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 2014  aprile 11 Venerdì calendario

«CON SKY PER SPINGERE LA NUOVA RETE»

[Intervista a Marco Patuano] –

Telecom punta sul video per incentivare la domanda di banda larga. Sky punta su Internet per smarcarsi dai vincoli del satellitare. L’accordo annunciato ieri tra i due gruppi ha valenza strategico-industriale, ancora prima che commerciale. Dal 2015 i clienti di Telecom potranno accedere a un’offerta Sky equivalente a quella disponibile via satellite e già a giugno i clienti di Tim potranno seguire i mondiali di calcio su tablet e smartphone. «Il video è una motivazione chiave a "comprare" 30-50 mega di connettività – spiega l’ad di Telecom, Marco Patuano – La partnership che abbiamo stretto con Sky è un accordo con chi dispone dei contenuti premium che ci permette di lavorare su una diversa connettività su tutte le reti Telecom: fisso, mobile e wi-fi. L’evoluzione dell’industria dell’entertainment va dall’alta definizione verso l’ultra definizione e questo richiede il supporto della fibra ottica nel fisso e dell’Lte nel mobile».
Modello AT&T, dunque?
A livello mondiale tutti gli operatori di tlc stanno puntando sul video: BT che compra contenuti; AT&T aggrega i canali delle major; Vodafone si compra le tv via cavo. Noi abbiamo scelto di allearci con soggetti terzi stringendo una partership strategica. Investiamo sulle reti e puntiamo sull’offerta convergente fisso-mobile, aggiungendo i contenuti. Usciamo in questo modo dal circolo vizioso che se non c’è domanda non si fa la rete di nuova generazione.
L’accordo è in esclusiva?
Si tratta di una partership forte, preferenziale. I criteri di esclusività si potranno costruire più avanti nel tempo.
Il bacino dei potenziali clienti?
Circa il 70% dei clienti Telecom già oggi è coperto con 20 mega e nei prossimi tre anni è previsto che il 50% della popolazione sia raggiunta dalla fibra ottica.
Obiettivo di ritorni?
Troppo presto per quantificare. La priorità adesso è dare una ragione valida all’acquisto della banda larga da parte di chi non ne vede oggi l’utilità. Il classico esempio sono gli aziani: in Italia ci sono 4 milioni di famiglie di ultra 65-enni, che dispongono sempre di un televisore, ma usano poco o nulla la banda larga.
Metroweb potrebbe interessare per accelerare sulle reti di nuova generazione?
La logica teorica per un’aggregazione c’è. Ma perchè si realizzi occorre che esistano le condizioni economiche, regolatorie e di Antitrust.
Il progetto di scorporo della rete definitivamente accantonato?
Sì: mettiamoci la parola fine. Il progetto che è attualmente all’attenzione dell’Agcom non è lo spin-off, ma la disponibilità di Telecom ad adottare il regime regolamentare in assoluto più garantista nei confronti di tutti gli operatori, che è l’equality of input. Ciò detto, nei contesti internazionali, già l’equality of output viene citato come best practice. Rafforzare questo criterio come fase intermedia ci trova d’accordo. Ma devono essere d’accordo anche il regolatore e gli altri operatori. Perchè l’importante è uscire dalla logica di competition by litigation, che distorce il quadro concorrenziale, ipoteca il futuro, è nocivo per l’intera industria e ci distoglie da quello che dobbiamo fare.
E per il Brasile quale è la strategia? Qualsiasi mossa rischia di cozzare contro gli interessi di Telefonica.
In Brasile c’è ancora la possibilità per il primo operatore puro mobile di avere successo a condizione che investa sulla banda larga mobile. C’è un ceto medio di nuova formazione e giovane che può stanziare per Internet 10-12 euro al mese, una clientela che sicuramente può essere servita con la banda larga mobile. Tim Brasil deve accelerare su una strategia coerente con le caratteristiche del mercato: quindi dobbiamo migliorare la qualità del servizio investendo. In questo momento è una strategia totalmente industriale e su questo qualsiasi azionista non può che essere d’accordo.
