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 2014  aprile 11 Venerdì calendario

MOLTO PEGGIO DELL’IMU: LA TASI SI MANGIA IL «BONUS» DI 80 EURO


Il rischio è alto: il bonus da 80 euro potrebbe essere letteralmente «mangiato» dalla stangata sulla casa. Se non è una partita di giro la misura sbandierata dal premier Matteo Renzi per dare un po’ di soldi in busta paga ai lavoratori poco ci manca.
Il sottosegretario Graziano Delrio ha tentato di rassicurare i contribuenti. Tuttavia i dubbi restano. E la quattordicesima di Renzi potrebbe rivelarsi una presa in giro clamorosa. In questi giorni si cercano di fare simulazioni e di calcolare gli importi. Molto dipenderà dalla scelte finali dei sindaci ai quali è stato concesso di poter alzare l’aliquota base sulla Tasi dal 2,5 per mille al 3,3 per mille. Attenzione: i decimali possono ingannare. L’ammontare del versamento potrebbe infatti crescere del 33%. Un esempio: un immobile che con aliquota base subirebbe un prelievo di 450 euro, con la maggiorazione pari a un terzo deliberata dal comune arriverebbe a «costare» 600 euro di Tasi. Vale a dire 150 euro in più che non sono proprio bruscolini.
Ecco perché il probabile inasprimento del prelievo tributario sulle abitazioni potrebbe sostanzialmente sterilizzare, in parte, l’effetto dell’aumento delle retribuzioni fino a 25mila euro che l’esecutivo, salvo sorprese, dovrebbe approvare la prossima settimana in ritardo rispetto alla tabella di marcia. Ciò perché quegli 80 euro sbandierati dal premier sono il livello massimo di sgravio fiscale sulle retribuzioni: la media è più bassa.
Alla fine della giostra, insomma, la faccenda si risolverebbe con una partita di giro sui bilanci delle famiglie. Con Renzi nelle vesti di chi ti frega col gioco delle «tre carte». E anche se Palazzo Chigi ha cercato di metterci una pezza, il pericolo che i proprietari di casa si trovino costretti a un salasso peggiore rispetto a quello degli scorsi anni è davvero enorme. Confedilizia, in ogni caso, non ha dubbi. Gli esperti dell’associazione che riunisce i proprietari di immobili hanno spulciato il Documento di economia e finanza, trovando un’altra magagna. «Il Def spiega il presidente di Confedilizia, Corrado Sforza Fogliani conferma per tre anni la tassazione immobiliare nata come provvisoria con Monti e resa definitiva da Letta, pur essendo ormai opinione diffusa che la crisi non si risolve finché non riprende a funzionare l’edilizia e con essa i diciotto comparti che dalla stessa dipendono». Secon-
do il numero uno dell’associazione «confermare le rendite Monti impedisce la ripresa ed è una palese ingiustizia dato che può perfino capitare che la base imponibile Imu/Tasi di un immobile sia superiore al prezzo della sua aggiudicazione in un’asta giudiziaria». Gli esempi parlano chiaro. A Vercelli, un appartamento con base imponibile di 72.353 euro è stato aggiudicato a 27.000 euro. A Taranto lo scarto è di circa 13mila euro (da 101.949 a 88.000), mentre a Torino è addirittura di oltre 50.000 euro (da 93.705 a 41.000).
Delrio non ci sta. «Il governo ha messo un miliardo in più» per evitare questo e per dare ai «comuni una disponibilità per fare più detrazioni e aiutare le famiglie in difficoltà. La Tasi ha osser-
vato ancora il sottosegretario sarà a regime una tassa più equilibrata». Lo stesso ex sindaco di Reggio Emilia, nel suo ragionamento, è costretto ad ammettere che nonostante gli interventi normativi di Palazzo Chigi o la cosiddetta moral suasion sulle amministrazioni territoriali l’ultima parola sulla Tasi (la tassa sui servizi indivisibili che ha rimpiazzato la vecchia Imu) spetta ai sindaci e non al governo. «È una tassa comunale e se i cittadini non saranno contenti ne parleranno con i sindaci e gli amministratori». In buona sostanza, Delrio pensa che le detrazioni potrebbero non bastare ad alleviare la botta sui conti delle famiglie. Anche se non lo dice apertamente.
Tutto questo in un quadro normativo ancora in via di definizione, quando in teoria mancano appena due mesi al primo pagamento. Il decreto legge sugli enti locali approvato ieri dalla Camera e ora all’esame del Senato che può «vistarlo» definitivamente entro il 5 maggio stabilisce che il versamento della Tasi dovuta può essere effettuata al comune per l’anno in corso in due rate di pari importo, la prima il 16 giugno e la seconda il 16 dicembre. Si può pagare il balzello complessivamente dovuto in unica soluzione annuale, da corrispondere entro il 16 giugno. Ed è consentito il pagamento della Tari e della Tasi in unica soluzione entro il 16 giugno di ciascun anno. Secondo le norme licenziate a Montecitorio, sono esenti dal tributo per i servizi indivisibili gli immobili posseduti dallo Stato, dalle regioni, dalle province, dai comuni, dalle comunità montane, dai consorzi fra questi enti, dagli enti del servizio sanitario nazionale, destinati esclusivamente ai compiti istituzionali. Sono inoltre esclusi i rifugi alpini non custoditi, i punti di appoggio e i bivacchi. Sui tempi, però, la confusione è già una realtà. Molti comuni, infatti, non hanno ancora approvato le delibere sulla Tasi, quelle con le quali, tra altro, definiscono l’aliquota. Ma nei comuni che non approveranno il provvedimento entro il 23 maggio, il versamento andrà fatto in un’unica soluzione il 16 dicembre, obbligando le famiglie ad andare alla cassa a ridosso di Natale. Una prospettiva che lascerebbe nell’incertezza tutti i proprietari di casa fino alla fine dell’anno visto che le delibere slitterebbero. Quadro che porta Maurizio Gasparri (Forza Italia) a indicare la Tasi come «una patrimoniale, quella che abbiamo sempre denunciato. Con questo governo la pressione fiscale aumenta, questa è l’unica certezza». Mentre nelle file della maggioranza, Maurizio Sacconi (Nuovo centro destra) dice di essere «impegnato a tradurre in fatti i provvedimenti economici: riduzione Irpef e Job act».