Fabrizio Gatti, L’Espresso 11/4/2014, 11 aprile 2014
EXPO SEGRETA
C’è una storia segreta per l’Expo. Una storia mai raccontata nelle dichiarazioni pubbliche sul grande evento che dal primo maggio 2015 a Milano deve rilanciare l’immagine dell’Italia nel mondo. Da una parte il malaffare di alcune imprese che si sono aggiudicate appalti importanti, le infiltrazioni della ‘ndrangheta e il ritardo di un anno sul programma dei lavori. Dall’altra, l’impegno di un gruppo di funzionari dello Stato, a cominciare dal prefetto di Milano, che oggi si ritrova di fronte al bivio: difendere la legalità con la conseguenza di rallentare i cantieri e mettere a rischio l’intera manifestazione, oppure snellire le norme antimafia e abbassare la guardia. La più grande opera pubblica del momento, quasi tre miliardi di spesa tra infrastrutture e organizzazione per ospitare l’Esposizione universale, diventa così la metafora di un Paese all’ultima spiaggia. La voglia di fare che si scontra con il tempo perso in liti politiche: famosa la rissa che ha bloccato l’Expo per mesi tra l’allora sindaco Letizia Moratti e l’ex governatore Roberto Formigoni, oggi ben stipendiato in Senato. L’assalto della criminalità all’economia sana. La corsa affannata verso l’inaugurazione. E, in fondo a tutto, la mancanza di alternative. Si è scelto così di ridurre i controlli: attraverso la modifica del codice nazionale antimafia oppure l’ampliamento dei poteri speciali del commissario unico, Giuseppe Sala, come si faceva con la Protezione civile di Guido Bertolaso. La discussione, tuttora in corso, ha coinvolto quattro ministri, il presidente della Regione Lombardia, il sindaco di Milano e il capo della Prefettura. Ecco il diario segreto di sei mesi di incontri e contatti che "l’Espresso" ha ricostruito grazie alle testimonianze di quanti erano presenti.
5 SETTEMBRE 2013: Roma, Direzione centrale della polizia criminale. Il vice capo della polizi a e direttore centrale della polizia criminale, viene aggiornato sull’arresto, qualche giorno prima, del vicequestore aggiunto Giovanni Preziosa, 59 anni, ex assessore alla Sicurezza nella giunta di centrodestra a Bologna. È accusato di avere ceduto informazioni estratte dalle banche dati delle forze dell’ordine all’impresa di costruzioni Mantovani spa, società che a Milano si è aggiudicata l’appalto più importante di Expo 2015. L’informativa del ministero dell’Interno evidenzia che nell’ordinanza di custodia cautelare che ha disposto l’arresto del vicequestore Preziosa, il giudice per le indagini preliminari definisce la Mantovani spa un «gruppo economico criminale». Il vice capo della polizia viene anche avvertito che qualsiasi provvedimento di interdizione nei confronti della Mantovani spa potrebbe pregiudicare lo svolgimento dell’Expo: proprio perché l’impresa ha vinto il contratto per la struttura principale, cioè la costruzione della "piastra" di cemento armato su cui verranno realizzati i padiglioni dell’Esposizione universale. Anche la Prefettura di Milano è al corrente delle criticità che riguardano la società: criticità come l’arresto il 28 febbraio 2013 dell’amministratore delegato di Mantovani, Piergiorgio Baita, per associazione a delinquere finalizzata all’emissione di fatture per operazioni inesistenti e dichiarazione fraudolenta.
