica di Bonaiuti con il partito del quale è stato uno dei volti più noti e presenti è la punta dell’iceberg di un disagio che minaccia di allargarsi a macchia d’olio provocando nuove scissioni e addii pesanti. E può fare molto male a un Berlusconi (che lo sa e ha tentato di recuperare «Paolino») e che, il giorno dopo la buona notizia sul probabile affidamento ai servizi sociali, deve affrontare questo colpo, quello mediaticamente tremendo della latitanza del suo ex braccio destro Marcello Dell’Utri, sondaggi ancora negativi e la grana delle liste per le Europee che vedono non solo pochissimi volti nuovi noti e attrattivi (tra gli imprenditori, presenti solo Mattia Malgara e Giampiero Samorì), ma anche le defezioni di big che potrebbero portare voti. Ha detto no la Carfagna, è incerto Miccichè, pure Galan non è sicuro di capeggiare il Nordest (potrebbe esserci la Gardini). Resistono ai loro posti Toti, Tajani, Fitto, ma il leader è prostrato, scuote la testa: «Dove andiamo così? Che liste sono?». Il tutto condito dalla rottura con Forza Campania e dalla perdita di molti esponenti locali che, dicono, stanno passando con Alfano. Giornata nera insomma ieri ad Arcore per l’ex premier, in compagnia di Toti e atteso oggi o domani al vertice decisivo sulle candidature.
Ma la valanga non arriva inattesa. Il disagio di Bonaiuti non era un mistero per nessuno, nel partito e nel Palazzo. Lui che per anni ha fatto da calmo e sereno parafulmine in situazioni esplosive — infinite le pezze messe con i giornalisti, dalla gaffe di Berlino sulla superiorità dell’Occidente all’editto di Sofia (celebri i suoi calci sotto il tavolo per tentare di frenare il Cavaliere), dal kapò dato al tedesco Schulz ai sorrisini sprezzanti di Merkel e Sarkozy, da Obama abbronzato alle corna a Caceres — lui che arrivava a smentire sorridendo il non smentibile, lui che nel tour della nave della Libertà nel 2000 rimase accanto al leader per tutta la crociera nonostante una rovinosa caduta gli avesse procurato una frattura alla spalla e una al polso, lui negli ultimi mesi è stato prima lentamente poi totalmente messo da parte senza che se ne capisse davvero il perché.
Certo la sua linea contraria alla rottura con Alfano e all’uscita dal governo e anche, in estate, l’assenza per malattia dovuta a un brutto virus, lo hanno allontanato da un leader che ha preferito scegliere come fedelissimi quello che adesso, semplificando, definiscono il suo cerchio magico. Al suo posto sono in tanti oggi a gestire il ruolo pubblico e privato di Berlusconi: da Toti alla Bergamini alla Rossi, con la presentissima Pascale. E Bonaiuti ha subito anche lo sgarbo di non essere inserito, nell’Ufficio di presidenza, tra i membri con diritto di voto.
L’ultima volta che ha parlato con il Cavaliere è stato prima di Natale, per capire. Berlusconi lo ha riempito di belle parole, come sa fare. Ma poi silenzio. Suo e dei vertici del partito. Silenzio rotto ieri, quando lette le anticipazioni del Fatto sul suo possibile addio Berlusconi è tornato a cercare il vecchio amico: «Ma Paolo, ma come puoi pensare che io non ti consideri importante, ma tu lo sai quanto conti per me, ti voglio bene, ragiona, aspetta». Una, due, tre, tante telefonate in una giornata frenetica in cui si sono attivati anche i grandi mediatori — primo Gianni Letta —, ma ancora senza arrivare a risolvere una situazione che non si può sanare con la restituzione di un peso o di un ruolo, perché quel vuoto — che peserà — è occupato ormai da altri.
Paola Di Caro