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 2014  aprile 12 Sabato calendario

IL LATO OSCURO DELLA PRINCIPESSA

Al ballo delle debuttanti, nel circolo più ambito di Filadelfia, Grace Kelly, icona di classe e altera bellezza, non mise mai piede. Le regole per l’ammissione erano chiare: «niente neri, niente ebrei, niente cattolici e niente nouveaux riches... non c’era spazio, quindi, per muratori irlandesi che avessero fatto fortuna, nè per le loro figlie». Con quel marchio, nascosto sotto la candida pelle, la ragazza aveva affrontato il cammino di una vita da favola. Ma era proprio da quella cicatrice indelebile, che vennero prima le intemperanze giovanili e poi le infelicità di donna matura. Fasi che comunque durarono poco. La giovinezza fu presto travolta dall’avventura hollywoodiana e l’età del tramonto svanì in un attimo, il 13 settembre 1982, quando Grace, a soli 52 anni, rimase vittima di un incidente automobilistico sulla strada che da La Turbie porta a Monaco. Dalla biografia di Robert Lacey (Grace Kelly La principessa americana Frassinelli) vien fuori il ritratto di una donna che aveva sempre pensato di scegliere il meglio per sè e alla fine, si era ritrovata tra le mani un gioiello prezioso, ma non di suo gusto. Non a caso, nella prefazione, si legge che la famiglia non ha voluto dare informazioni nè rilasciare interviste e, nel racconto che segue, si avverte che l’ottica è simile a quella adottata da Olivier Dahan nel film Grace (con Nicole Kidman) che aprirà il Festival di Cannes e che, già dal primo annuncio, ha provocato polemiche e prese di distanza ufficiali.
Come Alfred Hitchcock aveva subito capito, Grace Kelly era un effervescente frullato di contraddizioni, incarnazione perfetta del suo ideale di «donna del mistero, bionda, esile e nordica», e naturalmente dotata di quello che per il grande autore era un pregio fondamentale: «Non mi sono mai piaciute le donne che si appendono al collo la sensualità come un pendente». Grace era provocante senza esserlo, disponibile senza mostralo, arrendevole solo fino al limite che aveva deciso di non superare: «Riuscire a manipolare un maschio autoritario dava a Grace fiducia in se stessa, mentre il calore dell’ossessiva devozione di Hitchcock faceva sbocciare il suo talento d’attrice». In passato, ai tempi della Steven School, aveva collezionato flirt con allegra disinvoltura, primo fra tutti quello con Charles Harper Davis, figlio del concessionario Buick di Germantown. Poi, approdata all’American Academy of Dramatic Arts, era stata la volta dell’insegnante Don Richardson «giovane intenso e volubile col viso da gitano» che, nonostante il suo ruolo, perse la testa per quella studentessa che «sembrava una scultura di Rodin». Finì male, il ricordo della rottura rimase legato alla bruttissima immagine di lei che cerca di recuperare un braccialetto gettato da Richardson nella vasca dei pesci. Motivo? Sapevano tutti che era il tipo di cadeau riservato dal playboy Aly Khan alle sue conquiste, dopo che gli si erano concesse.
L’angelo dallo splendido incarnato aveva ormai spiccato il volo, i fidanzati erano puntualmente celebri, da Clark Gable a William Holden, le rotture accompagnate dalle notizie sui nuovi amori, un girotondo che culmina con l’Oscar per La ragazza di campagna, secondo molti scippato alla «veterana coraggiosa» Judy Garland. Eppure la carriera di Kelly aveva gli anni contati, sull’orizzonte della diva ecco stagliarsi la figura, non particolarmente aitante, di Ranieri III di Monaco: «Interessante - commentò pensosa Grace dopo il primo incontro». Alla luce dei mille riflettori sparati sul matrimonio fiabesco, seguì l’addio alla carriera voluto dal neo-marito e subìto dalla neo-moglie che, anche se sognava famiglia e figli, in fondo sperava che un giorno sarebbe tornata sul set. Ma il tempo che restava era maledettamente poco. Vennero gli eredi, con grandi gioie, ma vennero anche gli aborti, i litigi con il Principe, la morte del padre adorato e i primi accenni di depressione. Girare Marnie con il maestro del brivido l’avrebbe riportata a galla, ma il Principato fu subito, apertamente, contrario. A quel punto, tra le mani di Grace, restarono la delusione per un compagno «che dedicava il meglio delle sue energie al suo Paese delle meraviglie di cemento», la consolazione del cibo («sto ingrassando terribilmente»), le noie della menopausa che influiva sull’umore, ma anche sul peso («Ho questo seno tremendo... - si lamentava - è enorme, devo contenerlo») e le ansie legate alle avventure di Caroline e di Stephanie, la «bambina disobbediente» che sedeva al suo fianco la mattina della tragedia. Se anche fosse continuata, l’esistenza di Grace non avrebbe mai più avuto lo scintillio di quando, nell’agosto del ’51, si era presentata a Fred Zinnemann, con i guanti bianchi da ragazza perbene, una splendida creatura precipitata nel Far West di Mezzogiorno di fuoco.