6 SETTEMBRE 2013: Milano, Prefettura. Davanti al prefetto di Milano, Francesco Tronca, si riunisce la sezione specializzata del "Comitato di coordinamento per l’alta sorveglianza sulle grandi opere per l’Expo 2015". I convocati ricordano quello come un incontro carico di preoccupazioni. Il prefetto li aggiorna sul numero degli ultimi provvedimenti interdittivi antimafia: una decina di imprese già allontanate o che stanno per essere allontanate dai cantieri. Sotto esame non ci sono soltanto gli appalti per il sito dell’esposizione, ma anche quelli per le infrastrutture esterne. Tronca rivela una maggiore presenza di infiltrazioni di origine calabrese. In particolare nelle opere viarie e nei cantieri della Teem, la nuova tangenziale di Milano. Nonostante questo ulteriore allarme, il prefetto annuncia che il suo ufficio ha manifestato al ministero dell’Interno la necessità di snellire la normativa sui controlli antimafia. Una modifica che il rappresentante del governo definisce indispensabile, pur nel rispetto della legalità. Gli arretrati ancora in istruttoria superano il sessanta per cento delle richieste. Percentuale che non può essere accettata. Sarà proprio la Prefettura di Milano a scrivere la bozza della nuova normativa da inviare al Viminale. Il comitato deve anche valutare le informazioni fornite dalla Direzione nazionale antimafia (Dna) sulla Serenissima holding: la società della potente famiglia Chiarotto di Padova è proprietaria della Mantovani spa e della Fip industriale spa, altra azienda del gruppo veneto impegnata nei cantieri per le infrastrutture viarie di Expo. Il procuratore nazionale aggiunto della Dna, Pier Luigi Dell’Osso, spiega davanti al prefetto che non tutte le notizie possono essere liberate dal segreto. E che l’arresto del vicequestore Preziosa e quanto ha scritto il giudice nell’ordinanza di custodia cautelare mostrano comunque uno spaccato dell’attività della Mantovani spa. Per questa ragione, secondo il procuratore Dell’Osso, l’ordinanza potrà essere uno degli elementi su cui fondare importanti iniziative da intraprendere in tema di antimafia. Ma non tutti sono d’accordo. Se ne fa immediatamente portavoce Pietro Baratono, ingegnere e provveditore alle Opere pubbliche di Lombardia e Liguria, che nel Comitato per l’alta sorveglianza rappresenta il ministero delle Infrastrutture guidato da Maurizio Lupi. Baratono dice chiaro e tondo al prefetto e ai presenti di essere preoccupato e rammaricato per quanto ha riferito l’alto magistrato sull’associazione tra imprese di cui la Mantovani spa è capogruppo. Perché, trattandosi dell’affidataria dei lavori di costruzione della piastra, l’emissione di un eventuale provvedimento interdittivo e il conseguente allontanamento dai cantieri potrebbero mettere a rischio la realizzazione della manifestazione. Cioè potrebbero costringere l’Italia a una memorabile figuraccia davanti al mondo. In altre parole chi volesse adottare i necessari provvedimenti imposti dalla legge, per proteggere la pubblica amministrazione da infiltrazioni mafiose o attività illegali, deve assumersi la responsabilità di un fallimento di Expo 2015. Al ministero dell’Interno e a quello delle Infrastrutture fanno le stesse valutazioni. Il provveditore alle Opere pubbliche si lamenta anche per il fatto che lo stato di avanzamento dei lavori verificato dai suoi funzionari nei cantieri non corrisponde a quanto ufficialmente dichiarato dalla Expo 2015 spa, società creata da Regione Lombardia, Comune di Milano, Provincia e Camera di commercio per organizzare e gestire il grande evento.
2 8 OTTOBRE 2013: Roma, ministero dell’Interno. La richiesta della Prefettura di Milano di snellire le verifiche antimafia viene accolta. Il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, firma la direttiva sul coordinamento degli accertamenti che individua nella Direzione investigativa antimafia (Dia) «l’organismo sul quale verranno a gravitare le attività info-investigative di preventivo controllo, propedeutiche al rilascio della documentazione antimafia o all’iscrizione degli operatori nelle cosiddette white-list». Il 7 dicembre la Gazzetta ufficiale pubblica le nuove linee guida con le quali il Comitato di coordinamento per l’alta sorveglianza sull’Expo fornisce "prescrizioni aggiuntive volte ad accelerare i controlli antimafia". Viene così formalizzata una nuova procedura più rapida. Le imprese non segnalate nella banca dati della Prefettura o in quella della Dia ottengono la liberatoria provvisoria nel giro di pochi giorni: possono quindi firmare i contratti ed entrare nei cantieri.