E Gvt, la rete in fibra ottica controllata da Vivendi? È un’opportunità che oggi c’è, domani chissà.
Tim Brasil e Gvt sono due ottime aziende e strutturalmente complementari. Ma non abbiamo avviato neanche una minima discussione. In Brasile abbiamo ancora bisogno di lavorare sui temi del passato, perchè il grande successo commerciale che abbiamo avuto ha messo a prova la tenuta della rete. Quanto tempo? Tutto il 2014: sarà un anno intenso.
A proposito, avete sentore che c’è qualcosa di concreto dietro le voci che danno Oi in manovra per fare un’offerta su Tim Brasil?
Non ho alcuna informazione a riguardo.
I mercati sono ricchi di liquidità. Sarebbe il momento giusto per presentare progetti che necessitino di essere finanziati.
Non abbiamo bisogno di chiedere soldi al mercato. L’abbiamo già fatto con il convertendo, che si è rivelato un buono strumento per noi e un ottimo investimento per chi l’ha sottoscritto. Il nostro piano triennale non prevede ricorso ulteriore al mercato.
Nell’ultima conference call avete detto che il dividendo tornerà il prossimo anno: quindi non prevedete di dover abbattere ancora il goodwill? Qualcuno pensa invece che sarete costretti a fare un aumento di capitale.
Confidiamo che ci sia la possibilità di remunerare il capitale: un’azienda sana lo fa. La svalutazione degli avviamenti non è un tema. Abbiamo appena fatto l’impairment test e non abbiamo elementi di preoccupazione.
Avete fatto due road-show internazionali in pochi mesi, sul piano e i conti 2013. Cosa vi chiede il mercato?
Ci chiede una chiara direzione di marcia e di mantenere la rotta. Mi pare che il mercato abbia apprezzato che con molta coerenza si vada nella direzione indicata dal piano.
È bizzarro che un azionista di minoranza abbia presentato una lista di minoranza con un piano industriale.
Rispetto tutti gli azionisti, ma Telecom ha una strategia, che è valutata positivamente: il corso del titolo parla da sè. Siamo sempre pronti a metterci in discussione, ma le scelte aziendali si prendono in consiglio e con il management.
Cosa non vi convince del piano Findim?
La proposta di creare divisioni separate per il fisso e il mobile, che non trova riscontri con quello che stanno facendo gli operatori di tlc in tutto il mondo.
In Europa è partito il processo di consolidamento del settore. Può arrivare a coinvolgere gli stessi incumbent?
Il tema attuale è il consolidamento all’interno dei singoli mercati: con l’ondata degli investimenti infrastrutturali non è ovvio che la situazione di mercato sia compatibile con il mantenimento del livello dei flussi di cassa. Ma questo movimento è diverso dal consolidamento tra mercati europei, motivato dalla ricerca di economie di scala e dalla possibilità di erogare servizi transfrontalieri.
La presenza di Telefonica nel capitale di Telecom non potrebbe spingere in questa direzione?
Telefonica è sicuramente un player con presenza internazionale che persegue una strategia paneuropea. Lo stesso può dirsi di Deutsche Telekom. Ma non è questa la strategia di Telecom Italia. Certamente il consolidamento tra incumbent potrebbe essere uno scenario di medio termine.
È possibile che i soci Telco decidano di sciogliere la compagine già a giugno. È un elemento di preoccupazione?
No. Dobbiamo dare atto a Telco di aver risposto in modo completo alle richieste del management e del board su un’evoluzione importante della governance.
Telco, insomma, lascia in eredità la formula di una public company?
Prossima a una public company e con una governance sicuramente estremamente moderna.

Antonella Olivieri, Il Sole 24 Ore 11/4/2014