Enrico Mannucci, Sette 11/4/2014, 11 aprile 2014
QUANDO L’IDEA VINCENTE VIENE DAGLI SCARTI
È la storia di come possa trionfare un prodotto nato dagli scarti, di “risulta” come si usa dire, e di come il trionfo si consolidi con successivi aggiustamenti – se non ribaltamenti – dell’immagine e della propaganda.
La prima ragione dei Baci Perugina, infatti, è non sprecare quella quantità di granella di nocciole che avanza dalla lavorazione di altri prodotti. Siamo nel 1922. Chi lo inventa capisce che da quei resti si può ricavare un gianduia guarnito da una nocciola intera e ricoperto da cioccolato fondente, e, visto che la forma irregolare e tozza ricorda la nocca di una mano, lo battezza “cazzotto”. È un battesimo effimero. In ditta c’è un’altra testa, più attenta alle esigenze commerciali: il prodotto è buono ma con quel nome non andrà lontano, ce ne vuole un altro, più accattivante. E da questo punto di vista cosa c’è meglio di “baci”? Qui bisogna presentare i coautori dell’invenzione: Luisa Spagnoli e Giovanni Buitoni, nipote del fondatore dell’omonima fabbrica alimentare.
Due affiatati specialisti del gioco di squadra, in azienda e nella vita. Ad avere l’idea del nuovissimo cioccolatino è lei, Luisa, moglie di Annibale Spagnoli: figura notevole, emancipata, manterrà per tutta la vita, senza apparenti problemi, un’intensa relazione – “clandestina” non è possibile definirla – con Giovanni. Il quale è lo stratega, quello che aggiusta il tiro sul nome e lo converte in “Bacio”.
Ma, per coronare il successo, serve l’intervento di un’altra figura, quella di chi crea la confezione, ovvero Federico Seneca, cartellonista insigne e “Direttore creativo” dell’azienda secondo l’anticipatrice qualifica attribuitagli da Buitoni. Il primo bozzetto (è conservato nel bel museo aziendale a San Sisto) presentato per la scatola dei Baci fu giudicato troppo futurista. Così il versatile Seneca pensò bene di guardare più indietro e prese a modello il celebre quadro di Francesco Hayez intitolato, appunto, Il bacio. Visto che quell’opera venne presentata a Brera nel 1859, tre mesi dopo l’ingresso a Milano di Vittorio Emanuele II e Napoleone III, si potrebbe anche aprire una parentesi sull’importanza del bacio come momento topico di liberazione al termine di un conflitto: la Spagnoli idea il suo cioccolatino appena finita la Prima guerra mondiale e, una ventina di anni dopo, l’immagine canonica della vittoria americana nella Seconda sarà la foto di Alfred Eisenstaedt con l’appassionato bacio di un marinaio a un’infermiera durante la parata trionfale a New York.
Tornando alla Perugina e ai suoi Baci, bisogna fare un passo indietro.
La ditta nasce nel 1907, quando quattro soci – Francesco Buitoni, Leone Ascoli, Francesco Andreani e Annibale Spagnoli, curiosamente, nessuno di loro è perugino verace – decidono di metter su un laboratorio artigianale per produrre confetti: all’inizio, il nome è “Società perugina per la produzione dei confetti”. Il primo laboratorio è in un fondo di palazzo Ansidei, via Alessi, pieno centro cittadino.
L’impresa, però, non va bene (e il nome viene storpiato beffardamente in “fabbricazione degli effetti”, cioè delle cambiali), almeno finché, nel 1909, viene affidata al diciannovenne Giovanni Buitoni, figlio di Francesco, che ribalta le scelte commerciali abbandonando i mercati del Nord Italia.