7 GENNAIO 2014: Milano, Prefettura. Alla riunione del Comitato di coordinamento per l’alta sorveglianza sull’Expo, partecipano oggi anche l’ambasciatore Paolo Guido Spinelli e l’architetto Andrea Del Prete per conto di Expo 2015 spa. L’ambasciatore Spinelli, che cura i rapporti con i Paesi esteri e con il «Bureau International des Expositions», comunica al prefetto che i lavori sono in ritardo rispetto al programma. L’architetto di Expo, che si occupa dei problemi tecnici del grande cantiere, spiega invece che per la realizzazione dei singoli padiglioni, gestita dagli Stati partecipanti, si prevedono affidamenti delle opere molto frazionate. E soprattutto che i Paesi esteri probabilmente firmeranno con le imprese contratti di tipo privatistico e non veri e propri subappalti pubblici. Un ostacolo in più per i controlli antimafia, tenendo conto che l’alta frammentazione dei contratti rischia di favorire l’infiltrazione di aziende colluse. L’impegno non è di poco conto: per la consegna dei padiglioni, le rifiniture, gli allestimenti, i servizi qualcuno già stima il coinvolgimento per i prossimi mesi di centinaia di piccoli e medi imprenditori italiani e stranieri, suddivisi tra una cinquantina di filiere. Imprenditori su cui saranno svolti accertamenti preferibilmente preventivi: cioè su nomi, documenti, banche dati senza necessariamente inviare ispezioni nei cantieri, per non pregiudicare l’andamento dei lavori. Com’è nell’interesse della società Expo 2015. Dietro il paravento dei documenti in ordine, però, qualche azienda collusa è riuscita a eludere i controlli. L’allarme è altissimo. Al prefetto viene riferito che la criminalità organizzata si è infiltrata principalmente nei contratti per le opere infrastrutturali stradali. Soprattutto nei lavori per la costruzione dell’autostrada Pedemontana e della nuova tangenziale di Milano, due opere finanziate per l’Expo.
La Prefettura ha finora firmato l’interdizione antimafia per dieci imprese impegnate nei cantieri della Teem, la tangenziale esterna milanese. Ditte infiltrate prevalentemente dalla ‘ndrangheta. Otto sono invece le imprese "interdette" dai cantieri della Pedemontana. Molte società hanno ricevuto incarichi in tutte e due le grandi opere e sono spesso collegate tra loro da legami societari e familiari. Il maggior numero di incarichi riguarda piccoli subcontratti non sottoposti all’autorizzazione della stazione appaltante, come invece avviene per i subappalti. Uno stratagemma, viene spiegato nella riunione con il prefetto, sfruttato dalle imprese per sottrarsi agli speciali controlli antimafia previsti per l’Expo. Si è scoperto così che la criminalità organizzata è riuscita a infiltrarsi proprio grazie ai subcontratti affidati a società che, anche se con sigle e denominazioni diverse, risultano legate tra loro da un’intensa rete di interessi familiari e d’affari. E strettamente connesse o addirittura presenti, indirettamente o direttamente, in tutte le opere Expo.
1 3 GENNAIO 2014: Milano, Prefettura. Il prefetto Tronca incontra il ministro dell’Interno Alfano, arrivato da Roma per firmare il "Piano di azione Expo 2015 – Mafia free". Il piano viene sottoscritto dal ministro con il presidente della Regione Lombardia, Roberto Maroni, il sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, e il commissario unico per l’Expo, Giuseppe Sala. «La sottoscrizione del piano d’azione», spiega il ministro Alfano all’Ansa, «cristallizza la volontà ferma e determinata dello Stato e degli altri organismi coinvolti di attivare ogni iniziativa utile a garantire il rispetto della legalità e della trasparenza in tutte le fasi di realizzazione dell’evento». Nelle stesse ore, sempre in Prefettura, il Comitato di coordinamento per l’alta sorveglianza sull’Expo decide di semplificare ulteriormente la procedura antimafia sulle imprese estere che lavoreranno nei cantieri. Le verifiche saranno limitate alle autocertificazioni dei proprietari, degli amministratori e dei procuratori con poteri specifici in merito al contratto, così come ha suggerito il ministero dell’Interno. Esclusi dai controlli i familiari, i conviventi, i sindaci e i revisori dei conti. I tempi di risposta della Prefettura vengono fissati in quindici giorni: oltre, la stazione appaltante sarà autorizzata a firmare il contratto con la ditta e a dare provvisoriamente il via ai lavori anche senza liberatoria. Quanti erano presenti ricordano che il termine dei quindici giorni è stato proposto dall’avvocato generale dello Stato, Ettore Figliolia, già consulente legale nella Protezione civile dei grandi eventi di Guido Bertolaso. Lo scopo della procedura semplificata è sempre quello di accelerare i tempi. Anche se, secondo alcuni osservatori, la criminalità potrebbe ora infiltrarsi in Expo dietro lo schermo delle imprese straniere.
