Flavia Amabile, La Stampa 11/4/2014, 11 aprile 2014
CINQUE ANNI DI BATTAGLIE PER EVITARE VIAGGI ALL’ESTERO
Furono cinque anni di scontri durissimi quelli che precedettero il via libera alla RU486 in Italia. Cinque anni di lotte, ideologie, divisioni. Dietro la battaglia c’è innanzitutto un uomo, Silvio Viale, ginecologo dell’ospedale Sant’Anna di Torino. La prima tappa ufficiale di questa storia, infatti, risale al 2005 quando Viale avviò nel suo ospedale la prima sperimentazione del farmaco. Ministro della Sanità dell’epoca era Francesco Storace, al governo c’era Silvio Berlusconi, arrivarono subito gli ispettori del ministero. Bloccarono tutto ma solo per alcune settimane. Lo sperimentazione riprese a novembre e si concluse nell’agosto 2006. Viale fu indagato con i vertici dell’ospedale dalla procura per violazione della 194 perché, dopo aver somministrato la pillola, rimandava le donne a casa, facendole tornare dopo due giorni per concludere l’aborto.
Alla fine del 2005 si era unita alla sperimentazione anche la Regione Toscana acquistando la pillola direttamente all’estero provando la necessità dell’uso per le pazienti. Anche in questa occasione il ministro Storace provò ad ostacolare la procedura, ma senza alcun risultato. Anzi. Anche altre Regioni si mossero sulla scia della Toscana acquistando all’estero, dall’Emilia, al Trentino, le Marche, la Puglia.
Dal 2005 al 2008 furono 26 gli ospedali italiani ad importare la RU486 , la pillola fu somministrata a 4.000 donne. Ma era chiaro che il sistema non permetteva di soddisfare tutte le richieste, molte donne per non perdere tempo prezioso andavano in Francia o in Svizzera.
Nel 2007 la casa farmaceutica francese Exelgyn avviò le procedure per la registrazione in Italia, presentando richiesta formale di mutuo riconoscimento dell’autorizzazione francese all’utilizzazione del farmaco. Iniziò una procedura burocratica lunga e complessa. Innanzitutto furono raccolte le valutazioni di varie commissioni. Il 27 febbraio del 2008 arrivò il giudizio favorevole del Comitato tecnico scientifico dell’Agenzia. Era il primo via libera. Bisognava ancora superare l’esame del Comitato tecnico scientifico (Chmp) dell’Agenzia europea del farmaco (Emea), una nuova valutazione della Commissione tecnica dell’Aifa, quella del Comitato prezzi e rimborsi dell’agenzia del farmaco per la negoziazione del prezzo per il Servizio sanitario nazionale, il 30 luglio arrivò il via libera definitivo del cda dell’Aifa. Avrebbe dovuto essere l’ultimo atto. Ma nel frattempo era stata avviata un’indagine conoscitiva in Senato. Le audizioni si susseguirono numerose finché a novembre la commissione Sanità di palazzo Madama bocciò la delibera dell’Aifa con i voti del Pdl e della Lega chiedendo che l’immissione in commercio fosse preceduta da un parere del ministero della Salute.
Ministro dell’epoca era Maurizio Sacconi che chiese all’Aifa di modificare la sua determina inserendo l’obbligo di ricovero per le donne. L’Agenzia decise di non ascoltare il parere del ministro, iI 10 dicembre del 2009 la determina fu pubblicata in Gazzetta Ufficiale con lo stesso testo del 30 luglio. La RU486 era operativa, a 63 giorni dalla richiesta della Exelgyn in base alla procedura europea del mutuo riconoscimento, a 133 dall’approvazione della delibera Aifa per la commercializzazione della RU486, a 52 giorni dal mandato del Cda Aifa. Una prassi che in genere richiede al massimo 90 giorni.
Flavia Amabile, La Stampa 11/4/2014