Luigi Galella, Il Fatto Quotidiano 11/4/2014, 11 aprile 2014
L’ECUMENICO PIPPO HA IMPARATO A SPARARE
Il corpaccione di Pippo Baudo – spalle larghe e gambe e braccia fuori misura – sdraiato sui gradini di scena alle Invasioni Barbariche. Ai piedi di Chiara Francini e Daria Bignardi: monumentale e steso su di un fianco, come una nave da crociera in avaria, come la Concordia, ferita e rigirata su di un lato.
Il re deposto della tv è a terra, benché l’intervista con la Bignardi sia conclusa, e ammira e contempla dal basso la giovane attrice e la conduttrice, facendo loro da improvvisato valletto. Da sire-netto, da velino. Umile e gaio, ma deciso a non cedere il passo, a non abbandonare quello spicchio di scena residuo, ignorando così o non volendo praticare la strategia di chi, per sapiente volontà di durata, centellina le presenze in tv.
Lui al contrario, che la tv l’ha inventata e per un cinquantennio dominata, di tv è pazzo e per essa ancora perde la testa, come per una femmina che si concede e nega: e la cerca e invoca, come una sostanza cui è impossibile rinunciare e senza la quale si è svuotati e inerti.
Un destino singolare. L’uomo che ha segnato i maggiori successi Rai, scopritore di mille talenti e vincitore morale di 13 Sanremo – che presentò con trionfali risultati di pubblico – è ora relegato ai margini, proprio dall’azienda cui si è votato e donato, rinunciando nel 1988 a 50 miliardi di lire che Fininvest gli offrì, e che restituì con penale, per aver rescisso dopo solo sei mesi il contratto più ricco della storia televisiva. Il Beckham, il Messi della tv, da “ecumenico” che era è divenuto oggi perfino sulfureo, ironico e “puntuto”, come osserva Bignardi. Più riflessivo del Baudo di una volta, più brillante e divertente.
Per quanto il mezzo sia radicalmente cambiato e l’improvvisazione sia la nuova fiamma che accende i cuori – e il rigore e lo studio viceversa un’anticaglia passatista – uno come Pippo il campionato televisivo potrebbe ancora disputarlo al meglio e vincerlo, se solo gliene offrissero l’opportunità. Ma in Rai sono poco attenti ai propri interessi e rispondendo a logiche imperscrutabili offrono spazi ad autentiche mediocrità, lasciando in panchina i fuoriclasse.
Daria Bignardi gli chiede se gli manchi la tv e Pippo allora anziché rispondere con onesta dissimulazione, con quell’ipocrisia perbenista che è l’arte e l’essenza dello stare in società, replica che gli manca, sì, gli manca tantissimo. Anche perché non ha fatto nient’altro, “per tutta la vita”. Denunciando in questa rivelazione la sua incapacità di mentire. Come quando confessa d’esserci rimasto malissimo per la celebrazione dei 60 anni Rai. Il programma è stato offerto dai vertici aziendali a Bruno Vespa, il quale si è ben guardato dall’invitarlo. Come se si potesse fare la storia per simpatia o antipatia, odio o amore.
Baudo si apre, si confessa, si distende a terra. E non dovrebbe cedere, non dovrebbe intimamente confidarsi, né tantomeno sdraiarsi ai piedi della bella Francini. Ma piuttosto oscurarsi, preservarsi, costruire il desiderio e il rimpianto attraverso l’assenza, come fanno i suoi colleghi, che hanno minore storia e maggiore scaltrezza. Ma l’uomo è fatto così: avido di tv, ma generoso nel donarsi. Uomo tv dalla potenza ferita, umanamente fragile.
Luigi Galella, Il Fatto Quotidiano 11/4/2014