1 1 FEBBRAIO 2014: Lombardia, cantieri tangenziale Teem. Le aziende con collegamenti mafiosi nei subappalti per la tangenziale esterna di Milano salgono a undici. La Prefettura ha scoperto e allontanato un’altra ditta. Per quanto riguarda i padiglioni di Expo 2015, il prefetto di Milano, Francesco Tronca, chiede al Comitato per l’alta sorveglianza che le ispezioni antimafia siano meglio coordinate. È vero che gli accessi nei cantieri delle forze di polizia, dell’Ufficio del lavoro, delle Asl garantiscono controlli più efficaci, soprattutto se fatti a sorpresa. Ma bisogna tenere conto dei tempi: al fine, sostiene il prefetto, di non interferire eccessivamente con l’esecuzione dei lavori. L’imminente ingresso nei cantieri da parte dei Paesi esteri comporterà un proliferare di imprese di ogni tipo e provenienza. Da qui la necessità di programmare l’azione di controllo: evitando il più possibile, è in sintesi l’invito del prefetto, rallentamenti ai lavori e, più in generale, alla buona riuscita dell’evento. Eppure il "Piano di azione mafia free" annunciato in pompa magna e firmato da meno di un mese da Alfano, Maroni, Pisapia e Sala prevedeva l’esatto opposto: «Potenziare l’attività di accesso ai cantieri da parte del gruppo interforze nonché, anche attraverso forme di collaborazione con i corpi delle polizie locali, in deroga ai vincoli territoriali».
A gennaio le ispezioni sono state sette. E altre sette sono programmate a febbraio. Davanti ai vari funzionari di Stato che siedono nel comitato, il prefetto spiega che sono le autorità competenti in materia previdenziale e di sicurezza sul lavoro o l’Asl, e non la polizia, a svolgere controlli con maniere che rallentano i cantieri. Alcune volte anche per l’intera giornata.
Il presidente della Commissione antimafia del Comune di Milano, Davide Gentili, e il collega della Commissione regionale antimafia, Gian Antonio Girelli, chiedono in tempi diversi di poter partecipare o avere informazioni sull’attività di monitoraggio contro la criminalità. I funzionari del comitato, però, sollecitano la necessità di distinguere gli organi istituzionali da quelli puramente politici. Il rappresentante dell’ufficio di gabinetto della Prefettura segnala infatti il rischio che le domande avanzate da organismi di derivazione politico-locale, in quanto espressione dell’elettorato, possano essere dirette a conoscere l’attività riservata con il fine di renderne conto agli elettori.
