Mattia Feltri, La Stampa 12/4/2014, 12 aprile 2014
SEGUITE I LIBRI ANTICHI E TROVERETE UN FUGGIASCO
Un sospettuccio era venuto nel settembre 2012 quando si seppe che Marcello Dell’Utri aveva spedito a Santo Domingo una parte della sua invidiabile collezione di libri antichi. Coi volumi - precisamente quali non si sa - erano volati nei Caraibi anche 11 dei 15 milioni di euro che Silvio Berlusconi bonificò all’amico in cambio di Villa Comalcione, sul lago di Como. Follow the money, segui il denaro, scrivevano quelli bravi. Ma se si tratta di Dell’Utri, follow the books, segui i libri. Essere collezionisti, dice infatti lui, è come essere eroinomani. «Si rischia la sindrome di Stendhal», disse. E si rischiano guai, soprattutto. Dell’Utri ne ha rimediati parecchi, l’ultimo con la biblioteca Girolamini di Napoli e il suo spettacolare (e devastante) saccheggio. Un certo Marino Massimo De Caro - scovato da Dell’Utri chissà dove e raccomandato al ministro Giancarlo Galan - spacciandosi per professore e per principe riuscì a rinchiudersi nella biblioteca con la fidanzata ucraina, la guardia del corpo argentina e un vecchio socio, che per colmo dell’assurdo si chiamava Bifolco. E lì per giorni e notti rubarono di tutto, edizioni cinque e seicentesche di Tommaso d’Aquino, Keplero, Cicerone. Qualcosa, compresa una clamorosa legatura del Canevari, è il gentile omaggio del professor principe a Dell’Utri che, quando scoppia il casino, casca dalla nuvole.
Le vicende dei diari del Duce, acquistati e pubblicati con un titolo salottiero (I diari di Mussolini, veri o presunti) nonostante robusti sospetti di falsità, oppure quelle del capitolo mancante del romanzo incompiuto di Pier Paolo Pasolini, Petrolio, capitolo che conterrebbe le prove dell’omicidio di Enrico Mattei e che Dell’Utri sosteneva di poter esibire e invece non esibì, sono vicende insufficienti ad annacquare la fama di esperto e di collezionista dell’ex senatore. A Milano la Biblioteca di via Senato, fondata da Dell’Utri nel 1996, contiene un tesoro di oltre centomila pezzi con incunaboli ed edizioni del Cinquecento, prime edizioni del Novecento (14mila volumi, cioè tutto), cinquecento pezzi del Fondo Borges, l’archivio di Curzio Malaparte: circa trecento faldoni con libri, manoscritti, dattiloscritti, lettere, documenti privati, ritagli di giornale. E poi le edizioni antiche di Tommaso Moro, Tommaso Campanella, Erasmo da Rotterdam, gli autori più amati e su cui Dell’Utri ideò la Biblioteca dell’Utopia, collana della Silvio Berlusconi editore. Oggi la biblioteca soffre della crisi, oltre che delle forzate assenze del capo. E lì dentro ricordano con malinconia le notti trascorse estasiati su un originale di Giordano Bruno o Niccolò Machiavelli.
Segui i libri, se vuoi trovare l’uomo. Alla Biblioteca di via Senato dicono che una piccola parte dei volumi è di proprietà di Dell’Utri e può essere che qualcosa si sia portato via. Per altri è una certezza: la roba migliore sta a Santo Domingo, dove Dell’Utri ha una villa e la residenza. Le priorità furono chiarite in un’intervista a Luigi Mascheroni per Scegliere i libri è un’arte, una raccolta di ritratti di collezionisti per Biblohaus:
delle tre grandi passioni del cofondatore di Forza Italia, quella bibliofila era ormai salda al primo posto, «dopo viene il calcio, che continuo ad amare. E poi la politica, che ormai detesto». Difatti ritiene che sia a causa della politica se ora sta per essere condannato per mafia, eppure fu per il calcio (sponsorizzazioni gonfiate) che nel 1995 assaggiò la galera a Ivrea: quindici giorni in custodia cautelare. Trascorse il tempo con De constantia sapientis di Seneca e, la mattina in cui uscì, era evidentemente scocciato: «Stavo rileggendo I promessi sposi, ma mi hanno scarcerato e purtroppo non sono riuscito a finirli».