Fabrizio Galimberti, Il Sole 24 Ore 11/4/2014, 11 aprile 2014
SE L’EUROPA PARLA ANCORA DI FUTURO
La marea che monta solleva tutte le barche, sia gli yacht di lusso che le bagnarole dei mari, dall’Atlantico all’Egeo. E non c’è quindi da stupirsi se anche i titoli di Stato greci hanno avuto buona accoglienza. Il generale rilassamento dei mercati segue alla crescente evidenza di un rassodamento della ripresa in America e in Europa. E la liquidità che scroscia nella finanza mondiale, alimentata dalle benemerite politiche delle Banche centrali, tiene bassi i tassi, costringendo gestori e risparmiatori a ricercare per ogni dove rendimenti più alti. Così, dopo l’Irlanda e il Portogallo, anche la Grecia è tornata a corteggiare con successo gli investitori privati. Ma sarebbe riduttivo, per almeno tre ragioni, guardare a questo successo greco come una banale conseguenza di condizioni monetarie permissive. Primo: come sa ogni investitore col sale in zucca, il ritorno "sul" capitale è importante, ma è ancora più importante il ritorno "del" capitale. Il fatto che la Grecia sia riuscita a collocare 3 miliardi di euro di titoli (e la domanda del pubblico è stata di 20 miliardi) a un tasso inferiore al 5% vuol dire che il mercato non è più preoccupato del ritorno "del" capitale. Dopo che il debito greco era stato pesantemente ristrutturato, con perdite fino al 70% per gli investitori, la sparizione del rischio di default è significativa. Secondo: la buona notizia, per i gestori del debito greco e per il Governo tutto, ha coinciso con lo sciopero nazionale anti-austerità. Queste due fattezze della cronaca incorniciano le tensioni che da anni squassano la Grecia, ma almeno segnano qualche punto a favore del Governo. Questo può a ragione guardare al successo dell’emissione come a un segno che il Paese non è più isolato. Si tratta di una prima presa di distanza dalle imposizioni della troika; la Grecia dimostra che può finanziarsi da sola, forte di un ritrovato surplus primario del bilancio. Si troverà sempre chi ammonisce sulla fragilità di questo risultato o chi teme che i greci si montino la testa e allentino gli sforzi sulle riforme (c’è chi ha detto che ritrovare l’accesso al mercato per i greci è come dare a un alcolizzato una bottiglia di Ouzo). Ma le Cassandre dovrebbero prendersi una vacanza ogni tanto. E se bisogna stappare l’Ouzo, che sia per brindare a una pietra miliare nella via del risanamento del bilancio pubblico greco. Terzo, e più importante. I Paesi che hanno avuto bisogno di un salvataggio da parte di Ue e Fmi hanno tutti, oggi, ritrovato l’accesso ai mercati. Si tratta di un risultato importante, sol che si pensi alle tristi profezie di chi, negli anni scorsi, scommetteva sull’uscita della Grecia dalla moneta unica, sul disfacimento dell’euro, sulla frammentazione dell’Eurozona. Quel che tanti uccelli del malaugurio non avevano capito o avevano sottovalutato era il capitale politico investito nell’euro. L’euro non è mai stato solo un progetto monetario. Era, ed è, un anello cruciale nella catena di un’integrazione europea che ha dietro un progetto di pace e di unione. Sfondano una porta aperta quanti dicono che l’euro era segnato fin dall’inizio perché una moneta unica con bilanci pubblici diversi e gelose prerogative nazionali non poteva funzionare. Questi problemi erano ben presenti nella mente dei padri fondatori, ma il carro era stato messo scientemente avanti ai buoi, confidando nel fatto che proprio queste "zoppìe" (come le chiamava Ciampi) avrebbero costretto i governi a cercare modi e vie per fare un salto di qualità nell’integrazione degli altri reami della politica economica, dalla finanza pubblica ai mercati del lavoro. E così è stato. Pur tra mille difficoltà, pur tra veti, strappi e ripensamenti, oggi il tessuto istituzionale dell’Unione europea è meno sfilacciato di prima. E l’euro, che si è anche permesso il lusso di aumentare il numero dei Paesi membri, rimane come viatico di un’Europa più unita.
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Fabrizio Galimberti, Il Sole 24 Ore 11/4/2014