2 4 FEBBRAIO 2014: Milano, cantieri Expo 2015. Tra le colate di cemento liquido e il viavai di camion, oggi nel grande cantiere che si affaccia sull’autostrada Milano-Torino molti si sentono sollevati. Un’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Catania avrebbe potuto mettere in crisi l’organizzazione dell’Esposizione universale. L’indagine riguarda la Fip industriale spa, società della Serenissima holding di Padova, il gruppo che controlla anche la Mantovani spa. La Fip a Milano ha ottenuto un subcontratto dalla società Astaldi per i lavori della linea 5 della metropolitana, tra San Siro e Garibaldi. In ottobre l’amministratore delegato della Fip, Mauro Scaramuzza e un ingegnere dell’impresa, Achille Soffiato, sono stati arrestati in Sicilia per concorso esterno in associazione mafiosa. Secondo l’accusa, l’azienda avrebbe frazionato i subcontratti al di sotto del limite di 154 mila euro per non incorrere nell’obbligo della liberatoria antimafia. E avrebbe così favorito nella costruzione di una superstrada a Caltagirone due imprese della costellazione di Ciccio La Rocca, boss locale di Cosa nostra. Gli arresti potrebbero trascinare in un provvedimento antimafia anche la società sorella, la Mantovani spa. Eventualità che bloccherebbe i cantieri dell’Expo. I dirigenti della Fip vengono però scarcerati nel giro di qualche settimana dal Tribunale del riesame per insufficienza di gravi indizi: secondo il giudice, Scaramuzza e Soffiato non hanno frazionato nulla. Il loro arresto è stato deciso in base a un’errata valutazione delle fatture. Per questo la Prefettura di Milano archivia l’argomento. Nei cantieri della Mantovani spa ora sono tutti più tranquilli.
Il problema urgente da risolvere è ancora quello delle ispezioni e del mancato coordinamento. Il prefetto ha scoperto che il rallentamento dei lavori è stato provocato, come si sospettava, dagli accertamenti della Asl di Milano. Tronca annuncia che incontrerà personalmente sia il direttore generale, sia il presidente della Asl. Il comitato propone che gli accessi nei cantieri vengano comunicati alla Prefettura con un mese di anticipo: in modo da permettere una programmazione unica tra i vari enti. Anche se così si rischia di perdere l’effetto sorpresa.
3 MARZO 2014: Milano, sede di Expo spa. La mattina in via Rovello 2, nella sede della società Expo spa a metà strada tra il Duomo e il Castello Sforzesco a Milano, il commissario unico Sala, il sindaco Pisapia e il presidente della Regione Maroni, incontrano quattro ministri del nuovo governo di Matteo Renzi. Sono Maurizio Lupi (Infrastrutture), Federica Guidi (Sviluppo economico), Dario Franceschini (Beni Culturali) e Maurizio Martina (Agricoltura). La versione ufficiale dell’incontro descrive la lista della spesa presentata da Maroni al governo: 2,2 miliardi di ulteriori finanziamenti per le infrastrutture e il trasporto locale. C’è però una questione molto riservata e delicata di cui vengono informati i ministri. Riguarda una richiesta che il commissario unico per l’Expo negli ultimi giorni ha comunicato al prefetto di Milano. Sala sostiene che l’applicazione del protocollo di legalità, firmato tra la Prefettura e la società Expo nel 2012, sta creando non pochi problemi. I cantieri saranno presto investiti dalla moltiplicazione dei lavori e dal proliferare di imprese di ogni tipo e provenienza. Secondo Giuseppe Sala, i controlli antimafia devono essere inquadrati in modo più sistematico e snello, comprimendo il più possibile i tempi necessari per l’ingresso nei cantieri degli appaltatori e dei subappaltatori. Altrimenti i lavori rallenteranno, con gravi conseguenze per il successo dell’esposizione. Il commissario unico propone di autorizzare l’ingresso delle imprese in cantiere immediatamente dopo l’invio della richiesta di informazione antimafia alla Prefettura e senza attendere la liberatoria. Scorciatoia da applicare nei casi di contratti per attività considerate non a rischio di infiltrazione oppure, se a rischio, per importi inferiori a 20 mila euro. A differenza degli appalti pubblici che hanno una soglia di spesa sotto la quale non sono richiesti i controlli antimafia, tutte le imprese coinvolte in Expo, per qualsiasi importo, devono essere certificate dalla Prefettura. Ma i contratti sempre più numerosi e frazionati porteranno un carico di lavoro ingestibile per gli uffici rispetto alle risorse disponibili. Con le ultime linee guida, da dicembre i tempi per le verifiche sono già ridotti al minimo. La Direzione investigativa antimafia ha soltanto sette giorni per completare gli accertamenti preliminari su ogni azienda. E in caso di ritardo nella risposta, la Prefettura rilascia automaticamente la liberatoria provvisoria. Parlando con i suoi più stretti collaboratori, il prefetto prevede che prima o poi la società Expo finirà con l’autorizzare le imprese a entrare nei cantieri senza essere legittimate dalla certificazione, vanificando così l’efficacia della procedura accelerata. In altre parole, per colpa dei ritardi che ha ereditato, Sala è con le spalle al muro. E come lui lo sono il prefetto, il governo e l’intero sistema nazionale di prevenzione antimafia. Per il commissario è una scelta obbligata: o si fa così o le opere non verranno concluse in tempo.