Gli esordi. Un’altra spinta viene dalla Prima guerra mondiale. In ditta si è cominciato ad adoperare il cacao, limitando la produzione di caramelle e confetti: contano le limitazioni di materie prime e anche le richieste governative per l’approvvigionamento delle truppe al fronte. Tutto concorre all’industrializzazione del settore. E Perugina risponde aprendo, nel 1913, un vero stabilimento a Fontivegge. Ulteriore chance alla fine della guerra: con la crisi del marco, Buitoni approfitta di una buona occasione e acquista moderne attrezzature in Germania: delle conche dove si può mescolare uniformemente l’impasto. È un periodo complesso nell’industria dolciaria. Ci sono tentativi di concentrazione (che falliscono). E c’è la possibilità di scegliere diverse strade su cui orientare la produzione. Alla Perugina, la Spagnoli e Buitoni decidono di restare sulla fascia alta (il cioccolato è un genere di lusso almeno fino agli Anni 30, e dopo la dimestichezza degli italiani non durerà a lungo: verranno le sanzioni e ci si dovrà contentare della carruba) e questo salva l’azienda dalla crisi del ’29. Ma, intanto, è cominciata l’epopea dei Baci, il cui marchio viene registrato nel 1924, spiega Cristina Mencaroni, responsabile dei progetti speciali alla Perugina.
Nel museo ci sono le foto della Spagnoli, allora membro del cda, quando riceve Mussolini in visita allo stabilimento nel 1923. Un evento sfruttato dall’azienda usando il duce come testimonial con la sua marziale dichiarazione riprodotta sulle pubblicità: “Vi dico e vi autorizzo a ripeterlo che il vostro cioccolato è veramente squisito!”. Va aggiunto che Buitoni sarà sempre abbastanza refrattario alla retorica autarchica, tanto da appassionarsi all’idea di sbarcare coi prodotti italiani oltreoceano: nel 1939 apre a New York, in Times Square, uno “Spaghetti-bar” che solo la guerra mondiale lo obbligherà a chiudere.
L’invenzione dei cartigli. E poi ci sono altre tappe memorabili nella leggenda dei Baci, a partire dell’idea vincente dei “cartigli”, ovvero il foglietto di carta velina inserito nei cioccolatini sotto l’involucro argentato con sopra una serie di sentenze, aforismi, massime, insomma verità indiscutibili sull’amore e la vita. È anche questa un’invenzione di Seneca negli Anni 30. Aggiornata nel corso del tempo, per esempio, nel 2009, con un concorso fra i golosi appassionati per proporre nuove frasi da inserire in quella che ormai è una collezione pressoché infinita (alla Nestlé, che ora possiede l’azienda, hanno calcolato che mettendo insieme tutti i cartigli si fa un nastro lungo 18mila chilometri).
Quando si tratta di propagandare i prodotti, alla Perugina dimostrano un’inventiva assoluta. Che non si esprime solo nella pubblicità, ma crea una serie di iniziative parallele per calamitare il pubblico (la clientela, cioè). Dopo i cartigli, infatti, viene la fortunatissima campagna delle figurine. Quelle figurine del Feroce Saladino e dei Quattro Moschettieri che vengono legate all’omonima trasmissione diffusa dall’Eiar a partire dall’ottobre 1934 e curata da Angelo Nizza e Alessandro Morbelli: raddoppiano gli abbonati radio e quasi triplicano le vendite Perugina. Il successo è troppo. Gli altri produttori reagiscono, mettono in discussione il sistema dei concorsi: quello del 1935, che mette in palio una Topolino, verrà addirittura bloccato dal governo. Oppure, più vicino a noi, la “commercializzazione del sentimento” con le feste dedicate alle figure familiari: è Perugina, nel 1959, a lanciare quella “della mamma”. Per non parlare di un Jumbo Alitalia con la fusoliera dipinta come un Bacio, o di un piroscafo con la medesima livrea.
L’accenno finale lo meritano i Caroselli in cui Perugina debutta nel 1957, non foss’altro che per una partecipazione di Frank Sinatra o per un delizioso pezzo di bravura di Vittorio Gassman con Anna Maria Ferrero, nel 1959: l’attore è corteggiato da chi gli chiede di interpretare una pubblicità, lui parte negandosi sdegnato, fa appello alla purezza dell’arte, poi, progressivamente, autodistrugge le proprie imperiose ragioni, si arrende al cospicuo compenso e conclude indossando una maglietta e un cappello col nome del prodotto da reclamizzare (che sono i Baci, ovviamente).
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