Una soluzione ipotizzata è il modello Bertolaso, con tutti i rischi connessi: un ampliamento dei poteri speciali di deroga riconosciuti a Giuseppe Sala. L’ipotesi è stata rappresentata da Maroni e Pisapia che nei giorni scorsi si sono incontrati con Sala, il prefetto e il presidente della Provincia, Guido Podestà, per parlarne in segreto.
3 MARZO 2014: Milano, Prefettura. Il pomeriggio, terminata la visita a Milano dei ministri, torna a riunirsi il Comitato per l’alta sorveglianza. La semplificazione del protocollo di legalità è tra i punti all’ordine del giorno. La Prefettura propone come via d’uscita la modifica del codice antimafia adeguando i termini per la firma dei contratti, anche in mancanza del rilascio della liberatoria. Oppure l’alleggerimento delle linee guida per l’Expo, stabilendo una soglia di esenzione dai controlli. In alternativa, resta il modello Bertolaso. Tutti i presenti comprendono che si stanno muovendo su un campo minato. Di fronte a una moltiplicazione delle imprese, il prefetto ammette il rischio di non riuscire a evadere le richieste di informazione antimafia in tempi brevi. Meglio quindi, secondo Tronca, concentrarsi sugli appalti di maggior valore nei settori più a rischio. Ed escludere dai controlli i contratti di minor valore e impatto, nel quadro di un equilibrio tra costi e benefici.
Il rappresentante dell’avvocatura dello Stato, Michele Damiani, lamenta il ritardo con cui la società Expo spa ha sollevato la questione. Rispetto al prefetto precedente, Tronca ha raccolto una squadra molto più preparata. Tecnici e funzionari, uomini e donne, sono lì seduti intorno al tavolo a testimoniare con il loro lavoro l’impegno per realizzare una manifestazione senza scandali. Il colonnello Alfonso Di Vito, capocentro della Dia, ricorda a tutti che con una migliore definizione del cronoprogramma delle opere, forse questi problemi sarebbero stati evitati. Davanti al prefetto e ai colleghi del comitato, il colonnello dice che, probabilmente, la situazione segnalata da Expo deriva dai ritardi che la stessa società ha contribuito a produrre: ritardi che sono quantificabili in oltre un anno. Cioè quello che si sta costruendo ora, doveva essere fatto più di un anno fa. Nemmeno Giuseppe Sala, però, ha alternative. La necessità del commissario unico di cambiare le regole per completare in tempo i lavori potrebbe essere soddisfatta solo da un decreto legge del governo, ipotizzano in Prefettura. Ma una deroga del genere inventata ad hoc per l’Expo, avverte Baratono, il provveditore alle Opere pubbliche, potrebbe essere strumentalizzata politicamente. Ha ragione, dopo quello che ha detto Alfano nel presentare il "Piano mafia free".
1 0 MARZO 2014 : Milano, Grattacielo della Regione. Dalle finestre del trentanovesimo piano i cantieri si indovinano nella foschia. Il pomeriggio il presidente lombardo Roberto Maroni è chiuso nel suo ufficio con il ministro Lupi e Francesco Tronca. Mancano appena dodici mesi. In attesa della visita a Milano del premier Matteo Renzi, fissata per venerdì 11 aprile, la mediazione del prefetto va avanti. Perché dopo essersi impegnato a ripulire gli appalti Expo dalla mafia, non si dica che ora devono liberarli dall’antimafia.